Sui sentieri degli Ezzelini lungo il torrente Làstego il paesaggio diventa all’improvviso bellissimo come pochi. Tra Crespano e Paderno, distanti appena un chilometro tanto che i loro campanili “i xe dà la man”, si entra nel parco naturale di San Pancrazio, ma oggi desidero salire a Fietta (l’antica Flecta) e più su fino alla chiesa isolata di Sant’Andrea, genius loci, radice della schiatta Andreatta nella notte dei tempi provenuta da Pergine Valsugana, forse addirittura mille anni fa. Abbracciato a un cipresso la mia vista ormai in fuga domina sulla sottostante pedemontana del Grappa ben oltre i colli asolani. Le cime sono increstate di neve e in Valle San Liberale si respira già l’aria frizzante del Natale sulle Dolomiti. Sono contento. L’incontro letterario serale in Municipio di Paderno del Grappa, promosso dall’Amministrazione Comunale e dal Comitato della Biblioteca nell’ambito della Mostra del Libro, mi sembra esser andato bene. E’ toccato alla giornalista Cinzia Dal Brolo presentare il mio penultimo libro “769. Storie di Pionieri”. Lei aveva avuto modo di conoscerlo in anteprima durante il Festival delle Storie della Valle di Comino (FR) quando a presentarlo era stato David Duszynsky e alcuni suoi accostamenti a “Furore” (The Grapes of Wrath) dello scrittore statunitense John Steinbeck mi avevano mandato in corto circuito. Questo libro è in realtà un film neorealista, dove il verismo non viene infiacchito dalle impennate idealistiche dei giovani, una persona a fianco all’ altra, una generazione dietro l’altra, la saga degli Andreatta veneti di Littoria si consuma sulla corte pontina di un podere da riscattare, quasi una terra promessa del XX secolo. E se gli uomini sembrano all’apparenza più forti sono in realtà le donne a dominare la scena, dalla “madona Jia”/ Luigia Filippin, alla bellissima e altera “Angina” / Pulcheria Angelina Bresolin, alla tormentata Bertilla Andreatta che sarà pronta, alla fine, per la sua scelta radicale. Le storie sono quelle che sono e ci mettono anche un po’ a combinarsi fra loro – ribadisco – ma”‘na storia no’ racontàda, a xé ‘na storia desmentegàda”. Questa è la storia di una scommessa, una famiglia che nel 1933 migra dal Veneto nella “‘Merica in Piscinara”, appena bonificata. Nell’inverno del 1944, dopo lo sbarco di Anzio, la casa al Pod.769 di Borgo Bainsizza diventa sede del Comando Alleato prima di essere bombardata da un aereo tedesco. Dentro questo romanzo rivivono le idealità dell’epoca, i primi amori dei tosi, i sacrifici per il riscatto della terra, le lotte per guadagnarsi un posto nella società fino alla dissoluzione della famiglia patriarcale, simbolizzata dallo scoppio di un furioso incendio. Poi la tragica morte di mio padre, Giulio Camillo. Ma questa è anche la storia vera di una Comunità nuova, quella di Borgo Bainsizza, e di un paesaggio umano ormai definitivamente scomparsi. Nelle ultime pagine il libro diventa autobiografia e alla fine denuncia per il disastro ambientale irreversibile della Valle dell’Astura, culla della civiltà pontina, causato dalla megadiscarica di rifiuti solidi urbani di Via Monfalcone. Il pubblico padernese ha avuto la percezione di trovarsi di fronte ad un veloce romanzo, in parte autobiografico, compiutamente leggibile in due giorni. Alla domanda della giornalista interessata a conoscere il perché dell’uso del veneto nei dialoghi familiari, ho risposto di essere stato indotto da due considerazioni, la prima dalla ricerca di una maggiore aderenza storica in quanto all’interno dei poderi i coloni parlavano prevalentemente, se non esclusivamente, il veneto; la seconda dal desiderio di non perderne la traccia. E il veneto della Marca “zoiosa et amorosa”, di Treviso, particolarmente soave è compreso da tutti. “Mentre sembriamo già in fuga dalla nostra identità di discendenti dei pionieri, – mi è venuto poi da aggiungere – sarebbe un’inesorabile perdita culturale per l’Agro pontino dimenticarsi di un destino e di una storia linguistica che ha coinvolto per tre generazioni migliaia di persone”. La giornalista è puntuale fin troppo nel suo intervento, scolpisce alcuni episodi della saga familiare che le sono rimasti particolarmente impressi. Di tanto in tanto mi rivolge una domanda e m’invita a leggere qualche brano. Il folto pubblico riempie la sala e segue attento, ancor di più quando il giovane vicesindaco Davide Michelon e la coordinatrice della Biblioteca prof.ssa Daniela Andreatta iniziano a proiettare sullo schermo le foto storiche della “‘Merica in Piscinara”, della Bonifica integrale pontina e dei pionieri dell’Agro Pontino, tra cui gli Andreatta, di cui nel romanzo storico si narra la vicenda. Tanti sono i veneti, e i trevisani in particolare, migrati nel Basso Lazio negli anni dal 1932 al ’34. Attraverso la battaglia del grano c’era una guerra durissima alla miseria da combattere, un’emorragia verso l’America del Sud da arrestare. “‘Na storia no racontada a xè na storia desmentegada”, mi accorgo così che la gente, venuta anche da Asolo e Vicenza, mi scruta in volto, quella del paese in cerca di conferme, per leggere nei miei tratti quelli di mio padre Giulio-Camillo e di mio nonno Ambrogio nati e vissuti proprio qui. Il sindaco Giovanni Bertoni mi ringrazia, la gente mi si stringe intorno per le rituali dediche. E posso così scoprire, più che solo affetti trascurati, sentimenti sconosciuti. Le vibrazioni di un’anima. © – Sergio Andreatta
P.S.: Non solo “769. Storie di Pionieri”, mi è stata consentita una breve presentazione del mio ultimo libro “Camilla, Missione Esmeraldas”, di 450 ppgg., che nello stile del romanzo è la storia biografica di (Bertilla) Madre Camilla Andreatta.
Sergio Andreatta, 769. Storie di Pionieri, Aurore, Latina, I Ed. dic.2014, II Ed. marzo 2015, ppgg. 156.
Sergio Andreatta, Camilla, Missione Esmeraldas, prefazione di Padre Giulio Albanese, Aurore, Latina, nov. 2015, ppgg. 450.
di: Sergio Andreatta
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Scritto da : Sergio Andreatta
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