4th Nov, 2008

Schizofrenia di un provvedimento

Schizofrenia

di un provvedimento

 

 

La rinuncia dello Stato patrigno al know-how dei dirigenti. Per la L. 133/2008 in pensione coatta chi ha le migliori esperienze professionali. 

Con il decreto Gelmini non si tenta solo di ridefinire il modello per le elementari ma, con le altre disposizione correlate,  si propone una terapia d’urto per vari aspetti dell’organizzazione scolastica e della vita pubblica e lavorativa delle persone. Viene meno, tra l’altro, il diritto potestativo dei lavoratori a cui si sostituisce l’autorità forte e decisionale dell’Amministrazione.

giovane-e-vecchio.JPGL’art. 72, c.11, del decreto legge sulla finanza pubblica, n.112 del 2008, appena convertito nella legge n.1108/2008, contiene una norma che rimette all’assoluta discrezionalità dei vertici delle pubbliche amministrazioni il mantenimento in servizio o il pensionamento coatto dei dipendenti e dei dirigenti statali con almeno quarant’anni di contributi versati.

     

“E’ peggio dello spoil system, – hanno commentato alcune Associazioni di categoria – perché oltre la metà dei dirigenti resteranno in servizio sotto la spada di Damocle del licenziamento e, perciò, esposti ad ogni possibile pressione e ricatto da parte degli organi politici”… L’articolo rimette all’assoluta discrezionalità delle Amministrazioni il mantenimento in servizio o il pensionamento coatto dei dipendenti con almeno quarant’anni di contributi versati, a prescindere dall’età anagrafica. Ecco come viene affrontata la riforma previdenziale del pubblico impiego con questo provvedimento la cui finalità è la riduzione del personale in servizio presso le pubbliche amministrazioni. Viene affrontata limitando la permanenza in servizio a coloro che, come il sottoscritto dirigente scolastico, compiono i 40 anni d’anzianità contributiva indipendentemente dall’età. Io e quelli come me rappresentiamo una generazione che ha conosciuto il lavoro presto, in età scolare, che si è però potuta permettere il lusso di fare l’Università, magari da studente-lavoratore, che mantiene malgrado gli anni un particolare senso del lavoro e del dovere. La maggior parte siamo persone di circa 60 anni d’età, di particolari esperienze professionali, persone ancora efficienti che potrebbero essere, se non incentivate a rimanere in servizio, almeno mantenute prevedendo un sistema flessibile di uscite su base volontaria. E si deve ripetere, per essere più credibili, che quest’operazione di recupero avrebbe delle positive e sostanziali ricadute per l’economia del Paese e sull’andamento della spesa pensionistica che continua invece inesorabilmente a crescere? La questione dello snellimento della pubblica amministrazione con la forzata uscita del personale al compimento dei 40 anni di servizio, prevista dalla L.1108/2008 non si applica, però, stranamente ai magistrati ed ai professori universitari (senza contare i “politici “molti dei quali lo sono di professione… e per ordini di scuderia (cioè per… raccomandazione) in assenza del voto di preferenza). Rimangono sconosciute ai più le motivazioni di questa illogica disparità giuridica che, di fatto, configura entro il settore pubblico, un valore diverso, dopo 40 anni di contribuzione, tra la vita delle persone sulla base della tipologia dell’attività svolta. E viene così sbilanciato a favore della decisione amministrativa il preesistente diritto potestativo dei lavoratori… In Italia l’età effettiva in cui ci si mette a riposo continua a restare la più bassa di tutta l’Unione Europea: poco più di 58 anni per gli uomini e circa 57 anni per le donne. Ancora alcuni giorni fa il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, in una sua relazione ha fatto presente che “solo il 19% degli italiani con età compresa tra i 60 e 64 anni svolge un’attività lavorativa, contro il 33% degli spagnoli, il 45% dei britannici ed il 60% degli svedesi”. Ma sembra che anche il suo valoroso appello al governo per evitare l’uscita dal mondo del lavoro degli over 60 sia destinata al fallimento. Non so se la mobilitazione, peraltro blanda, in corso produrrà (vista anche la Circ.n.10 del 24.10.2008 del Dipartimento della Funzione Pubblica) una qualche frenata su questa che rappresenta una sostanziale violazione del diritto di ciascuno all’esercizio della funzione ed alla conseguente retribuzione fino al raggiungimento dei limiti di età finora previsti dalla legge ordinaria (limite dei 65 anni) e dai contratti collettivi.

Sergio Andreatta, autore della tesi di laurea e del saggio “Vecchia e Società (La Sapienza, 1976, ppgg.347 – Economia Pontina, 1978).

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Commenti

Obama presidente degli Stati Uniti, ma la cosa che mi ha stupito è il forte consenso che ha ottenuto, bene bene…..! questa è proprio una gran bella cosa un Presidente poco più che quarantenne, questo credo dovrebbe farci rflettere un pò….!!! in Italia abbiamo una classe politica di ultra settantenni, e a quanto leggo sopra non sono neanche pochi i dirigenti statali con oltre quaranta anni di contributi e sessanta anni di età. Sicuramente il know how è molto importante ma trasferiamolo ai giovani altrimenti continueremo ad essere un paese di “Dinosauri” come spesso dice il Financial times. Abbiamo bisogno di giovani…..c’è necessità di cambiamento!

Si va bene, è una grandissima vittoria, piena di valori simbolici rivoluzionari non soltanto per gli U.S. Le Monde ha scritto oggi “Obama, cambia il colore della storia”. Un titolo stupendo, nel quale mi ci riconosco. Ma…, e dico ma, dei cinquantacinquenni in su, con più attinenza alla mia provocazione, che ne facciamo? Dove li mandiamo? Giovane è bello di per sè, per tanti valori che, però, non sempre coincidono con le migliori competenze. Ed esser giovani non è di per sè un merito. Anche Obama, in questo senso, si muoverà tra crisi e utopia. Che poi i Dinosauri (e io ancora non mi ci sento) tentino in tutti i modi di difendere il lor habitat questo, pure, per certi versi mi sembrerebbe naturale. Bisogna, però, vedere sempre dove si trovi la migliore coincidenza tra gli interessi del Paese e quelli del soggetto. O, no? Se no, mandiamo a casa pure il Papa, Napolitano e Berlusconi con i suoi quasi 73 anni.

I giovani hanno bisogno di lavorare, perchè è una fase importante delle vita, una fase in cui si cresce e ci si espone nella società senza le difese dei propri genitori.
Oggi si cerca in primo luogo il guadango più che il lavoro, una volta lavorare serviva per formarsi un famiglia, oggi per curare se stessi e i propro “vizi” viaggiare, comprare cose e uscire tutte le sere con gli amici.
Qualcuno potrà pensare che ne stò rappresentando solo una parte, ma nella mia statistica personale non è così, quasi tutti i miei amici con stipendi di circa 1.500€ pur non assendo sposati e vivendo a casa con i genitori non riescono a risparmiare!
Giovani si è bello, ma giovani umili con vogliia di fare senza arroganza e con la propensione ad apprendere, perchè l’esperienza non si studia sui libri all’università,
altrimenti teniamoci i nostri sessantenni anche se guadagnano tanto…..perchè l’utilità marginale del loro stipendio è sicuramente maggiore di quella di un giovane sprecone!
Noi non siamo in America e soprattutto non siamo americani.

Se non si istituisce una norma che consenta la scelta autonoma dei dipendenti del servizio pubblico come si può aggirare il riferimento Costituzionale di Uguaglianza?.
Tra qualche anno, dopo i tagli alla scuola, i Dirigenti scolastici saranno titolari di contratti discrezionali nell’assunzione del personale docente ed ATA. La riforma Gelmini da una parte taglia il personale e dall’altra si apre ai dirigenti promuovendoLi datori di lavoro anche nella individuazione dei dipendenti da assegnare alle classi. Le graduatorie apparterranno al passato amministrativo con una serie di articoli propaganda, che scateneranno l’opinione pubblica per l’affidamento delle nomine ai dirigenti secondo “criteri” di efficienza e produttività. E’ come il decreto Brunetta che colpisce i lavoratori
e dimentica i controlli sulla dirigenza pubblica. I controlli ispettivi , sembra, siano stati preceduti da fortunate previsioni.
I dirigenti servono per il potere quindi bisogna selezionarli con discrezionalità in modo che anch’essi, a loro volta, possano rivendicare l’autonomia nella gestione delle risorse umane del servizio pubblico decentrato.
Non sono fantasia ma documenti che circolano tra gli uffici in via di normazione.
Nei prossimi contratti nazionali, per Dirigenti, saranno accordate le nuove funzioni discrezionali.

Ma i dirigenti scolastici per molteplici responsabilità (ma ridotto stipendio rispetto ad altre dirigenze anche dello stato) sono già ritenuti dalla legge “datori di lavoro”. Di quante sentenze, non soltanto del giudice del lavoro, sono state vittime ormai? Assegnano già, Sasso, gli insegnanti alle classi, da sempre… ma non li ingaggiano a scelta personale e quando li chiameranno, forse in seguito come ad es. in GB, saranno costretti a farlo secondo attente garanzie sulle procedure. La vera modernità e funzionalità di un’organizzazione pubblica esige la responsabilità in capo a qualcuno e a chi se non ai dirigenti? Quello che manca, invece, nel Paese indistintamente per tutti nella scala lavorativa (ma soprattutto in quella politica e sociale) è un sistema di valutazione delle prestazioni. Come si può continuare a giustificarne l’assenza in nome di chissà quale bau-bau? In quanto ai giovani e ai vecchi (ma a 60 anni oggi lo si è?) non va fomentato l’antagonismo come fossero contendenti nè enfatizzato il giovanilismo di moda, es., “giovane, bello e… abbronzato” come categoria ultima di riferimento ma avviate politiche di non dispersione (preferibilmente di valorizzazione) delle migliori risorse umane e professionali.

Non intendo aprire una discussione sulla Dirigenza Scolastica, la capirebbero in pochi, ma sento di dover denunciare l’uso clientelare delle assunzioni che senza criteri ogettivi di valuatazioni dei titoli e dei servizi che metta al riparo, gli aspiranti, da abusi discriminatori, possa avvenire.
Sono stato per venti anni in commissione ricorsi con tutti i Provveditori di Latina, a partire da De Santis e per Finire a Letizia e di nomine clientelari, nonostante le gradutaorie, ne ho visto tante, ma tante; figuriamoci cosa accadrebbe se anche un documento, pubblico, elaborato con la valutazione dei titoli e dei servizi, venisse eliminato.
Anche con le ultime graduatorie del personale docente, si sono visti casi di illegittimità. Certificazioni che attestavano servizi didattici effettuati da laureati in economia per l’educazione motoria nelle scuole elementari e materne. Certe scuole hanno valutato detto servizio come insegnamento prestato a tutti gli effetti , altri hanno rilevato l’eccessiva disponibilità Dirigenziale nel certificareli. Il Miur sta elaborando un dispositivo che liberalizza le nomine dalle graduatorie, su esplicita richiesta del sindacato della Dirigenza Scolastica.
Se a questo aggiungiamo la commistione che si viene a produrre tra sindacato, rappresentativo del personale e dirigente scolastico, anche il controllo delle regole salta. Spesso assistiamo a dirigenti che diventano terminali delle organizzazioni dei lavoratori ed addirittura componenti di segreterie provinciali e nazionali del personale che gestiscono e di cui sono controparte nelle relazioni sindacali di istituto.
(In commento all’articolo su telefree.it)

Hai sicuramente messo il dito su qualcosa che non dovrebbe accadere in nome dell’autonomia come principio. Le anomalie, purtroppo, ci sono sempre state. Anch’io ho fatto parte di molteplici commissioni-ricorsi. Dal direttivo della Cisl mi sono, però, dimesso ritenendolo eticamente necessario il momento in cui da dirigente mi trovavo come controparte esponenti di OOSS e RSU appartenenti al mio e ad altre organizzazioni sindacali, ad evitare conflitti e/o pastette di interesse. La dirigenza che c’è andrebbe valorizzata, oltre che più responsabilizzata, nell’interesse del Paese. Quando poi sbaglia, e forse capita anche spesso, non dovrebbe essere lasciata indenne al suo posto.

bravo!!! ottimo articolo

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