PREFAZIONE di Sergio Andreatta
alla pubblicazione di Franca Gataleta: “Dalla palude pontina a… Latina” (in rime baciate).
Furono i Volsci per primi a provare
in che modo la terra si poteva sanare
fondando città dai nomi un po’ strani
…
Così in modo semplice, scorrevole come l’acqua di un canale pontino, seguendo una ritmica musicale intrinseca al suo rigo breve, nella rima proposta si sviluppa la veloce sequenza diacronica della nostra storia, dalla civiltà italico-volsca fino ai latini, ai romani, alle tormentate e spezzettate vicende del Medio Evo, allo Stato della Chiesa e ai tentativi di bonifica operati dai papi, fino agli anni trenta del Novecento in cui, per i progressi raggiunti dalla scienza e dalla tecnica, soprattutto idraulica, e per la favorevole situazione politica del regime dittatoriale di Mussolini, fu resa possibile la bonifica integrale. Naturalmente la vicenda pontina nello scritto di Franca Gataleta prosegue oltre quei tempi fino ai nostri giorni, dopo l’affermazione del piano agricolo (la battaglia del grano), fino allo sviluppo industriale favorito dalla Cassa del Mezzogiorno negli anni Sessanta e all’attuale progressiva deindustrializzazione. Ma che cosa fu veramente la bonifica integrale su cui si incentra il protagonismo della nostra storia locale? L’aggettivo “integrale” sta certamente ad indicare una bonifica a più dimensioni, dalla pagina idraulica della palude a quella viaria (migliarizzazione), a quella agraria della coltivazione intensiva (poderizzazione) dell’Agro, a quella sanitaria del debellamento della malaria, a quella sociale urbanistico-edilizia con la fondazione delle “Città nuove”, senza mura, a quella economica col sollevamento dello stato finanziario delle famiglie con nuove occupazioni (agrarie, industriali, dei servizi,…). Quando c’erano le paludi la coltre d’acqua, spesso mortifera, ricopriva col suo velo tombale tutte le storie che si erano potute stratificare nelle epoche precedenti, preservandole però per noi. La stessa “regina viarum”, la consolare Via Appia, il vero perno testimoniale della nostra storia per oltre ventitre secoli veniva in parte ricoperta e abbandonata dai traffici a beneficio di una più salubre strada pedemontana. Lungo la Via Appia, vera internet della civiltà romana, erano passati tutti gli influssi culturali provenienti dal vicino Oriente e dalla Grecia, cioè dal mondo antico che Roma cercava per i versi migliori di imitare. Passavano gran parte delle legioni che andavano a combattere e a conquistare i nuovi confini, passavano le economie verso l’“urbs caput mundi” che non andavano per mare sbarcando ad Ostia. E c’era una città, più che un villaggio anche importante, antesignana delle future Littoria (1932) – Latina (1945), era Suessa Pometia (che sembra abbia dato il nome alla Valle dell’Astura e alla regione: pometina–pomptina–pontina) poi, dopo una distruzione, nuovamente rifondata col nome di Satricum. Le condizioni topografiche più favorevoli, un piccolo costone rialzato sul fiume Astura ne avevano permesso la nascita e il suo grande sviluppo (da iniziale villaggio di capanne a città con più di 20.000 abitanti). Sulla sua acropoli troneggiava l’ultimo, il più maestoso dei tre templi arcaici della Mater Matuta, dea della luce dell’aurora, del parto, della vita che si riproponeva all’infinito. Ora un progetto in rete tra le scuole di Latina (“La conoscenza del territorio pontino prima della bonifica”), favorito dal patrocinio del Comune di Latina, Assessorato alla Pubblica Istruzione, ha dato il là ad uno studio di recupero didattico del passato. Quasi a destare la coscienza sulla nostra essenza culturale. E chi ha inteso impostarlo in un modo e chi in un altro, libero ogni insegnante nel suo processo di scegliere in autonomia l’approccio più congeniale al suo contesto e al suo metodo. La maestra Franca Gataleta, per la sua classe seconda della primaria “C. Goldoni” – IV Circolo didattico di Latina, ispirandosi a note fonti documentarie ha scelto la strada della poesia semplice, rinforzata dalla rima.
Durante il medioevo i territori malsani
furono acquisiti dalla famiglia Caetani:
la palude divenne territorio di caccia
della bonifica non esisteva più traccia…
Anche Leonardo s’interessò al tema
ma la palude fu sempre un problema…
Lo scavo di un canale voluto da Pio VI
sottrasse alla palude parte del dissesto
e la via Appia, sommersa dalle alluvioni,
fu restituita alle sue originarie funzioni.
S’arrivò poi alle prime decadi del novecento
tra tentativi, prove, delusioni e scontento
ma il mostro oramai era destinato a morire
era scoccata la sua ora: doveva scomparire.
Vennero prosciugati di seguito molti pezzi
che videro coinvolti ingenti uomini e mezzi,
furono costruiti macchine idrovore e canali
e chilometri e chilometri di arterie principali.
Si disboscarono a blocchi i terreni incolti
destinati alla semina e ai rinnovati raccolti,
si fondavano i nuovi centri e i borghi rurali
con le case coloniche, i poderi e gli animali…
(Franca Gataleta).
Originale e notevole l’impegno dell’insegnante, così la sua ricerca-azione didattica risulterà sicuramente molto gradita non soltanto ai suoi alunni nell’età ancora dell’attrazione per le filastrocche, ancora impigliati nella suggestione per le rime. E anche se per Eugenio Montale (Le rime, da Satura) “Le rime sono più noiose delle / dame di San Vincenzo: battono alla porta / e insistono. Respingerle è impossibile…” questo breve “poemetto” tra le tante esplorazioni tentate della storia locale oggi rappresenta sicuramente una via nuova.
Sergio Andreatta, dirigente scolastico del IV Circolo didattico di Latina e scrittore.