di Sergio Andreatta
Per ciascuno di noi v’è un giorno, scriveva Jean Anouilh in “Antigone”, in cui si deve infine accettare di aver incontrato la tragedia… Un certificato di agibilità o un attestato di messa a norma di fronte a certe tragedie sembrano valere niente, forse solo per mettere a posto certe coscienze, seppure le certificazioni siano le basilari premesse, la conditio sine qua non per una scuola sicura dal punto di vista strutturale. Ma alla mamma e al papà del cinesino di 6 anni volato dalla finestra e in coma a Milano, torna di poca consolazione sapere che la scuola era stata ristrutturata di recente e stava a posto. Questo esime da responsabilità solo l’amministrazione comunale. Una mamma e un papà travolti dal dolore si chiedono soltanto se il loro piccolo si salverà e come e che cosa e perché sia potuto succedere quel che è successo. Sperano e pregano nella loro religione che il loro bambino si riprenda la sua vita, come tutti si augurano, superando, aiutato dalle migliori terapie, i disastrosi effetti di un trauma cranico severo e delle lesioni agli organi addominali e toracici. “Stato di coma», dice il bollettino medico. La magistratura ha aperto subito la sua inchiesta, per lesioni colpose gravissime, a carico della maestra precaria di trent’anni che aveva appena riaccompagnato in classe i ragazzini della I A, dopo la lezione tenuta nel laboratorio di inglese. Pare che il piccolo Luca si fosse anche nascosto sotto un banco per giocare o per sfuggire alla sua attenzione come avrebbe raccontato un compagno. Ma poi accortosi di essere rimasto solo, chiuso dentro, avendo forse paura o, chissà, cercando una sua libertà in quel modo, è salito su quella sedia e sul davanzale. Chissà cosa può passare per la testa di un bambino di quell’età, un “minus habens” da vigilare sistematicamente senza allentamenti come ho ricordato ancora ieri in una circolare alle similari docenti del mio Circolo didattico. E’ venuto a iscriversi in quinta elementare un ragazzo di 11 anni. Un giorno mi ha raccontato che in terza gli era venuta la voglia forte di buttarsi dal terzo piano della sua casa di Roma. Chissà cosa può passare per la testa di una persona e di un bambino disturbato o no? E cosa volete che si possa dire a consolazione della vita rubata ai genitori di Vito Scafidi, il ragazzo del liceo scientifico “Darwin” di Rivoli. Il suo volto, i suoi bellissimi occhi verdi di acqua marina ci rimarranno impressi per tutta la vita per quella trasparenza greca che fa scrutare fino al fondo alle viscere più interiori. Cosa dire a quella madonna addolorata che ci ha fatto piangere tutti davanti allo schermo? Cosa alla sorella che tentava inutilmente di consolarla? Cosa al padre, dignitoso e contenuto nella sua consapevolezza che se frana lui gli frana intorno tutto il tempio della sua famiglia? A lui non è concesso neanche di poter sfogare visibilmente il suo dolore. Quale consolazione? La più grave tragedia si compie ancora una volta nel tempio consacrato all’educazione e ad un’armoniosa crescita della persona. Quasi un’immolazione sacrificale. E sembra infranta così anche l’ultima sacralità se è il tempio ad uccidere, se è il sacerdote della messa che non si è curato di te come avrebbe dovuto. Dal tribunale e dalla sua amministrazione scolastica conseguiranno le giuste sanzioni per “culpa in vigilando” a carico della maestra di Milano, ma un po’ di “compassione”, vivendo e operando in mezzo ai ragazzi di oggi spesso maleducati a causa di genitori sbagliati, permettetemi di concedergliela. Anche per il controsoffitto crollato al liceo scientifico piemontese qualcuno, forse, pagherà. O no, come pure scandalosamente è successo finora per la scuola di S. Giuliano di Puglia dove la tragedia è stata ancora più enorme. Il 19 dicembre del 2003 in una scuola del IV Circolo didattico di Latina da me (Sergio Andreatta) diretto, esattamente alla elementare “G.Mazzini” di Borgo San Michele, si ebbe l’improvviso imbarcamento del solaio dell’atrio collassato di un metro sotto il peso delle 200 persone presenti alla recita natalizia. Poco mancò, allora, che si dovesse registrare l’ennesima catastrofe in morti e feriti. Lo ricordava ieri il quotidiano, Latina Oggi, in una pagina (la 4) dedicata alla questione della sicurezza nelle scuole pontine. E in un’intervista mi si chiedeva se tutto fosse apposto, ora, nelle mie sei scuole. Oggi alcuni geologi arrivano anche a sostenere che le scuole, come quelle nostre in provincia di Latina, che sorgono in zona a basso rischio sismico sarebbero addirittura più a rischio di quelle costruite in zona sismica. Meno investimento iniziale di risorse, minori attenzioni nel progetto, nella costruzione, nella scelta della qualità e nell’impiego dei materiali. Insomma lo Stato è chiamato ad investire e a pianificare diversamente sulla sicurezza, come nella sua riconosciuta onestà ha dovuto non soltanto ammettere ieri in parlamento, avendolo già previsto in anni anteriori, lo stesso sottosegretario Guido Bertolaso. Sulla sicurezza degli italiani, specie dei minori a scuola, degli ammalati negli ospedali, dei manovali nei cantieri ma di nessuno in generale, in un paese civile non si può scherzare. Non si deve più. Ancora una volta, invece e speriamo sia davvero l’ultima, abbiamo dovuto registrare vittime fra gli studenti di una scuola. “Vittime di una normativa sulla sicurezza – ha detto il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi (ANP) Giorgio Rembado – che da quindici anni a questa parte è stata solerte solo nel reprimere mancanze di natura documentale e formale, senza riuscire a rimuovere le cause vere per cui a scuola si muore”.
E’ solo di pochi mesi fa, infatti, l’ultima proroga concessa agli Enti locali per “completare” i propri piani di intervento per la messa a norma degli edifici scolastici il cui termine è stato portato al 31 dicembre 2009. A noi dirigenti scolastici, e immaginate voi quanto agli utenti, preoccupa la mancanza di controlli statici e le verifiche sugli impianti. Mancano gli interventi di adeguamento a norma da parte di Comune e Provincia. E scrive ancora l’ANP nella sua ultima agenzia:”Certo, è più facile multare un dirigente scolastico che costringere gli Enti locali a fare la loro parte. Ma il primo non ha i mezzi per incidere sulle cose che realmente contano, mentre i secondi (che ne avrebbero il potere) non ne hanno i mezzi e comunque riescono sempre a far rinviare il termine per provvedere… Da anni denunciamo l’assurda persecuzione nei confronti dei responsabili delle scuole, per mancanze che non incidono sulla sicurezza reale. Due anni fa – insieme con l’Associazione Vittime di San Giuliano di Puglia – abbiamo messo a punto e presentato, continua l’ANP, una proposta di legge di iniziativa popolare che si proponeva di modificare questo stato di cose”. “Abbiamo raccolto soltanto 40.000 firme, 10.000 in meno del necessario” ha poi dichiarato da Bruno Vespa a ”Porta a Porta” il collega Rembado quasi adombrando l’idea che studiare in scuole più sicure fosse ritenuta una questione secondaria, da eccitare soltanto quando accadono le tragedie.
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