14th Dic, 2005

Picinisco, Come interrompere la noia

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Come interrompere la “noia”.

Teatro, musica e cultura per un anno a Picinisco.

 

Il Cartellone della Rassegna culturale 2005

 

Come emozionarsi e riscoprire un piacere nuovo, quello di vivere e visitare Picinisco ogni mese dell’anno, con pari dignità, sottraendosi alla nostalgia per la stagione estiva appena passata e, pure, all’ansia di quella che verrà…

 

Quella piccola polis montana che si chiama Picinisco (dove il suffisso in -isco è tipico di quel territorio vallivo, ricordo tra gli altri S.Biagio Saracin-isco, Rosan-isco mentre la radice Picin- o, nel medioevo, Pucin- come risulta nell’archivio mappale dell’Abbazia di Cassino indica per me soltanto “piccolo”, si presume “piccolo villaggio”) vive, oltre che della sua bella e selvaggia natura montana, custodita dal Parco Nazionale A.L.M., degli eventi culturali che l’Amministrazione comunale e la Pro Loco sanno ogni anno proporre quasi con più idee che risorse.

Per giustificazione delle Rassegne i promotori ed i patrocinatori hanno cercato motivazioni alte, quando non ce ne sarebbe stato, in realtà, neanche bisogno.

Non c’è bisogno, infatti, di dare spiegazioni delle varie arti anche se, dopo, recupereremo qualche frammento di concetto di Peter Brook, citato nel programma comunale del 2005 che si avvia, ormai, a conclusione con gli eventi prossimi del Natale.

Nell’ispirazione del progetto delle Rassegne è chiara, invece, una ragione politicoantropologica “riconducibile alla volontà, o meglio alla convinta necessità di interrompere la monotonia, a volte assai pesante e non di rado insopportabile per i più giovani, che caratterizza la vita quotidiana dei nostri paesi durante i mesi che decorrono da ottobre a maggio-giugno di ogni anno.

Mesi nei quali, partiti i turisti e i forestieri, queste zone usano assopirsi in una sorta di letargo, senza significative soluzioni di continuità.

cartellone-rassegna-culturale-picinisco2005.jpgSi è voluto, dunque, proporre ai concittadini un’esperienza inedita, quella di dare un significato, sotto il profilo dell’impegno culturale come pure del semplice diversivo, a tutto quel periodo dell’anno solare che si frappone, con regolare ciclicità, fra le due estati successive; si è voluto suggerire anche a quei forestieri cui si è prima accennato, un piacere nuovo, quello di vivere e visitare Picinisco ogni mese dell’anno, con pari dignità, sottraendosi alla nostalgia per la stagione estiva appena passata, come pure all’ansia di quella che verrà.

Si è voluto, infine, favorire ed incoraggiare “lo spirito di iniziativa dei nostri giovani e di tutti quelli che già amano, o che vorranno appassionarsi all’attività teatrale e/o musicale, offrendo loro un luogo ed un’opportunità costruiti di proposito”, come conferma il sindaco ing.Giancarlo Ferrera.

Il richiamo esplicito è al piccolo teatro comunale ricavato su al Parco Montano ristrutturando il locale eretto per ospitare le funzioni religiose, dopo il disastroso terremoto del 1984.

C’era anche l’intenzione di recuperare per questi fini la settecentesca Chiesa di S.Rocco sulla centrale Piazza E. Capocci, intenzione poi rientrata per un ripensamento sull’alienazione da parte della Curia di Sora.

Offrire ai giovani, altrimenti in letargo, una change d’incontro e di protagonismo, questo l’intento, e ci sono in loco persone particolarmente dotate e sensibili per questa mission come la professoressa Maria Alfonsina Vacca, come la Signora De Simone sorella del grande musicista Marino, come lo scrittore, ex commissario di p.s., Vittorio Fabrizio e, per altri versi, Massimo Antonelli e altri dell’associazione Calamus e seppure impegnata nei suoi studi all’Accademia di Arte Drammatica di Roma, diretta da Pino Insogna, Valentina Mancini.

Il programma delle Rassegne cita un pensiero del regista e teorico teatrale P.Brook, una delle personalità più intriganti del XX secolo: “un’efficacissima spiegazione delle arti è che esse parlano dei modi di essere che noi riusciamo appena a riconoscere quando si manifestano sotto forma di ritmi e di figure”.

Così in questi mesi sono stati attivati laboratori e proposti spettacoli, ma il filo rosso continua, che hanno spaziato dal campo della commedia e della farsa dialettale per arrivare ai toni briosi del musical e a quelli più intimistici del dramma introspettivo e, poi, ai ritmi del travolgente rock, non politik, al dissonante jazz, agli inquietanti e gracidanti effetti della strumentazione elettronica segno di tempi stridenti.

Mentre Calamus ha riproposto la memoria musicale etnica e la costumistica e i balli della Val Comino non tanto nel tentativo di riappropriarsi di una dimensione esistenziale ormai smarrita, quanto per non far svanire del tutto la memoria culturale delle proprie radici comunitarie.

di: Sergio Andreatta

 

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