Timidi segni di ripresa dopo il Congresso internazionale di Berlino di due anni fa per tentare di salvarla.
C’era una volta la … favola. E non mi sorprende, quindi, che sia stato necessario, in questi tempi di internet e videogames, organizzare un congresso mondiale a Berlino per tentare di rianimarla. E del resto Bruno Bettelheim, massimo esperto di favole e autore de “Il mondo incantato”, alla fine del simbolico disincanto è morto lui stesso suicida.
Non si può dire che il mondo sia salvato dalle fiabe, forse non lo è mai stato, e meno che mai potrebbe esserlo oggi. Ma certo dell’importanza delle favola in educazione… Si è sempre detto che un bambino per crescere bene in certe tappe del suo sviluppo infantile aveva più bisogno di fiabe che di pane. Tutte le mamme più attente e le nonne, quasi compenetrandosi in un clichè, hanno per generazioni raccontato favole ai loro figli piccoli. Tutti i concorsi magistrali prevedevano un esame di letteratura dell’infanzia con escursioni abbondanti nel campo della favolistica classica. Si era consapevoli che quel mondo d’invenzione letteraria era davvero importante per varie connotazioni e implicazioni psicologiche, qualcuno asserisce, addirittura, fondamentale per un sano ed equilibrato sviluppo della psiche e dell’affettività dei bambini. Favole con morale dove animali antropomorfi simbolicamente ben rappresentavano i personaggi del vizio e della virtù, della colpa e dell’innocenza; fiabe di avventura e magia. E attraverso queste semplici, schematiche trame si proponevano identificazioni, attraverso questo slalom ludico, un po’ manicheo se volete, tra bene e male, sempre molto partecipato dai bambini, era possibile guidarli nella loro crescita. Tutte le mie maestre del IV Circolo didattico di Latina possono confermare, oggi, che persa ormai la favola è diventato più difficile il rapporto educativo e la stessa convivenza sociale. Favole bellissime, capolavori della letteratura dell’infanzia e favole orrende. Favole antiche di Esopo e Fedro, favole medioevali ricche di magia e di alchimia, favole classiche di Perrault (Cenerentola,), La Fontaine, dei Fratelli Grimm (Biancaneve), di Andersen (La Sirenetta), Tolstòj ma anche di Basile (Lo Cunto de li cunti), di Trilussa e quelle più moderne e attuali di G.Rodari, favole di ogni paese perché ogni paese ha avuto e ha le sue a testimoniare la costanza di un fenomeno culturale. Favole dove i ruoli sono ben distinti tra un protagonista e un antagonista e dove, con questi archetipi, si forniscono importanti riferimenti per lo sviluppo dell’affettività e dell’intelligenza. Ma i rapporti più complessi il bambino sembra capirli e giustificarli solo dopo, crescendo. Sono ben presto comprese da lui, invece, queste narrazioni di grande semplicità, rapide, che riflettono il buon senso popolare, legate alla necessità di sopravvivere e di far vincere il bene, di risolvere con saggezza i problemi che si prospettano, di trasmettere attraverso azioni di prudenza e moderazione messaggi di valore universale perché, come abbiamo detto, si riscontrano nella favolistica di tutto il mondo. I protagonisti, chiunque essi siano, riproducono atteggiamenti semplici, leggibili, eticamente riproponibili. Alla favola presiede sempre una sorta di razionalismo empirico, di buon senso popolare che spesso la stravince sul pensiero del dotto, che attraverso la sua pragmatica prudenza serve a demistificare le situazioni. Bruno Bettelheim è autore, tra l’altro, de “Il mondo Incantato” sull’uso, l’importanza e i significati psicanalitici delle fiabe. Scrive che le fiabe, oggi sembrano insospettire più di un educatore. E si chiede se siano davvero formative o se, con la crudeltà che a volte contengono, con la netta contrapposizione del Bene e del Male, esse non finiscano per essere diseducative. Al di là di tutto, il loro fascino sembra rimanere inalterato, salvo adeguarsi ai nuovi linguaggi mass-mediali ed informatici di rappresentazione. La fiaba, nel pensiero di B.Bettelheim, è una sorta di specchio magico in cui si riflettono paure, terrori, desideri repressi nell’inconscio, che il bambino accetta o supera riconoscendoli attraverso quel linguaggio fantastico da lui pienamente condiviso. Mitologia, antropologia, letteratura, cinema, psicanalisi, educazione c’è un gran movimento, anche di interessi economici, intorno alla favola ed è giusto, quindi, che l’editoria specialistica, per fare il punto, le abbia voluto dedicare a Berlino un congresso internazionale e un festival fino al 20 novembre 2005. Peccato soltanto che il più grande esperto mondiale, quell’affabile personaggio molto seguito che risponde al nome di B.Bettelheim, si sia fatto vincere, alcuni anni fa, dalla razionalità più estrema e, perso per sempre di fronte alla triste vecchiaia il senso della favola in cui pure a lungo aveva creduto, si sia dato alla fine il suicidio.
Sergio Andreatta, © www.telefree.it/news.php?op=view&id=19378