7th Gen, 2009

Quarant’anni di scuola statale materna / dell’infanzia

40 anni di storia della pedagogia importanti e da non dimenticare.

 sergio-andreatta-bambini-una-volta-il-quarto-editore-1998.jpgI 40 anni dalla nascita della “Scuola materna statale” (Legge 18 marzo 1968, n. 444. Ordinamento della scuola materna statale) che ora si chiama, più convenientemente, “dell’infanzia” stanno passando nel dimenticatoio. Un torto per la scuola dei 3-5 anni, fondamentale per la buona crescita dei bambini. E come trascurare la facilitazione che questa prima scuola ha dato all’auto-realizzazione delle donne-mamme e all’affermazione del principio storico delle pari opportunità nel lavoro e nella società? Scuola di molti meriti sociali e politici, la Scuola dell’infanzia, perchè non bisognevole di sostanziali modifiche, è quella che esce meno ridisegnata dalla “riforma” Gelmini. Una scuola giovane, dinamica e generalmente molto attenta allo sviluppo psicofisico dei bambini che ha in consegna. In questi ultimi anni si è avuto un notevole ricambio generazionale delle docenti (in qualche maschio è sempre possibile imbattersi ma è ordinariamente difficile da incontrare nelle aule). Alle maestre così ricche di pionieristica esperienza sono subentrati docenti molto ben formati nella cultura dell’infanzia dagli strutturanti corsi universitari di laurea in scienze della formazione, ben motivati, capaci di sviluppare progetti di socializzazione e crescita condivisa con le famiglie, preparati a progettare percorsi, ad implementarli, a monitorarli, a documentarli* da veri scuola-giovanni-paolo-ii-latina-iv-circolo.jpgprofessionisti dell’educazione quali devono essere. Capaci di trasfondere più qualità nel servizio pubblico. Ma, intanto, dobbiamo dire un grazie sincero e riconoscente alle volenterose della prima generazione, “mamme allargate” di tanti figli secondo un “modello familistico” che si imponeva nella società italiana e che ora non può più andar bene, comunque capaci di acquistare buone competenze operative camminando nel vissuto, ma anche capaci di significative riflessioni professionali se nel loro itinerario di una carriera ricca di tante motivazioni, seppure appiattita negli stipendi, hanno avuto la fortuna di operare sotto la regia di direttori didattici illuminati, non infrequentemente di alta levatura culturale, più che meri gestori di un passabile esistente. L’educazione è ancora il più alto incarico che possa essere affidato ad una persona che bisogna sia generosa nello spendersi per esso, a prescindere dallo stipendio che riceve. Un compito umanamente affascinante da condividere con i genitori nell'”attimo fuggente“, un compito anche impegnativo dal punto di vista professionale per cui occorre formarsi professionalmente con scienza e coscienza… Ed ecco che dal prossimo anno potranno essere nuovamente accolti in anticipo i bambini di 2 anni e mezzo. E’ stato, infatti, ripristinato con uno dei quattro decreti attuativi  l’anticipo di sei mesi stabilito dalla riforma Moratti (L. n. 153/2003) poi abolito dal ministro della P.I. Giuseppe Fioroni su pressione dei sindacati di categoria. E vengono anche confermate, per venire incontro alle molteplici esigenze delle famiglie, le “sezioni primavera” per i piccoli dell’età compresa fra i 24 e i 36 mesi, già introdotte da un illuminato governo Prodi.

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Si comincia a ragionare del servizio in termini di “buona continuità”, senza le deteriori discontinuità e oscillazioni dell’antagonismo politico ad ogni costo, a seconda di chi governi e che si ritiene sempre più bravo e superiore solo perchè viene dopo. Il fattore più importante di un dibattito che si potrebbe sviluppare, non riservandolo soltanto al mondo della pedagogia, dovrebbe riguardare il significato, il ruolo e il senso da dare oggi alla Scuola dell’Infanzia. Bisogna cominciare a ridiscutere, uscendo dai recinti sapienziali, sulle sfide cognitive e relazionali che si pongono nel miglior interesse del target degli utenti. Quali sono gli scenari e i contesti che si presenteranno, senza sganciarsi mai dalla rete dell’Europa, ad una società italiana in cammino? Quali le nuove aspettative sullo sviluppo dell’infanzia? Quale il confronto con le altre culture multietniche che da noi si inseriscono?… Oggi il servizio scolastico-educativo dell’infanzia è ormai generalizzato nel Paese-Italia, coperto come risulta per il 58% dalle scuole statali (il 9% a orario ridotto), per il 19% dalle comunali, per il 23% dalle paritarie. E la palma del miglior servizio è da attribuire senza dubbio alla Regione Emilia che, avendoci convintamente creduto per prima, ha saputo investire molto e bene abbandonando quasi subito le visioni pseudo-assistenziali dei primi “asili” degli anni settanta. Nelle aspettative di qualcuno lo Stato avrebbe, forse, anche potuto fare di più fin dagli inizi per la qualificazione di questa sua scuola, approvando ad es. il Regolamento previsto dalla L. 444 o gli Ordinamenti… Oggi, però, nel dinamismo di una società che cambia di continuo, è cambiata anche la concezione stessa della prima educazione. Così a livello di organizzazione, data l’estesa diffusione degli Istituti Comprensivi, è caduta ormai nell’inattualità l’ipotesi già programmata di Direzioni sergio-andreatta-il-presepe-riciclato-della-maestra-simonetta-furlan.jpgdidattiche e di Ispettorati autonomi. Oggi si tende ad operare più naturalmente secondo una linea, non segmentaria, ma di sviluppo lineare e interconnesso. L’esperienza diretta tuttavia, seppure non nella direzione didattica cui sono preposto da tanti anni, ma in istituzioni comprensive viciniori nel territorio mi porta a rilevare lo stato di effettiva minorità in cui si trovano ad agire le docenti di S.I. nei verticali Collegi dei Docenti degli Istituti Comprensivi. Educatrici sempre minoritarie e spesso anche sottovalutate nella loro professionalità dai docenti di scuola media. La continuità educativa e la pari dignità docente non sembrerebbero, così, ancora raggiunte; sono semmai una traccia di semina che merita di essere coltivata meglio. Se centrassimo di più il nostro operato sulla persona e sui suoi bisogni psicoemotivi e intellettivi a seconda dei suoi diversi livelli di crescita, se adattissimo essenzialmente su questo i nostri modelli organizzativi e i nostri metodi didattici saremmo in grado, in una scuola finalmente di qualità, di realizzare meglio il diritto di tutti i bambini al successo. Lo stato delle scuole dell’infanzia è, tuttavia, sicuramente uno stato in buona salute, sorridente e positivo, garantito da significative esperienze autonome e da tante buone pratiche creative e innovative.  In questo articolato e variopinto mosaico, più che in altri segmenti dell’istruzione pubblica, prevale una linea di incessante ricerca-azione. E del resto in Italia, fin dagli inizi, noi abbiamo potuto contare sugli ispirati modelli di grandi figure di pedagogiste sperimentali come le sorelle Rosa e Carolina Agazzi e Maria Montessori.      © Sergio Andreatta, psicopedagogista, direttore didattico, dirigente scolastico, autore del saggio “Bambini una volta” (1998).

 

ESPERIENZOTECA 

* Per la documentazione e l’archiviazione delle buone pratiche (the best practices) didattiche ricordo, tra le altre iniziative italiane, quella significativa  di “Esperienzotèca” nata in provincia di Latina una quindicina di anni fa presso il IV Circolo didattico di Latina da me (Sergio Andreatta) diretto a cura dell’isp. tecnico dr. Mauro Cacioni e di un qualificato gruppo di docenti pontine di scuola dell’infanzia. “Luogo d’incontro, scambio, diffusione e archiviazione delle esperienze e metodologie didattiche più interessanti della Scuola Pontina dell’Infanzia” cui la rivista L’Educatore (TRE SEI, n.4, Anno XLIII, 1° ottobre 1995) ha dedicato un ampio servizio (S. Andreatta, Bambini una volta, 1998, pag.15).  Esperienzoteca ha poi continuato ad operare, migrando presso altre direzione didattiche lepine (Sermoneta), grazie alla regia continuatrice di alcuni direttori didattici – dirigenti scolastici (Teresa Zicchieri, Lucia Rita Tessarolo, Mario Mammuccari, ecc…).

Commenti

La nostra è sicuramente una buona scuola se non altro per l’impegno che profondiamo e per le attestazioni che riceviamo dai genitori.

Se avessi insegnato alle superiori non avrei potuto sbrigliare così tanta fantasia. Contenti i bambini, strafelice io.

Una delle due maestre di mio figlio mi sembra, però, un pò esaurita…

Sono brave le maestre, invece, ma sono scarse le risorse. Ci si chiede di contribuire in tutto, dall’acqua minerale ai rotoli di carta, ma lo facciamo volentieri.

Le maestre del IV Circolo sono generalmente professionalmente molto brave. Un pò di stress, barnout come si chiama adesso, può anche affiorare a volte di fronte a certi casi impegnativi e logoranti. Anche se non dovrebbe, ma siamo persone. Mi scuso per quella maestra. Le risorse (m.rossi) sono quelle che sono, purtroppo sempre meno e i genitori possono essere talvolta chiamati a condividere il progetto.

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