La rinuncia dello Stato al know-how. Per la L. 133/2008 in pensione coatta chi ha 40 anni di contributi, anche se ha meno di 60 di età.
Viene meno il diritto potestativo dei lavoratori a cui si sostituisce l’autorità decisionale dell’amministrazione. Ma contrariamente a quanto ripeteva spesso Paul Newman che “dalla vita non si esce mai vivi”, consola almeno sapere che dalla scuola invece…
E non si finisce mai di scoprire qualche effetto perverso incluso nella tanto discussa Legge n. 133 del 2008. Così con l’art. 71, (nuove modalità di pensionamento o mantenimento in sevizio del personale del pubblico impiego), comma 11, si dispone (salvo diversa interpretazione attuativa) il pensionamento “coatto” del dipendente statale e, quindi, anche del dirigente (sono esclusi soltanto i magistrati e i docenti universitari il cui limite resta quello dei 75 anni, salvo ulteriori deroghe con “leggi ad personam”, tipiche di questo governo, come quella che potrebbe riguardare il noto e controverso magistrato di cui si sente tanto parlare in questi giorni) che compiano 65 anni di età o abbiano 40 anni di contribuzione. E nella lista di tali dirigenti dello stato mi trovo incluso anch’io, benché ancora lontano dai 65 anni di età perchè già in servizio continuativo dall’1.11.1967 (nelle varie e successive funzioni di istitutore, docente, dal 1979(2009) di direttore didattico e dirigente scolastico), quindi per… il solo torto della maturazione del requisito (capestro!) di oltre 40 anni di contributi. A 61 anni appena compiuti! E questo con un taglio di ben 10 anni su quanto legittimamente consentito soltanto fino al 31 agosto scorso. Davvero paradossale! Contrariamente a quanto ripeteva spesso Paul Newman che “dalla vita non si esce mai vivi”, consola almeno sapere che dalla scuola invece… Come a dire che lo Stato secondo Tremonti, contrariamente ad ogni saggio principio di buona amministrazione (considerato che dal punto di vista economico lo stato congeda 1 e pagherà 2) e di valorizzazione delle risorse umane e professionali, ti dichiara: ”Caro professor Sergio Andreatta, lei ha avuto il torto di cominciare a lavorare troppo presto. Di vincere i (3 progressivi) concorsi “ordinari” troppo giovane. Di acquisire tutte le competenze possibili per il suo lavoro. Di godere ancora di una discreta salute e di una superstite voglia di fare e di dare… Ora, però, a 61 anno, col suo… brillante curriculum, lei… non ci serve proprio più! Continui all’Università, se crede”. Già, l’Università…, quell’altra illustre vittima sacrificata sull’altare della privatizzazione! E’ l’inesorabile caduta del tempo, secondo Emile Cioran ma anche, non ho remore a dirlo, della politica, di questa sconcia politica. Su tale ipotesi di pensionamento coatto e sui criteri applicativi in data 3 ottobre 2008 (proprio in coincidenza del mio 61° compleanno), manifestando la mia volontà di trattenimento in servizio come dirigente scolastico fino all’ordinario limite dei 65 anni (visto, oltretutto, che il lavoro è ritenuto un valore “fondativo” della Repubblica tanto da essere inscritto nell’art. 1 della stessa Costituzione), ho provveduto a chiedere all’U.S.R. del Lazio e alla Direzione del Personale del M.I.U.R. un regolamento che disciplini ogni possibile discrezionalità amministrativa. Sergio Andreatta
Già in D.L. 25 giugno 2008, n.112, art.72, c.11.
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