Due Parole (1)
LA VIOLENZA?
Nuova occasione, dopo i recenti fatti di cronaca ripresi dai tg di tutto il mondo, per farci venire in mente alcune domande… I giovani capiscono, c’è da chiedersi, l’uso della violenza come “grammatica per forzare i discorsi”? Sì e a volte la usano anche consapevolmente per esprimersi senza tener conto delle conseguenze. Chi sono, forse giovani alla deriva, che non si sentono socialmente apprezzati e che perciò tentano di farsi apprezzare a loro modo? Non solo loro… Per una reazione quasi meccanica alla disattenzione dei genitori, i bambini trascurati fanno i capricci per mettersi in mostra, mettersi al centro e attirare così l’attenzione su di loro. Una reazione simmetrica che si scatena anche da adolescenti, ma con più virulenza. Ragazzi contro. Fragilità, malesseri, disagi e poi, ecco, la reazione. Quasi una risposta, ma nella cultura dell’eccesso, per dimostrare a tutti di esserci. Colpa di chi? Della società e della famiglia in crisi che hanno rinunciato ad educare quando era il tempo? Sì, purtroppo! Senza voler generalizzare, in alcuni casi sembra smarrito ogni valore di riferimento e di moderazione. Non dicono più nulla, così, la famiglia, la scuola, le ideologie della religione, del partito e dello sport come faticosa pratica per l’affermazione sana di sè… I giovani, anche quelli buoni, quelli che non si… fanno con alcool e droghe, finiscono per riconoscersi sempre meno nella famiglia e sempre più nel gruppo di pari e nelle sue dinamiche, si rifuggiano nel branco e nelle sue ragioni, pensano e condividono con i compagni un progetto di vita più immanente, concreto e diffusamente più relativista. Non tutti naturalmente, ci sono per fortuna virtuose eccezioni, ma certamente molti di quelli che, non proiettandosi in progetti di lunga gittata, “esistono” alla giornata, vivono così tanto per vivere perché non se ne può far a meno, abbarbicati al crudo e fragile esistenzialismo dell’ “hic et nunc”, come sia. Ragazzi a volte frustrati dalle esperienze domestiche, precocemente passivizzati dalle batoste della vita, che hanno sofferto su di sè in un certo momento tutta la trascuratezza del mondo. Ragazzi fragili. Ragazzi che non amano il potere dovunque s’annidi, ma che sentono comunque premere dentro di sè una forte compulsione che deve erompenre ed emergere in qualche modo. E’ una questione dinamica ma anche di recupero, sia pure in modo distorto qualche volta, della propria autostima. Ed ecco il gioco subìto dalla persuasione, più o meno occulta, di qualcosa e qualcuno, un qualunque grande fratello che affascina, una ribalta che suggestiona. Il successo innarivabile per alcuni deve arrivare ad ogni costo, perchè piace, gratifica, rimarca. Ragazzi che non hanno grandi possibilità di scalate per merito (ma ce n’è, poi, in questo Paese?), o di arrivare a traguardi invidiabili ma neanche a quella… raccomandazione-chiave che serve ad aprire oneste strade professionali. Ragazzi con la gelosia coltivata dentro, in preda ad una rabbia profonda, talvolta all’odio. Ragazzi in cerca di un protagonismo antagonista, alla fine pronti a tutto, alla sopraffazione sull’altro, sul debole, anche alla violenza di genere sulle donne, già instradati alla pratica dell’auto- o dell’eterodistruzione. © Sergio Andreatta
(Ripreso dal quotidiano La Provincia del 26.11.2007, pag.22).