Il rischio della conoscenza
Dal mitico tabù dell’albero della conoscenza del bene e del male, “mito simbolico” sull’ineffabilità del mistero, alla necessità “sine qua non” di conoscere dell’uomo (adam). L’adattamento all’ambiente e alle situazioni e la necessità di conoscere per la sopravvivenza della specie sono alla base dell’evoluzione e del progresso dell’umanità… E partendo da un’esperienza comune ecco alcuni spunti del prof. Sergio Andreatta per una riflessione filosofico-religiosa.
Breve esperienza di cammino spirituale con rare persone non suggestionate da un irrefrenabile desiderio di consumismo piuttosto che dalla ricerca di sé e di Dio.
Dell’interessante esperienza, una sosta di soli due giorni nel “deserto” dell’eremo di S.Egidio, in quel di Frosolone, ho scritto in un articolo precedente.
Non è stata soltanto l’occasione per conoscere il luogo sacro dove vive e opera l’eremita francescano padre Luciano Proietti, di cui sono stato indegnamente chiamato in precedenza a presentare a Latina il suo libro “Elogio della Vita solitaria”, Effatà Editrice, Torino – 2008.
“Ho trovato il luogo / dove scendere / alle radici del mio cuore / e delle ragioni della vita. / Ho trovato il luogo / in cui abitare con Dio / e avere tutto il tempo / per ascoltarlo, / parlargli, capirlo / e farmi prendere da Lui. / Ho trovato il luogo / dove Dio mi aspettava. / Nostalgia di farmi fanciullo / in questo grembo materno / di pietra, / come Adamo all’alba dei tempi” (“Elogio della vita solitaria”, pagg. 96 – 97). Così intensamente scrive Proietti del suo “buen retiro” montano.
Nell’ospitale piccolo refettorio claustrale due giovani responsabili del Cammino in Spes leggevano il documento conclusivo, una proposta intorno alla domanda “Adamo, dove sei?”: passi e passaggi di un programma per un altro anno di cammino insieme che vede il Gruppo riunirsi “in ardente preghiera del cuore” una volta la settimana presso il Monastero di S. Chiara di Latina. Solo così (ma si può dire solo?) questo Gruppo si rinforza e si sviluppa diffondendosi in discrezione ogni giorno di più tra gli amici, per lo più pontini impegnati nella quotidianità, senza chimere per la testa, giovani che vogliono bene a se stessi e allo spirito di Dio che li guida. E non so quando nel tempo e non so neanche come tra il Gruppo e l’eremita si sia intrecciato un rapporto che sembra duraturo, nato forse attraverso il… Molise. Molisano di un paese limitrofo all’eremo è, infatti, Daniele uno dei fondatori di Spes.
***
“Adamo dove sei?”, una domanda anche per un tentativo di analisi sulla retrospezione dei grandi miti delle origini.
Tornato a Latina Daniele Efficace mi inviava una foto densa di simbolismi: nel giardino dell’Eden di Padre Luciano (retrostante la chiesina del ‘700) il serpente tentatore striscia in discesa dal tronco del melo mentre due piedi antagonisti (di due del gruppo) si apprestano a schiacciarlo sulla roccia (= saldezza), secondo la migliore interpretazione iconografica, o magari (perchè non si può mai dare per scontato il finale) ad esserne anche morsi… Mancherà ogni certezza sull’esito. Questa curata rappresentazione (del serpente e delle mele) per ricordarci il disorientamento ma anche la ricerca di senso che accompagna l’uomo contemporaneo, scenografia di plastica installata tra tante pietre modellate dall’erosione del vento e dell’acqua, tra una disseminazione di statue, soprattutto di bronzo, parlanti semplicemente del Vangelo di Gesù, tra tante piante piccole, ma che promettono già una rapida crescita in un disegno di riparo estivo del pellegrino che sopraggiunga fin nella solare pietraia.
E ora alcune veloci considerazioni sulla simbologia evocata (sul “mito simbolico“ come lo definisce G. Ravasi). “Adamo, dove sei?” sta per: “Uomo, in questa notte complessa e cangiante della nostra civiltà, ti sei forse perso?” Ma ogni forza del mito biblico, come ebbe a scrivere una volta mons. Gianfranco Ravasi, sta nella sua capacità di indagare sui misteri con il metodo più confacente alla mentalità e alla cultura dell’epoca in cui il mito venne divulgato solo come forma di migliore comunicazione (questa è la sua tesi ma in realtà, si osserva, ogni comunicazione non è mai “neutra” perchè tende sempre ad un condizionamento, ad un legamento-religio), non comunque con l’occhio della moderna scienza e della paleantropologia e della cosmologia. Ecco perchè la Bibbia non può avere alcuna pretesa di scienza, sia pure soltanto storica ma di indirizzo di sapienza e teologia… Quasi impossibile, allora, rispondere o meglio a ciascuno, secondo la sua interiorità, il tentativo di risposta.
La mela dell’albero della conoscenza con la sua invogliante e profumata bellezza rappresenta l’insopprimibile e libidico desiderio di amore e di conoscenza, a cominciare da quella carnale, sia per Eva che per Elena di Troia che per le tradizioni orali di tanti popoli antichi. Il bene e il male, posti come tabù iniziale, che non si voleva si conoscesse, rappresentano però la tesi-antitesi di una libertà di scelta che alla fine Dio stesso, in una sorta di compromesso con le sue iniziali intenzioni, deve riconoscere al libero arbitrio dell’uomo, alla sua indipendente coscienza messa in crisi e in situazione di decidere “da e per sé”. La disobbedienza è il peccato che per primo si focalizza ma che rappresenta anche il distacco e l’inizio di una crescita personale, benchè la cacciata dall’Eden prefiguri momenti di dolore sia per Eva (“con dolore partorirai figli”) che per Adamo (“Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra…”). Buio pesto, quindi, per una morte annunciata…
Il serpente è l’attore brillante che tiene la scena da protagonista, l’animale antropomorfo di non comune intelligenza che interpreta il copione di chi induce, ieri come oggi, al cedimento, ai compromessi (il più grave dei quali, guardando all’oggi, è certamente in politica) ma anche allo sviluppo della propria critica e indipendenza.
Al desiderio, alla tentazione-corteggiamento per umana debolezza spesso si cede, specie se essi rappresentano un desiderio anche psico-fisico di amore, di rapporto con-sessuale. Sembra, infatti, che il vero serpente rappresenti, non soltanto per la psicologia del profondo e altre tradizioni antiche (es. cinese) l’organo sessuale maschile in stato di erezione e che mangiare la mela voglia dire, quindi, cedere al desiderio più naturale per ogni specie, non soltanto quella umana, che attraverso esso si perpetua. Ma il peccato, comunque ti si rappresenti, dopo rattrista. Rattrista anche l’amore fisico dopo, “Post coitum vir tristis” dicevano i latini… Come una religione si perpetua nei riti, la specie umana si perpetua mangiando le mele proibite del giardino delle origini. Il mangiar mele della Genesi rappresenterebbe, quindi, il senso di mortalità (forse da originario peccato), di “finitudine” che deve essere superato, cercando di “andare oltre” con una subblimazione o con la nascita di figli. Tra paradiso perduto delle origini (utopia) e ricerca perpetua di ritorno (crisi) l’uomo di ogni tempo vive le sue altalenanti ambivalenze e “in gran tempesta di pensieri ondeggia” (Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata, Canto X, III). Questo mi viene in questo momento da pensare come personale interpretazione antropologico-culturale, in qualche modo collegabile con la riflessione religiosa… dove “l’albero della conoscenza” parte già nell’Eden dal desiderio disobbediente a Dio, che è però anche desiderio di crescita della propria umanità, e da una curiosità di conoscenza non soltanto intellettiva senza la quale non ci sarebbe stato alcun progresso scientifico ma, prima di tutto, da un desiderio di conoscenza e di soddisfazione carnale. Senza il diavolo e senza la tentazione non saremmo che uomini-schiavi, “minus habentes” senza meriti, se non quello della passiva obbedienza, per la scommessa (“le pari” di Blaise Pascal) della salvezza. Attraverso la fede, certamente, ma anche attraverso la conoscenza (la sempre più attuale e moderna “fede di Tommaso”) noi possiamo riscoprire la scintilla divina che è in noi e ricongiungerci in qualche modo con le nostre origini perdute nel paradiso terrestre… E così che Dio, come la mamma più amorevole, non soffocando un originale desiderio di scoperta e di crescita di ogni anima, ha benevolmente permesso e permette ai noi suoi figli (perché non può amare, credo, lo stato di sudditanza) lo sviluppo responsabile (perfino tollerando quello irresponsabile) di ogni singola autonomia interiore. Sergio Andreatta
www.andreatta.it – blog statistics
At present here there are 402 original articles
and 710 comments in 15 top tags .
Un serpente vero
Se ne incontri uno che fai?
In quanto al serpente, il giorno prima della partenza mentre raccoglievo a Borgo Bainsizza alcuni cesti di prugne per l’eremo, uno mi strisciava a non più di un metro davanti ai piedi. Lungo 80 cm. – 1 m. con una divisa di brillanti anelli giallo-verdi sul dorso. Una vipera, un colubrus, un biacco o chissà che?… E subito, istintivamente, ci siamo guardati con timore negli occhi, nelle difensive temendo ognuno l’improvvisa e scattante reazione dell’altro… La mia tentazione, favorita dalla tipica paura inconscia che emergeva e dalla varia cultura ereditata in proposito, sarebbe stata quella di ucciderlo subito lanciadogli la forbice da vite che avevo nella tasca posteriore dei jeans o magari, due minuti dopo, di arrostirlo nel fuoco dentro il mucchio di rami secchi dentro cui aveva trovato provvisorio rifugio. Ma dominando questo deleterio impulso-tentazione rimanevo immobile mentre riflettevo:”Se esiste, e proprio qui, deve avere un suo preciso significato, un valore ecologico” e così gli ho fatto grazia della vita. Ieri l’ho, non più visto, ma udito strisciare sulle foglioline secche di una contenuta siepe di bambù dove forse ha posto il suo covo. E’ questa, forse, la presenza discreta di una tentazione destinata a continuare?… Sergio Andreatta