VERSO MATERA 2019.
L’atelier del legno di Massimo Casiello.
“Fatto!”, dice lui consegnandomi il suo timbro in legno d’ulivo dopo le ultime limatine di rifinitura. E io lo guardo subito e lo valuto mentre è ancora nelle sue mani. Sul TIMBRO del PANE, per personalizzarlo, ho fatto incidere un acronimo, GEA che sta per Giorgia Eloisa Andreatta.
Massimo Casiello, ph Sergio Andreatta
A lei, che pure è artista, un’iconografa, da qualche tempo le è salita dallo stomaco la voglia di farsi il pane in casa con il lievito madre e non so quale pregiata farina di grano duro o di grano Khorasan, da cui si ricava la farina di kamut. Non per risparmio, s’intende!, ma solo per esplorare un altro orizzonte culturale e impossessarsi con le mani dell’arte più antica, quella plurimillenaria della panificazione. E Daniele, Federica e Stefano, i suoi tre piccoli, si divertono un mondo ad imitarla. Così per riuscirci meglio si è anche sottoposta a un corso teorico/pratico di formazione. Prima di arrivare nella Città dei Sassi avevo saputo da non so chi di MASSIMO CASIELLO, un apprezzato tornitore locale, artista del legno. I suoi timbri ripropongono quelli del passato quando tutte le donne impastavano in casa e portavano a cuocere al forno di riferimento avendo la necessità di riconoscere poi i propri pani. I forni di Matera, o della vicina Altamura, sono quanto di più famoso possa esserci. E vicino al B&B dove alloggiamo ne troviamo uno antichissimo che risale ai tempi dei tempi, addirittura al 1590. E, a giudizio dei nostri sofisticati palati, è veramente sublime ciò che sforna. Nell’Atelier di Massimo Casiello ci si imbatte in pieno centro di Matera, così dopo aver visitato con sorpresa soddisfazione il Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola” non potevamo proprio sottrarci dall’entrare, io e mia moglie, nella bottega di questo giovane. In tutta la Basilicata, la lavorazione del legno vanta una lunga tradizione. Durante i secoli della infinita civiltà contadina, e ancora in tempi più recenti, gli artigiani realizzavano col legno gli oggetti di uso comune, qualcuno più dotato di espressione anche manufatti di alto valore artistico: ruote per i carri, setacci per i differenti tipi di cereali e farine, mestoli, bastoni, timbri per il pane, contenitori per l’acqua, botti per il vino, pestelli e mortai, zoccoli, taglieri intagliati per decorare la pasta fatta in casa, oggetti sacri, mobili intagliati e intarsiati, trottole (in dialetto, ‘strimml’) e molto altro. Oggi agli utensili d’uso quotidiano, riprodotti però in forme moderne e inusuali da Massimo, si affiancano complementi di arredo originali e irripetibili realizzati spesso su commissione.
Mentre gli utensili non più utilizzati, e per i quali in alcuni casi si sono perse le tecniche di fabbricazione, si conservano soltanto nei musei, nella “casa grotta”, nelle case di appassionati collezionisti o di famiglie materane che se li tramandano con cura e sentimento di padre in figlio, da nonna a nipote. In Via Ridola 40, da Massimo, non trovo però i soliti oggetti, ma opere in legni pregiati, scolpite singolarmente nei minimi particolari, in grado di riportarmi alla mente, quando me ne sarò andato, il ricordo dei Sassi, degli scorci affascinanti e incantevoli, degli antichi vicoli sempre molto animati da turisti e apprezzati da cineasti. Massimo è ancora giovane ma, a Matera 2019 – capitale europea della cultura – sembra voler dare un contributo avendo trovato la sua strada professionale. Quest’arte dalle profonde radici culturali, ne siamo certi, non sarà destinata a perdersi con lui e qualche altro. “Ecco, questo timbro è di legno d’ulivo ed è bene spennellarci sopra del buon olio d’oliva prima dell’uso per togliere qualche minuscola impurità. E poi ogni tanto!”, mi raccomanda consegnando alla mia gratificazione tattile il bel galletto porta fortuna. © – Sergio Andreatta