5th Set, 2009

Picinisco e i suoi molti vincoli allo sviluppo

               

 

“ L’obiettivo cui pensiamo sarebbe quello di promuovere un diverso rafforzamento della gestione partecipativa del Territorio, di migliorare il livello di integrazione tra il Parco e le Comunità Locali, di favorire uno sviluppo nuovo e sostenibile delle risorse nel rispetto dei primari ed irrinunciabili obiettivi naturalistici e culturali ma, compatibilmente, anche con le non trascurabili esigenze di vita sociale ed economica del paese. Respingiamo con forza  l’idea di un “congelamento”preservativo dell’ambiente che abbia in sé una qualche idea di morte pur abilmente  mascherata con abiti di vita”. (Sergio Andreatta)  wpit88x31

   

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Picinisco e i suoi molti vincoli allo sviluppo.

Una questione snobbata.

di Sergio Andreatta

Con 62,02 km2 di superficie di cui 37,70 km2 (60,8%) compresa nel perimetro del P.N.A.L.M., Picinisco nel versante laziale del Parco Nazionale è di gran lunga il primo comune tra quelli del Lazio (in ordine decrescente: Picinisco,

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Settefrati, San Biagio Saracinisco, Campoli Appennino, Alvito, S.Donato Val di Comino, Vallerotonda) e del Molise (Pizzone, Castel S. Vincenzo, Scapoli, Filignano, Rocchetta a Volturno) e quarto in assoluto preceduto soltanto da tre comuni abruzzesi (Pescasseroli, Opi, Bisegna) e seguito da tutti gli altri (Barrea, Civitella Alfedena, Villavallelonga, Gioia dei Marsi, Scanno, Ortona dei Marsi, Lecce nei Marsi, Villetta Barrea, Alfedena). A buon diritto, quindi, a Picinisco, che presidia dall’alto la suggestiva Val di Comino verso Prati di Mezzo, le Mainarde e il tetto de La Meta (m. 2241), può essere riconosciuto il titolo di capitale del versante laziale del Parco Nazionale.

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Un’impegnativa consegna, non c’è dubbio, per un immenso patrimonio naturalistico unico per paesaggio orografico, idrografico, per flora e fauna, per clima (il che non è poco in questa fase di avanzante innalzamento delle temperature estive). Eppure… quanti vincoli, giusti – forse – se si vuole pensare soltanto alla conservazione integrale dell’ecosistema con l’idea di preservarlo e consegnarlo ai posteri.  Quanti vincoli e quanti pochi benefici in termini di ricadute socio-economiche. La capitale storica del Parco, Pescasseroli, patria della meritoria famiglia Sipari e del filosofo Benedetto Croce (fondazione Pro Montibus et Sylvis), o la vicina Scanno raggiungibili a cavallo, o anche a piedi, sono davvero lontane. Non soltanto separate fisicamente dai Tre Confini o dalla Forca d’Acero, ma soprattutto distanti per le sovrabbondanti attenzioni che hanno saputo vantaggiosamente catalizzare su di sè fin dalle origini del Parco.

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Lì si è permesso di  investire per un compatibile (ma talvolta anche non compatibile e perfino discutibile) sviluppo della società. Le pressioni politiche e quelle speculativo-imprenditoriali, sono spesso riuscite a by-passare lì le restrizioni regolamentari del Parco in nome di un progetto e di una costruzione. Ci sono state tolleranze e deroghe, talvolta anche significative, ai rigidi protocolli statutari. In questo clima politico di diversa interpretazione delle regole e di diversa e più consenziente flessibilità a Pescasseroli e dintorni è potuta sorgere così una solida economia turistica e sportiva, sono state costruite ben altre infrastrutture (coerenti ma anche incoerenti, talvolta, con le finalità del Parco, Ente Autonomo), create opportunità di lavoro per i giovani che sono intervenute a frenare importantemente l’emorragia dell’emigrazione.

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Insomma una diversa politica di promozione economica e di sviluppo sociale che si è tradotta in progetti di miglioramento della vita degli abitanti. A Picinisco c’è solo (e non è poco in verità) il libero godimento del Parco da parte di visitatori anche poco incentivati e, in paese, un apprezzato rispetto dei connotati architettonici peculiari lasciato al libero arbitrio e al gusto culturale delle singole persone. 

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A Picinisco, sentinella di grande merito nella preservazione naturalistica integrale del territorio, appena una saltuaria promozione ma niente sviluppo, anzi quasi una condanna all’immobilismo e per le connesse deprivazioni è finita col crescere e diffondersi la rinuncia all’intelligenza creativa e una pericolosa carenza d’iniziative, seppure il Consiglio Direttivo del Parco potrebbe facilmente dimostrarci che qualche flusso economico, a titolo di compensazione o di risarcimento, è pure entrato nelle casse del Comune e nelle tasche dei pastori.

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Noi pensiamo, invece, ad una cultura ambientalista permeata di economie, sia pure non invadenti, equilibrata, guardinga e rispettosa dei valori, ma fatta pure di opportunità, di alberghi, centri benessere, centri sportivi, ecc…, di altre complementari opportunità oltre quella povera del solo escursionismo ecologista o del passaggio a piedi, una volta l’anno, dei pellegrini diretti a piedi al Santuario della Madonna del Canneto

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che non ha mai portato ricchezze al paese. Noi pensiamo alle occasioni di lavoro che non mandano i giovani in Scozia, Irlanda, Canada, ai requisiti, sine qua non, da costruire qui per vivere e far vivere meglio in valle, ad alcune condizioni che si sarebbero già dovute impiantare, anche sopra Prati di Mezzo, senza troppi veti. Sembrerebbe esser stato dato a Pescasseroli, invece, quello che sembrerebbe esser stato negato, sia pure minimamente negato anche in altre provvidenze, a Picinisco e ad altri centri. Ma col proibizionismo e col negazionismo delle opportunità oggi necessarie ad una nuova economia non si costruisce il futuro.

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L’obiettivo che abbiamo in mente sarebbe quello di promuovere un diverso sviluppo della gestione partecipativa del territorio, di migliorare il livello di integrazione tra il Parco e le Comunità Locali, di favorire ogni sviluppo sostenibile con i primari obiettivi ambientali e culturali compatibilmente, però, con le non trascurabili esigenze di vita sociale ed economica del paese.

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Noi preferiamo pensare che la tutela dell’ambiente (saggiamente prevista dall’art. 9 della Costituzione)* non possa mai arrivare fino ad un decreto di espulsione e di morte civile per l’uomo che lo abita. Un ambiente non vivificato dall’uomo, che in esso non trovi condizioni e opportunità per viverci dignitosamente, considerato che anche i pastori sono una generazione di lavoratori in via, se non di estinzione, di drastica riduzione (ora al 10% di quanti sono stati censiti nel 1950), finisce col tempo per declinare irrimediabilmente esso stesso. E una volta che la montagna piciniscana fosse stata definitivamente abbandonata chi ci avrebbe guadagnato?  Penso che il Consiglio Comunale, il Consiglio Direttivo del P.N.A.L.M. e il Consiglio Regionale del Lazio, per le comuni e per le distinte competenze, abbiano più che sufficiente materia per interrogarsi sul presente e sul futuro di un territorio montano cui non si può continuare soltanto a richiedere ingrati sacrifici. Sergio Andreatta, di cultura ambientalista non fondamentalista© – Riproduzione riservata

            

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Picinisco porta laziale per le Mainarde, finestra con vista dall’alto sulla Valle di Comino. Un pomeriggio d’inizio settembre. (Foto Sergio Andreatta)

 

*  La storia della tutela del paesaggio italiano

è vecchia di quasi un secolo: da un’iniziale tutela del patrimonio artistico dei monumenti la salvaguardia si è poi estesa anche agli elementi paesaggistici.

Fra le prime leggi in materia ricordiamo la legge Nasi (n. 149) del 1902, la n. 364 del 1909 e la legge n. 668 del 1912, che estendeva la validità della legge n. 364 a ville, parchi e giardini, in sostanza la prima legge a tutela del paesaggio.

Con la legge 12 luglio 1923, n.1511, veniva istituito il Parco Nazionale d’Abruzzo (poi P.N.A.L.M., Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio, Molise), legge ampliata da successive integrazioni e modifiche.

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Nel 1939 la legge Bottai (n. 1089) – per i beni culturali – e la legge n. 1497 – per la protezione delle bellezze naturali – fissarono principi e procedure per la tutela del patrimonio monumentale e paesaggistico, restando a fondamento della tutela per più di cinquant’anni.

All’epoca si prevedeva solo la tutela di componenti eccezionali presenti in modo saltuario nel paesaggio, come ad esempio particolari panorami.

La Costituzione della Repubblica Italiana pose alla base dei suoi principi, nell’articolo 9, la necessità della tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione“.

È importante sottolineare come la presenza di questa dichiarazione di principio nella nostra Costituzione ha poche analogie in altri Paesi.

Una svolta nella tutela ci fu negli anni ’70 (1972-1977), quando fu trasferita alle Regioni la tutela paesaggistica, lasciando allo Stato soltanto un potere di controllo.

Nel 1974 venne istituito il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, riconoscendo in tal modo definitivamente l’importanza della tutela.

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Nel 1985 si giunse all’innovativa legge Galasso (n. 431) in cui si introduceva la valutazione del contesto in cui i singoli beni artistici ed elementi del paesaggio erano inseriti.

Avemmo poi la legge sulle autonomie locali (n. 242/1990) e la legge quadro sulle aree protette (n. 394/1991) che costituirono un’ulteriore svolta nella salvaguardia.

Da ricordare inoltre l’opera di stimolo che cominciarono a esercitare Italia Nostra, Club Alpino Italiano, Touring Club Italiano e altre associazioni.

Nel 1998 (d.lgs. n. 368) viene istituito il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e nel 1999 venne emanato un Testo Unico (d.lgs. n. 490), per tentare di riunificare il complesso sistema di normative sull’argomento in un solo documento.

Nel 2004 venne introdotto il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42), conosciuto come Codice Urbani, attualmente legge quadro per tutto il settore, con una riorganizzazione concettuale e normativa delle disposizioni precedenti.

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Commenti

Finalmente qualcuno che osa mettere in discussione una politica a due binari, dove quello dell’alta velocità economica porta sempre a Pescasseroli.

Se si pensa all’uomo, forse si riesce a pensare un pò meglio anche all’ambiente.

Dottore,
grazie per gli spunti preziosi.

Il Parco una grande cosa non ancora decollata del tutto.

Come posso fare per avere una copia di queste belle fotografie?

Le foto, sig. Iaconelli, sono soltanto alcune delle tante scattate a Picinisco e dintorni. Qualcosa di un genius loci che m’intriga.

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