30th Ott, 2008

Scuola day e confronti mancati

Malgrado l’approvazione della legge n. 1108, già “decreto Gelmini”, sulla chiamata dei sindacati, scontenti del metodo più che della sostanza, lo “scuola day” ha mobilitato oggi milioni di persone  per chiedere al governo l’apertura di un tavolo di confronto.

di  sergio-andreatta_miniatura.jpg  Sergio Andreatta, psicopedagogista e dirigente scolastico decano del Lazio.

Questa mattina lo sciopero del mondo della scuola ha registrato picchi di adesione numericamente mai visti in precedenti indizioni, (anche nel mio circolo didattico di Latina dove ha aderito il 91% dei docenti e il 69% degli ATA), con il 70% nel Paese (il 57% ammetterà a bocca stretta il governo). “Voglio essere chiaro – aveva detto Massimo Veltroni parlando sabato scorso al Circo Massimo – ogni posizione conservatrice sulla scuola e l’Università è sbagliata. Abbiamo bisogno della scuola dell’autonomia e del merito. Di una scuola che abbia fiducia nella capacità di scelta dei ragazzi. Di una scuola guidata da un progetto educativo moderno e capace di promuovere opportunità sociali e merito, in un contesto di permanente, indipendente, valutazione di qualità”. Quel progetto educativo di sviluppo che se non manca del tutto nel grembo del D.L. n. 137 e della L. n. 133, risulta tuttavia fondamentalmente impastato con l’intrusione della logica dei tagli portata avanti dal ministro Brunetta. Tagli, sicuramente, in parte giustificati. Però così sembrerebbe annientato anche quel disegno, almeno connotato di una sua logica e organicità interna, delle “tre I” portato avanti dal precedente ministro del governo di destra Letizia Moratti. In una scuola primaria, unica ben collocata tra le italiane nelle classifiche OCSE-PISA  “il bambino della ragione” come era stato delineato nel suo target commisurato ad un’Italia in trasformazione dal pedagogista Mauro Laeng con i Nuovi Programmi della scuola elementare del 1985 al posto di quelli “tutto sentimento e fantasia” dei programmi del ’55. Poi la Legge n. 148 del 1990 aveva introdotto un consonante impianto organizzativo per moduli (tre insegnanti su due classi) a implementazione del pensiero creativo e critico del bambino. Ora che il decreto è stato  approvato e convertito definitivamente in legge ieri (162 sì, 134 no, 3 astensioni al Senato) con la sua nuova architettura del “maestro unico” unicamente ispirato da scelte di bilancio e dinamiche di taglio per il reperimento di risorse da destinare ad altro e che una richiesta di referendum abrogativo si profila all’orizzonte, resta a molti l’amaro in bocca per quel nessun confronto cercato e attivato con tutti i soggetti interessati, giovani studenti, famiglie, docenti. Di questa che non si può definire certo “né una riforma né una controriforma” colpisce particolarmente, quindi, il metodo fortemente direttivo perseguito dal governo Berlusconi. E oggi, ecco aprirsi uno “Scuola day” con 1.200.000 persone che, malgrado le critiche condizioni di maltempo, si sono riversate per le strade di Roma per partecipare alla manifestazione nazionale. La protesta è forte ma non sembra, oltre ogni apparente folklore, del tutto strumentale. Ovunque le televisioni e i giornali, ma anche gli osservatori interni alle istituzioni, hanno raccolto espressioni di preoccupazione se non di umiliazione tra i maestri elementari che si vedono indeboliti un pò nel loro slancio e nella loro voglia di dedicarsi a questa difficile professione. E, allora, tutti dietro uno slogan: guerra alla “riforma Gelmini”, soprattutto contro il ritorno imposto del “maestro unico, più che sugli altri quattro punti di vista pure previsti e non incompresi: voti in decimi al posto dei giudizi, voto in condotta, grembiule, educazione civica… I dubbi della pseudo-riforma Gelmini sembrano, invece, rimanere tutti sul modo e sulla misura della “reintroduzione del maestro unico”. In questi mesi non c’è stata nessuna chiamata per una negoziazione, se non per una condivisione sulla linea, seppure i sindacati , che per il passato hanno goduto di grande ed esuberante potere (strapotere) e privilegio, non possano continuare a coltivare la loro pretesa di essere assolutamente indispensabili. Il governo deve poter governare, meglio nelle forme del dialogo. Ricordo quando, oltre una decina d’anni fa, un ministro a me vicino mi chiese un parere tecnico (oltre che psicopedagogista sono il decano dei dirigenti scolastici del Lazio, se non d’Italia) proprio sulla questione del maestro unico e ricordo bene di avergli risposto per iscritto con motivazioni che ammettevano di pensare utilmente ad un maestro prevalente ma per le sole classi I-II. In questa legge, però, non si ravvisa ancora nessuna idea di riforma, a meno di volersi riferire riduttivamente a questo ripristino del maestro unico nella scuola primaria che comporta a cascata un ripensamento dell’intera organizzazione e della didattica pur senza ancora un’idea sociologica dell’organizzazione e pedagogica della didattica. Dove sono i contenuti, dove la proposta oltre la mera logica dei tagli frettolosamente concepita nell’agosto scorso. E dove va a finire il principio costituzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche? A farsi benedire… E che senso ha più, ora, continuare a parlare di P.O.F., piano dell’offerta formativa? Non sarebbe più logico e legittimo, e forse neanche del tutto negativo nell’idea di riprendere certi discorsi sfuggiti di mano, valutare in coerenza di reintrodurre di nuovo i programmi di Stato con carattere di prescrittività? Ma questo indirizzo mi sembrerebbe contraddittorio con l’insinuato pensiero della privatizzazione e delle fondazioni. Quindi è la filosofia di sfondo che sta dietro l’azione di governo nel suo insieme, e specialmente dei ministri Tremonti e Brunetta, che pur impostata meritoriamente sull’efficienza della pubblica amministrazione in generale e sui risparmi che se ne vogliono ricavare, a sembrare oggi mortificante per il mondo della scuola e dell’università. Certo non bisogna mai avere la paura del cambiamento specie in una pianeta complesso e che ci cambia intorno di continuo, e non sempre in meglio, a velocità elettronica. Qualche innovazione di portata strategica ciclicamente bisogna pure imporla per questo nostro povero sistema scuola (come la valutazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, la riforma degli ordinamenti dell’istruzione secondaria superiore, il varo di un vero sistema di istruzione tecnica superiore,…) seppure la scuola primaria sembrasse andar bene. E allora? Non ci si lasci  con l’idea pervasiva e pure convincente dei tagli che vanno a mortificare il buono esistente per una direzione che non si sa bene ancora dove porti. E, soprattutto, da questa nuova fase di cambiamenti profondi non facciamo che la scuola possa uscire più povera, gli insegnanti più demotivati, le famiglie più sole ad affrontare la responsabilità di far crescere i loro figli.  © – Sergio Andreatta, 30.10.2008

Commenti

Non ho ancora letto per bene la riforma Gelmini, sì, è vero giornali e televisioni ne parlano di continuo, ma preferisco prendere le infomrazioni direttamente dalla fonte, così posso trarre le MIE conclusioni ed esprimermi con più consapevolezza in merito, ma qualcosa vorrei dirla; è così opportuno ricorrere ad un referendum? che come tempi tecnici richiede un periodo di due anni e se tutto andrà per il meglio si voterà tra circa 3! Non è forse il peggior rimedio? Da ex studente posso tranquillamente dire che ho avuto dei professori, soprattutto nelle scuole superiori molto preparati, come ad es. la mia prof. di lettere ed il mio carissimo prof. G. A. di Tecnica, ma ne ho incontrati tanti veramente tanti che tutto facevano tranne che i professori: chi veniva mezz’ora dopo con la busta della spesa chi con regolarità si fermava fuori l’aula a chiaccherare quasi tutta l’ora con i colleghi, chi leggeva il giornale e chi ci raccontava le gite con gli amici, chi ci suggeriva di fare a vita gli studenti, tanto oggi ci sono i genitori…..così diceva il mio prof. di ragioneria. All’epoca mi sembravano i professori migliori oggi da persona che lavora 10-11 ore al giorno mi sembra che quelli lì erano dei gan fannulloni. Ebbene sì come dice Brunetta, chi non lavora e percepisce ugualmente lo stipendio è un fannullone!!
E qusti stipendi li paghiamo noi anche se è banale fare queste affermazioni, ma è la realtà!

Sono d’accordo con il discorso di fondo. Penso che la riforma sarebbe necessaria nella scuola superiore dove non si è mai posto mano in tanti anni. E perchè? Perchè si ricomincia sempre da capo, dalla primaria che pure ha dimostrato di funzionare bene, anche a detta dei maggiori esperti?

Anch’io sono d’accordo, Marco, che il referendum non sia mai lo strumento ottimale per legiferare ma tant’è la Costituzione in alcuni casi lo prevede. In quanto a professori “fannulloni” ne ho conosciuto anch’io qualcuno, come ho conosciuto liberi professionisti (ingegneri, avvocati, commercialisti…) che dedicavano prevalentemente il loro impegno allo studio privato anzichè alla funzione docente. Un male da sradicare. E, comunque, professori, appunto, non… maestri/e che appena girano le spalle alla classe o si allontanano di un metro dall’uscio corrono il rischio che i loro alunni si facciano male. E per questo allentamento di vigilanza, in caso di infortunio, un giudice li condannerebbe a pagare severamente a norma di codice civile. Ci sono professori delle superiori che non conoscono la didattica, non praticano un metodo d’insegnamento efficace seppure (ma non sempre) conoscono la loro disciplina. Ho sempre chiesto, da dirigente, la valutazione dei docenti ma i sindacati (che quindi sono corresponsabili dell’andazzo) si sono sempre opposti.

Questa settimana grande risalto in tutti i luoghi di discussione in Rete per le manifestazioni a difesa della scuola. Unanime, nel centrosinistra, l’apprezzamento per il risveglio dell’opposizione, ma sui contenuti del decreto e sulla proposta di un referendum abrogativo le opinioni restano differenziate.

Cara Rosy,
ad una che ha fatto la professoressa d’inglese alle superiori fino all’altro ieri c’è da crederci. Come so per certo che alla base della sua richiesta di dimissioni, dopo 36 anni di servizio, c’è anche il fenomeno del bullismo ormai pervasivo anche alle scuole medie. Perfino in una SMS buona come la A.Volta, basta vedere le scritte degli indomabili writers che insozzano i suoi muri ormai stabilmente e sapere di azioni destabilizzanti che accadono in classe. Per le stesse scuole elementari che dirigo, nel clima di lassismo familiare che impera, ho dovuto adottare severi provvedimenti disciplinari. E far intervenire qualche giorno fa la squadra mobile. Siamo ormai alla deriva educativa. E sulla severità in qualche modo recuperata (anche nei confronti dei fannulloni) oltre che degli alunni non si può essere che tutti d’accordo.

Si è vero i miei professori erano e sono dei liberi professionisti, ma secondo me non è questo l’elemento criticabile, perchè per il post lavoro ogni uno è libero di gestirlo come meglio crede, mi ricordo che i prof migliori che ho avuto sono prorpio quelli che di secondo mestiere facevano i liberi professionisti perchè sapevano applicare alla teoria la pratica e non è poco per una scuola superiore tecnica. La mia esperienza alla scuola elementtare è stata drammatica, nonostante mi sono sempre distinto per educazione e profitto sono stato promosso in quinta con sufficiente e a detta della maestra ho rischiato di essere bocciato, era una supplemente degli ultimi mesi che ha sostituito la mia cara maestra e che si permetteva di mettere in discussiono il suo giudizio, ma fin qui siamo forse nella norma, anche perchè questa signora che spesso ancora incontro in giro per la città e che non dimenticherò mai un bel giorno me le ha date di santa ragione, sì mi ha propio riempito di botte, sono dovute intervenire le maestre dall’altra classe per calmarla…. e fermarla!
Dovevamo denunciarla??? forse sì anzi sicuramente, anche perchè era una maestra palesemente malata di esaurimento nervoso! ma la mia domanda è! se non possono essere valutati come vengono scelti?
Questa che ho raccontato è la mia esperienza, non è corretto generalizzarla, ma è reale…..!

Quanto il pane serve la competenza e il metodo e, naturalmente, la valutazione delle prestazioni docenti, avendo l’amministrazione (dirigente) il coraggio di irrogare le sanzioni disciplinari quando, come nel caso descritto (nella fattispecie anche penali), sono meritate. Una insegnante del genere, ritornata ora unica nella classe, mi preoccupa più che se immessa in un team di moderazione.

Maestri e maestre, insegnanti più bravi nella scuola elementare? Forse sì, ma anche lì, pure in percentuale minore, si possono incontrare insegnanti cialtroni e incompetenti. Rari ma ci sono.

5 Mila presidi rischiano il pensionamento coatto
ROMA – Oltre il 50% dei presidi delle scuole italiane (più di 5 mila dirigenti su un totale di 10.700 istituti) rischia il pensionamento coatto. Il decreto legge sulla finanza pubblica, uscito due giorni fa in Gazzetta ufficiale, prevede, infatti, la possibilità per le pubbliche ammministrazioni di mandare a “casa”, con un preavviso di sei mesi, i dipendenti che abbiano raggiunto l’anzianità massima contributiva di 40 anni. Quelli della scuola compresi. Nel caso dei presidi sono già scattati i primi calcoli: si parla di almeno 5-6.000 persone, vista l’anzianità media della categoria. Neppure l’ultimo concorso ha portato ad una infornata di giovani leve.

Se la norma fosse applicata massicciamente nel comparto, i risultati, secondo le associazioni di categoria, sarebbero “disastrosi”: fino al 50% dei plessi potrebbe rimanere senza una guida stabile fino a nuove assunzioni, o a copertura dei posti attraverso figure “supplenti” come gli incaricati di presidenza o i reggenti. “Il provvedimento è grave- sottolinea Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi e vice presidente della Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità (Cida)- se la norma viene applicata massicciamente, con la metà delle scuole scoperte si rischia o di dover ricorrere a reggenti o di dover fare un reclutamento urgente e, perciò, abborracciato”.

“Inoltre- continua Rembado- la minaccia di poter essere mandati via a discrezione dell’amministrazione renderà i presidi meno autonomi nella loro attività”.

Nel frattempo, scatta la protesta. Tre associazioni di dirigenti della pubblica amministrazione Cida, Confedir-Mit (Confederazione dei sindacati dei dirigenti, funzionari, quadri e professionisti) e Cosmed (Confederazione medici italiani) hanno già chiesto di modificare la norma e annunciano “sin d’ora una forte mobilitazione, verso gli organi costituzionali, il Parlamento e l’opinione pubblica”.

Leggo oggi su “Il Giornale” (ebbene si, da sincero democratico cerco di sentire tutte le campane, senza attendere le “rassegne stampa” altrui..) che i cialtroni si stanno preparando a una parziale marcia indietro sulla questione del maestro unico e dell’orario, perlomeno nella scuola dell’infanzia e nella primaria. Prima erano i genitori a dover chiedere l’orario prolungato, ora… devono chiedere il maestro unico…

Come si dice, hanno dato la pazziella in mano alle creature e ora si stanno accorgendo che i conti non tornano.. Una pagina intera dedicata alle anticipazioni sulla “riforma”, un capolavoro del rigiramento di frittata in cui si cerca di far passare le inversioni di rotta come “conferme” di ciò che sin dall’inizio doveva essere e che solo gli oppositori cattivi e incapaci di comprendere hanno travisato.
Patetico, semplicemente, l’intervento della sottosegretaria Aprea in calce all’articolo.

Insomma, una lettura edificante, emblematica di come certa stampa d’accatto pensi di poter prendere per i fondelli i propri lettori. Fossi negli aficionados della creatura – mutata e mutante – di Montanelli mi incazzerei come una iena, sempre che, a forza di abbeverarsi a quella formidabile fonte di (dis)informazione, siano ancora in grado di distinguere tra realtà e propaganda..

Poi l’incontro con i Sindacati, Abbidubbi di telefree, e la notizia (trionfale da parte di questi) di un qualche ripensamento ragionato del governo. Ma dopo neanche due ore la stessa ministra, e poi il capo del governo, vanno a smentirli:”Niente è cambiato. Rimane il maestro unico a scelta. E dove non è scelto, solo un maestro (Ma non è una razza estinta questa? Ci sono, infatti, ormai solo maestre nelle scuole primarie) sarà il responsabile del processo formativo”. Insomma Pulcinella è decisamente più serio.

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