26th Ott, 2005

Tra crisi e utopia la realtà di Loppiano

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Giovani di tante culture per il dialogo e la fraternità

  

Si parte da Latina, Piazza Moro, alle sei, una trentina di persone in tutto su un vecchio pulman che ne poteva contenere almeno cinquanta.

Non si va allo stadio a divertirsi, andiamo a Loppiano.

Quella tormentosa nebbia che ci limita la visibilità ai cinquanta, centro metri ci intristisce.

A rompere il velo che ci offusca è, ora, una voce di donna anziana, emozionata…

E Cesira racconta, così, una storia che per me non esisteva…

 

 

Si parte da Latina, Piazza Moro, alle sei.

Una trentina di persone in tutto su un vecchio pulman che ne poteva contenere almeno cinquanta.

Ma si sa, non si va allo stadio a divertirsi o a uno studio televisivo e, allora, è sempre difficile per gli organizzatori assicurarsi l’en plein.

Andiamo a Loppiano, già…

All’altezza di Tor de’ Cenci sono già profondamente in crisi con me stesso, pentito di essermi aggregato, troppo lontana la meta e, poi, quella tormentosa nebbia, banchi fermi sulle vallette, che ci limita la visibilità ai cinquanta, centro metri e non vedere è, davvero, terribile quando si è in movimento.

A rompere il velo che ci offusca è, ora, una voce pacata, emozionata…

Cesira, l’anziana maestra in pensione, che abita vicino a casa mia viene a ridarmi la carica raccontando la sua storia …

Cesira è la mamma di Alessandro, il giovane ingegnere informatico cofondatore di una nota società di Latina, che un bel giorno decide…

Domani scriverò nel titolo:”Tra crisi e utopia la realtà di Loppiano“.

Ma parlare di che?

Della crisi sociale dei valori?

Sulla crisi culturale che investe anche i giovani si potrebbero scrivere non uno ma trecento, non articoli, ma saggi.

Più di tante sono, infatti, le definizioni di “cultura” studiate da Taylor.

Ma non è questo il senso, oggi, su questa vecchia corriera anche un pò fumante.

E sull’utopia, sui voli pindarici dei giovani quant’altro non si potrebbe ancora osservare?

Alessandro, racconta la mamma, dopo essersi fatto una sola domanda sul senso e l’unicità della sua vita decide improvvisamente di lasciare la famiglia e gli amici per andare in cerca di risposte.

A Loppiano, appunto.

Nelle braccia di quel Focolare, Alessandro Mammucari studia, si forma, collabora, coltiva l’ideale di donare la sua vita agli altri e per fare questo non c’è, mica, solo da diventare prete o suora, oggi.

In prossimità di Incisa Val d’Arno la nebbia è rarefatta.

Ora il fiume trasporta un’acqua fangosa tra i pilastri diruti di un antico ponte.

In quella corrente leggo il senso storico e filosofico del mio tempo:”Panta rei, tutto scorre…”.

Saliamo nel sole che si apre per i tornanti che portano al centro internazionale. I giovani, ambasciatori di tante nazioni, sono già lì per accogliercici come nostre guide.

Il nostro nome viene scritto su un cartellino autoadesivo appoggiato sul petto.

Entriamo in un teatro già pieno.

Due presentatori introducono brevemente il chiaralubichpensiero.

Ecco chi siamo, cosa facciamo…

E’ il pensiero vincente della seconda metà del XX secolo che tutti conoscono, qui tradotto semplicemente in pratica.

Un gruppo musicale, nell’eco dei Gen Rosso e Verde che sono i loro gruppi principali, ci edifica con belle canzoni dense di significato.

“Vivere”, sì vivere, ma come?

Le agitate bandiere della coreografia evocano le loro molteplici radici nazionali.

Siamo attratti dalla modernissima struttura a forma di ventaglio col tetto verderame, è la chiesa progettata da una ragazza, architetto che ormai vive qui dentro.

Altri ragazzi stranieri del Burundi, del Brasile soprattutto, delle Filippine, diplomati, laureati ci guidano per i viali, ovunque:alla chiesa dove celebra il vicario apostolico di Zamora y Chinchipe, terra di difficile scommessa dell’ Ecuador, al pranzo in un luminosissimo salone, agli attrezzati laboratori, agli atelier, alle piccole aziende.

Chi vuole accompagna Cesira a trovare il suo Alessandro nel piccolo cimitero di comunità dove riposa…

Se non fosse stato per questa grande scoperta spirituale chissà, si chiede lei, come Alessandro avrebbe vissuto la sua terribile malattia.

Ci guidano da Ciro l’artista che crea sculture con i più disparati materiali di risulta, al Laboratorio Azur i cui prodotti di moda sono dati in frachising a molti negozi italiani, al laboratorio di ceramica dove mani ispirate creano vasi e pregiate statuine artistiche, dal genio cinese che, non ricordo più come si chiami, scolpisce il ferro con la fiamma ossidrica.

Vedendo capisco meglio quest'”economia di comunità” da protocristiani o da comune socialista, dove tutti lavorano fraternamente per tutti.

Una frase regolamentaria mi colpisce:”…avere un concetto ideale dei superiori…”.

Penso, come un lampo, ai miei cento dipendenti e ai loro diversi concetti su di me…

Il soffitto è rivestito di tazebao di seta che riportano frasi dell’antica letteratura cinese, in fondo una “Madonna dell’accoglienza”, ispiratagli direttamente dalla fondatrice, e tutt’intorno “Orchestra”, mani e volti tesi nella melodia di antichi e sconosciuti strumenti musicali, e “Via della seta”, rappresentazione corale di un millenario legame diacronico, culturale ed economico tra l’Oriente e l’Occidente già incontrato nei suoi percorsi milionari da Marco Polo.

Il personaggio, grande artista premiato in varie mostre e alla biennale di Firenze, affascina ma non è un protagonista neanche lui in questa Comunità.

Si annuncia una delegazione di buddisti, spasima di incontrarli e, allora, lasciamo il campo libero dopo qualche fotografia.

Si ritorna a teatro per un’altra onda musicale e per altri messaggi di coesistenza pacifica fra i popoli, valorizzando la multiculturalità. Il refrain di Chiara, in questa che è la prima e più internazionale di ventisei Comunità sparse in tutto il mondo, è uno solo, evangelico: “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”.

Sarà, questa, la grande, semplice ma rivoluzionaria formula segreta?

Non lo so…

Certamente, oltre la vicenda umana della maestrina di Trento che ha fatto partire dalla sua città distrutta dai bombardamenti uno dei messaggi più potenti e incisivi di costruzione leggibili nella moderna storia della società, quello che mi ha colpito e catturato di più è stato il sorriso aperto e discreto, ospitale e non di circostanza dei giovani convenuti qui da tutto il mondo, la trasparenza della loro vista riflessa negli occhi, la grande serenità interiore che non è mai caratteristica naturale dei giovani.

“Allora, ritornerà?”, mi fa il giovane brasiliano di S.Paulo laureato in storia che si chiama, per una strana coincidenza, anche lui Alessandro e che mi ha affiancato per tutta la giornata.

Ritornerò?

Non lo so, forse, chissà…

Tornando in treno da Roma il giorno dopo… L’universitario napoletano che mi sta di fronte è assorto nella lettura di un libro:”Dalla cortina di ferro alla globalizzazione”.

Mi intrometto chiedendogli di che globalizzazione si tratti, se c’è un approccio economico, politico, massmediale o di altro genere.

Mi guarda stupito e mi chiede: “Che l’ha scritto lei?!”.

Gli racconto, allora, della globalizzazione ideale di giovani di 181 paesi del mondo, dell’esperienza del giorno prima.

Quei giovani di Loppiano.

Su quelle colline toscane si respira aria di multiculturalità di tutti i generi fuse intorno ad un ideale, come le sculture del cinese.

In corrispondenza della stazione di Latina il desiderio di saperne di più di quel giovane vorrebbe trattenermi a forza, ma non è possibile.

Mi stringe forte forte la mano, allora, e mi ringrazia con un grato bagliore negli occhi.

Non ci siamo neanche presentati.

Eppure…”Mi chiamo Alessandro!”.

Così lo lascio quasi sicuro che quel giovane tecnico, dagli stessi occhi profondi e trasparenti già visti il giorno prima, al primo interrogativo vero della vita andrà, anche lui, a cercare a Loppiano.

© di: Sergio Andreatta, 26.10.2005

Commenti

Sono Alex, il ragazzo napoletano incontrato in treno. Qualche settimana fa sono stato anch’io a Loppiano. Grandi, prima sconosciute, emozioni che consiglio anch’io agli altri. Grazie, dottore.

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