A Latina nell’area del Mercato settimanale.
La vasta area del mercato del martedì, già in subbuglio per via dei lunghi lavori di ristrutturazione in corso, trabocca oggi di banchi, bancarelle e teli per l’esposizione delle svariate merci di tutti i tipi, di tante provenienze, più o meno di qualità, più o meno convenienti.
400 banchi, ha calcolato qualcuno, tanto che i sette ettari di mercato, esclusa la parte ritagliata per il Comando cittadino dei Vigili Urbani e da qualche davvero malandato servizio che chiamare igienico è soltanto un eufemismo, sono tutti invasi da bancarelle e giostre sempre presenti, queste, per la gioia dei bambini. Lo spazio fieristico sembrerebbe non bastare più.
Ecco, i commercianti delle leccornie più squisite e originali, provengono tutti dalle regioni del Centro Italia ma anche dal Sud come dalla Puglia, dalla Calabria, dalla Sicilia e dalla Sardegna.
Oggi più di ieri c’è dappertutto una ressa indescrivibile di curiosi riversatisi qui dai paesi dei Lepini o accorsi anche dai Castelli e da Roma. Una grande occasione di struscio giovanile ma anche di scippo di borsette e portafogli, purtroppo.
Il Segretario generale della Confesercenti, Cosimo Perduto, era così contento dell’edizione della Lestra 2005 che, non stando più nella pelle, aveva lanciato l’idea, mai raccolta in seguito, di farla diventare una mostra-mercato itinerante per la Provincia. Ma il rimbalzo della palla non c’è stato, il suo intento non è stato colto. L’estate di S.Martino, in cui da sempre si fa coincidere la manifestazione, quest’anno ha anticipato i suoi tepori e le non bellissime e rigide giornate con la prima neve a imbiancare le cime dei vicini Monti Lepini, non stanno favorendo il grande afflusso delle precedenti edizioni e che si immaginava. Ma da stamattina brilla il sole.
Sui colorati banchi è possibile trovare di tutto, oltre il “mercato americano” particolarmente fornito, banchi di abbigliamento, scarpe, ferramenta, alimentari anche nei prodotti tipici, artigianato anche estero, peruviano, le piccole sculture in tagua, avorio vegetale, dell’Ecudor, le sete della Cina, l’elettronica, il vasellame artistico di mani e laboratori creativi, il ferro battuto.
Una visita non inutile da ciò che si può vedere e viene offerto. Ma è presente anche una notevole e invadente colonia di abusivi, nigeriani, magrebini e cinesi con i loro traffici di merce contraffatta e di cianfrusaglie dozzinali. Neanche l’ombra, invece dei vigili urbani che pure hanno i loro uffici a un tiro di schioppo, proprio ai bordi del mercato.
Nell’insieme questa fiera mi sembrerebbe, però, più volgare e povera di richiami rispetto a quelle di una decina d’anni fa; mancano, ad esempio gli artigiani umbri e toscani con i loro prodotti di qualità. La qualità, ecco, sembra proprio che sia quella l’essenza mancante! Ma, forse, non è neanche questo il posto giusto dove cercarla. Ci vorrebbe un po’ più di originalità, comunque, a reinvenzione della formula. Tutti sanno, tra l’altro, che la Fiera della Lestra è storicamente… una “bufala” perchè non è mai esistita in realtà! Una tradizione inventata da qualcuno e nient’altro, un’occasione commerciale delle tante che si propongono qua e là, non essendo mai realmente esistita in tempi di palude.
La Lestra, es. la Lestra Zaccheo, era soltanto una povera capanna di canne e frasche, a forma tondeggiante per lo più, dove gli stagionali lestraiuoli si riparavano per la notte nel periodo in cui portavano pecore e armenti a pascolare in palude, nel periodo della piccola transumanza da monte a mare che andava dai giorni subito dopo la vendemmia fino alla primavera, nel periodo in cui l’anofele temendo il freddo non li punzecchiava.
Di lestra ne sopravvive ancora qualcuna, perfettamente ricostruita, come nel Parco Nazionale del Circeo per documentare antropologicamente con un fotogramma una fase della povera vita di lavoro dei tempi prima della bonifica. Ecco, allora, al centro della capanna un focolare di pietra e sui lati miseri e spesso impidocchiati giacigli di paglia e foglie di sorgo. Sullo spiazzo esterno antistante la capanna o un piccolo arcipelago di due, tre capanne riunite insieme, sfidando i rischi della malaria, probabilmente arrivava di tanto in tanto a cavallo qualche venditore di carabattole per rifornire i guitti delle robe a loro più necessarie. Uno scambio miserabile in una cesa tra le farnie della grande Selva di Cisterna, in Marittima, tra esistenze sempre al limite della stessa sopravvivenza.
Qualche baratto di cose, in cambio di formaggi e poco altro, qualche attrezzo o una camicia di fustagno: ecco, soltanto questa era in origine la vera “fiera della lestra” e questa del 2007, nell’enorme spianata di tende, a sera illuminate di luce propria ma anche dai due nuovi altissimi piloni di 25 m., è oggi il parto di una fantasia imprenditrice più che della labile memoria storica di un genius loci che non è mai esistito.
Ma se anche è così, proprio nella logica del “business is business” si deve cominciare a pensare alla rifondazione di questa manifestazione pontina con un contributo di idee volto alla promozione della qualità. Alla vendita di tutto il resto, oggettistica e cianfrusaglie globali, basta già, e anzi avanza, il mercato settimanale del martedì. Fuori, allora, con idee nuove e con la valorizzazione delle nostre tipicità pontine! © di: Sergio Andreatta