Misteri e fantasmi di Fondi.
E sulle mura del Castello scivola via il fantasma di Giulia Gonzaga (foto 1-2 di Sergio Andreatta).
di: Sergio Andreatta
L’imponente castello era lì ad occhieggiare dentro un poster nell’Aula Pacis del quarto circolo didattico… Al S.Giovanni di Dio, nel corridoio verso le sale operatorie, altri due poster dell’A.P.T. di Latina, immagini stupende di Tonino Mirabella che invitano: “Ora che sei qui, – sembra sedurmi il castello – perché non vieni ad ammirarmi dal vivo? Vieni!” E così già prima delle 15 mi trovo a camminare per la piazza grande dell’Unità abbagliata da un sole pieno. Il castello di Fondi, col suo torrione cilindrico, ha una struttura difensiva imponente e poderosa. Così i Caetani l’avevano voluto per mantenere una promessa data ai sudditi, bisognava difenderli dai saraceni del mare. Brrrrrr!… Una folata gelida di tramontana sbocca ad un tratto dal corso principale andando a cinturare le mura. Sussulti e tremiti, mi coglie il sentore di qualcosa di aleggiante che si compie, un’evanescenza non vista. E la nikon, già puntata su quella quinta di pietra, ora sembra scattare da sola. Stranissime, ignote percezioni, che sarà mai?… E’ il 20 settembre 1378 quando un conclave di cardinali francesi dissidenti elegge in questo palazzo del principe Onorato il papa, o per i più l’antipapa, Clemente VII dando origine allo Scisma d’Occidente. Scisma, scomuniche e qualche traccia d’inferno ancora vagante intorno a queste mura? “Click-click-click…” Scatto con la reflex una, più volte. Scatti compulsivi. E passi successivi… Tre giovani già dannati dalla loro età disprezzata sono intorno a una moto, gli occhi avidamente puntati sulle mie adocchiate tecnologie. –Faranno tremila. – mi sembra d’intendere in un napoletano stretto – Due mila euro! -. -L’’altra macchina è in borsa…-. – E’ presto, però!”. Troppo presto, sono soltanto le 15,30, anche per un turista pontino scambiato per americano… La piazza delle ore più calde si era nel frattempo aperta al diffuso e protettivo passeggio delle famigliole. Ma mi rimane dentro un amaro presentimento, come di un candidato allo scippo. “Meglio togliersi di qua alle svelte” penso e, così, dopo qualche altro scatto ancora, lasciamo di sorpresa quella piazzaforte. Ora imbocchiamo un affollato corso Appio Claudio all’incontrario. E dopo la chiesa di S.Maria Assunta sulla destra, accarezzata ai piedi da un insultante kebab, svoltiamo dentro l’arco acuto che sta sotto il campanile dirigendoci verso l’Olmo Perino.
Arco del tempo, questo in altre epoche doveva incastonare una robusta porta. Subito dopo si apre un quartierino di case antiche tutte ridossate l’una all’altra, quasi a proteggersi a vicenda nel loro intimorimento con una solidarietà elementare oggi non più riconoscibile. “Giudea e non ghetto” proclama magistrale una colonnina turistica multilingue. Ma oltre noi due non c’è, in questi giorni di vacanza, neanche un turista italiano che la possa leggere. All’inizio di uno slargo si trova il cancello dell’antica sinagoga. Si riconosce a vista per il simbolo delle tavole di Mosè. Infilo dentro uno sguardo carsico. Non vedo e non sento ma immagino gli ebrei vissuti qui per quindici secoli di fila fino all’editto di Carlo V del 1540. Stasera si replicherà qui un’altra profanazione, la cultura imposta di uno dei tanti presepi viventi. Ma non è più tempo di pensare ormai al fragile rispetto della cultura, al sentimento che raccomanda “ad ognuno i suoi luoghi”. Serrati gli usci delle botteghe di tintoria morte, oggi le persone non trafficano più, non si colgono più gli odori speziati della cucina tipica né i rumori della vita né i vocii se non il solo miagolio implorante della gatta bianca solitaria che si accovaccia sui gradini della Casa degli Spiriti. Ancora foto su foto, ma tristemente come per una storia irrimediabilmente ormai persa…, indocumenticabile. E gli occhi lucidi e conturbanti del felino non stanno più solo a guardarmi indifferenti, ora vorrebbero parlarmi. Non mi basta aver letto prima che la comunità ebraica “è qui vissuta in pace”: epitaffio sopra una civiltà svanita, un amen pronunciato troppo in fretta. Dalla “Casa degli Spiriti”, un tempo appartenuta alla famiglia di un’amica, sento provenire la spirale di un tormento. Un gemito o, forse, un refolo di vento da una porta interiore, più che interna, che si anima… Non si sarà destato il fantasma del Cavaliere insistentemente raccontato da una leggenda popolare fondana? Non sarà quello, invece, il suo pianto per questa nuova profanazione che tentano di infliggergli, una profanazione che si chiama “pub”. Una casa di comunità e cultura, luogo d’importanza storica accertata per la presenza di un battistero, di culto, di simbologie… E come può il fantasma di un “Cavaliere della notte” non dolersene già di giorno? Davanti alla loro casa natale sono certo che Giuseppe e Pasqualino De Santis, registi di tanti film importanti del cinema italiano, avrebbero rifiutato quella lapide d’orgoglio paesano e preteso dai sindaci più rispetto per i valori più impregnanti della comunità. Né avrebbe di sicuro taciuto il grande poeta Libero De Libero. Come una corda stesa in un vicolo tra due pareti contrapposte, il paese si gioca nell’ambivalenza di due immagini diverse, da un lato la superbia del castello e di alcune facciate di chiese, dall’altro la miseria di un mucchio di casupole da niente. E non parlo delle ambiziose ville degli arricchiti intorno ai mille spacci del M.O.F. e della politica. A sera il mio PC mi restituisce il blow-up delle 100 foto scattate il pomeriggio.
E tra queste domina una macchia bianca sulle mura del Castello, il velo trasparente di un fantasma (f.to 2) camminante, un’evanescenza implorante con le mani giunte (f.to 1). Forse quello di Giulia Gonzaga… La più spledida bellezza del rinascimento italiano, la giovane vedova di Prospero Colonna che si sottrasse con la fuga al rapimento di un Barbarossa predatore saraceno del Mediterraneo. E’ lei, che aveva saputo trasformare il suo palazzo in una corte di vita elegante, di cultura e d’arte, che continua a voler sfuggire ancora oggi ai nuovi travestiti corsari di questa città? © Sergio Andreatta – Fondi, 30.12.2008.
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Questo è, invece, il fotomontaggio di Beniamino Feula
Il fondano signor Beniamino Feula, detto Beny, mi manda questa foto per sostenere, sull’interpretazione della mia, l’antitesi di una semplice nuvola di fumo che starebbe uscendo da una finestra del Castello. Ma perchè un fantasma non potrebbe uscire anch’esso da una finestra? Assicuro, però sulla mia onestà intellettuale, di non aver visto proprio, nè io nè la mia accompagnatrice, alcuna colonna di fumo e di non aver poi tagliato o manipolato in alcun modo la foto, assolutamente “tale e quale” in originale e di non averla “montata”… (Cosa perfino banale oggi con alcuni programmi). Che ci possa, magari, anche essere un’altra spiegazione scientifica è più che probabile ma a me è venuto spontaneo, e da subito, pensare, chissà perchè, al fantasma di Giulia Gonzaga. E su questo ho, poi, costruito letterariamente tutto l’articolo. Non saprei dare altre spiegazioni fisiche del fenomeno e rimango semmai in attesa di altre più ragionevoli spiegazioni causative da parte dei miei più acuti lettori. Ma vedo che anche l’interlocutore fondano si dimostra, come me, abbastanza critico su un certo climax “politico”.