In verità più soldi gli studenti non li chiedono per se stessi, ma (lodevolmente) per le scuole. Di destra, di estrema destra, di sinistra, di estrema sinistra, di centro, di… estremo centro, studenti e basta, senza distinzioni, accomunati in oltre mille o forse duemila stamattina in Corso della Repubblica a Latina, richiamati dal passaparola e da un megafono ad una manifestazione pontina collegata in rete con le altre 130 in movimento nel Paese. E ci sono rappresentanze di tutti gli Istituti scolastici superiori pontini riconoscibili (nel senso di appartenenza e di identità) dai loro striscioni a caratteri cubitali. E il bersaglio di questa liturgia della partecipazione e dell’urlo che periodicamente si ripete non può essere, ovviamente, nel loro bisogno di interlocuzione che il ministro Giuseppe Fioroni, reo di aver vilipeso la tolleranza, di voler ripristinare un clima di serietà, anti You Tube tanto per intenderci, riconoscendo più autorevolezza ai docenti, scongelando misure disciplinari seppellite da un pezzo, imponendo (finalmente) il saldo dei debiti formativi (Ahi, ahi ma cos’hai fatto mai, nel 1994, ministro D’Onofrio?). Una scuola, insomma, più presente, meno subente, più educante e più vigilante secondo le Indicazioni (“Istruire educando”). Una scuola in alleata condivisione di compiti con la famiglia, in realtà ormai solo virtuale artefice. Quella delle risorse da dare in più alla scuola è oggi, si capisce, solo un pretesto. E’ evidente. La solita suscitata e deviante “araba fenice”, un’idea… ideale in rapporto alle ristrette possibilità, anche un po’ strumentale se vogliamo, certamente superiore alle competenze degli studenti, pure destinatari del servizio pubblico. Se vi dicessi quello che io, Sergio Andreatta dirigente scolastico, vorrei per la scuola… ma non viviamo purtroppo nel mondo di Alice, non scriviamo ogni giorno nel “Libro dei sogni” ma, piuttosto, anneriamo con l’inchiostro il registro del Protocollo dove andiamo ad annotare puntualmente ogni giorno le lettere e i fax inviati al Comune e alla Provincia per richiedere sicurezza ai sensi del D.l.vo 626 del ’94, o il corredo di tutte le certificazioni previste, o interventi di manutenzione straordinaria, ordinaria, piccola, o risorse per la realizzazione dei progetti elaborati per il P.O.F. (Piano dell’Offerta Formativa). Convocato stavo andando ‘sta mattina al Comune, Sala Conferenze, per l’accordato incontro alle Scuole in Rete penalizzate dalle esorbitanti bollette per la TIA emesse da Latina Ambiente (è stato bravo l’unanime Consiglio comunale, due giorni fa, a mettergli la mordacchia su mozione del cons.Giorgio De Marchis!). Ci avevano detto che saremmo stati ricevuti dal Sindaco, invece abbiamo trovato il suo Segretario particolare ma anche tre Assessori e due dirigenti di settore. Anche stamattina non sono io a cercare le notizie, sono loro che mi sono piovute addosso, che hanno investito i miei passi. Andavo risalendo il Corso e non potevo non scendere dalla mia bici, all’altezza di Piazza S.Marco, per testare l’umore dei giovani dimostranti. Tanti, caciaroni, abbastanza organizzati, allineati con la loro giovane spensieratezza, di “bamboccioni” in ingresso, estratti da contesti familiari per lo più lassisti, iperprotettivi, accomodanti. Passi per la lodevole richiesta di migliori risorse, se siamo deboli noi dirigenti, deboli le autorità competenti, il vigore giovanile non può che far bene, che scuotere le nostre “pere” (teste, intendo) e spronare all’autocritica. Ma gli esami, no! Quelli si devono fare, cari studenti, anche se non dovrebbero essere… infiniti. Ci vogliono prove, test, esami e accertamenti (seri, però), senza non si può andare proprio da nessuna parte; non si deve neanche poter sperare di andare… Non ci si può rifugiare nel disimpegno (in calce voglio riportare, così, un pensiero di don P.Mazzolari), nell’anonimo, e spesso deleterio, de-merito. Quasi che fosse un diritto, come il diritto al pranzo, con-fondersi. No, non con-fondiamo più il merito con il demerito, l’impegno con il disimpegno, l’intelligenza con la stupidità… Basta con queste percezioni diffuse, con queste abituate tolleranze e con questi criteri in-etici, intollerabili e affossanti. Lo vuole la dignità di un Paese, forse mai divenuto pienamente tale.
“Impegniamoci”
di don Primo Mazzolari
Impegniamoci
Noi e non gli altri
Unicamente noi e non gli altri
Né chi sta in alto né chi sta in basso
Né chi crede né chi non crede.
Impegniamoci
Senza pretendere che altri si impegnino con noi,
come noi o in altro modo.
Impegniamoci
Senza giudicare chi non si impegna
Senza accusare chi non si impegna,
senza condannare chi non si impegna
senza cercare perché non si impegna
senza disimpegnarsi perché altri non si impegnano.