30th Dic, 2007

Italia delle precarietà

 

Nell’articolo di fondo de La Repubblica di oggi,  30 dicembre, (Adesso qualcuno dall’alto aiuti Dini) Eugenio Scalfari tra l’altro scrive:

Il 2007 si chiude. E’ stato l’anno del distacco…: distacco, indifferenza, riflusso.  

 Insicurezza. Precarietà, psicologica prima ancora che professionale. Sensazione di impoverimento, in basso come in alto. Perdita di senso. Subentra solitudine. La scelta di fare da sé alla lunga non paga se non c’è più lo sfondo pubblico entro il quale collocare il proprio talento e la propria intraprendenza. L’anno che sta per chiudesi è stato terribile da questo punto di vista, ma ci consegna almeno quest’insegnamento: la dimensione privata distaccata da quella pubblica non produce ricchezza morale né materiale. Siamo diventati amorali e asociali. Fiori finti invece che fiori freschi, senza profumo senza polline, senza miele. Penso e spero che nel nuovo anno la gente metta a frutto questa lezione; butti alle ortiche l’indifferenza, riacquisti l’impegno civile”…

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Già il sociologo Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, nella presentazione del 39° Rapporto aveva puntato il dito su una “società italiana di individualisti”. E’ lo stesso concetto, pericoloso. Pericolosissimo per lo sgretolamento di un’etica civile, pubblica, condivisa e per la rimessa in discussione e l’aggressione dell’idea stessa di Repubblica come “res pubblica”. Ecco dove nasce la sensazione di un declino del Paese. Su questa precarietà di valori. Qui c’è il rischio di un progressivo smottamento generale. I cittadini sentono di non aver più fiducia nelle istituzioni, di dubitare di tutto e di essere vivi, magari solo, in questo e per questo (dubito ergo sum) dubitare. Ma questa è filosofia kantiana della ragione alle cui cime la persona comune non arriva mai. Molta gente sente visceralmente di essere nel dubbio “esistenziale”, si trova, diffida e sembra voler rinunciare a priori ad un disegno più grande, comunitario, anche ideale se volete perché, secondo me, l’idealità, e forse anche l’ideologia se non è rigidamente preclusiva dell’altro, può servire a vivere meglio, almeno psicologicamente. Perché il progetto del puzzle si ricomponga è necessario che ognuno di noi continui a contribuire mettendo giù la sua tessera. Ora, invece, sembriamo caduti così in basso da non credere più a nulla, neanche nell’idea, ahimè, di una salvezza predicata per millenni dalla religione. Siamo soli, desolatamente, più poveramente soli. E a questa depressione generale hanno contributo di certo tanti cattivi maestri e tra quelli, che vi invito a trovare, sono sicuro che non tralascerete di individuare i nostri politici del ping-pong sterile, polemico, antagonista ad ogni costo. Ma cosa hanno in mente questi signori, alieni alla buona politica, arruffoni, arroganti, ballerine sul teleschermo dei TG? Che cosa rappresenta per loro, oltre la propria idea di spartizione senza badare ai conflitti d’interesse, l’idea costituzionale del preminente interesse dello Stato? Per fortuna molti italiani, nella loro risoluzione quotidiana dei problemi e nella loro concretezza, non si lasciano demoralizzare e come formichine, al di là di quello che sentono e vedono, dimostrano tutta la loro straordinaria “capacità di autorigenerarsi”. 

Ha detto, così, il direttore del Censis Giuseppe Roma: “Ci siamo interrogati a lungo sulla possibilità che sia davvero in atto il declino. Per rispondere a questa domanda abbiamo girato a lungo, e ci si è presentata un’Italia diversa da quella che ci si era presentata l’anno scorso, un’Italia in movimento nel sociale, nell’economia, nel territorio, forse anche nella politica. Non stiamo morendo, non siamo in decadenza“.   In decadenza, nemmeno in politica, quindi, seppure lo sbraitare continuo degli antagonisti lo lasci più facilmente supporre. La litigiosità continua promossa dal cosiddetto “porcellum” all’interno di ogni coalizione e poi, in esportazione, contro gli altri lo farebbe supporre. Eppure il governo c’è e si vede. Ma vaglielo a dire questo a chi non vede, se non attraverso i canali comunicativi di una certa TV di parte, il grande impegno ed i risultati notevoli fin qui raggiunti dal governo presieduto da Romano Prodi per il risanamento del deficit nel bilancio dello Stato. Vaglielo a dire tu ai contraddittori che contestano senza motivazioni e per puro spirito di farlo, perfino, la certificata oggettività dei dati.   © Sergio Andreatta   

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P.S.: Io spero, naturalmente, in un quadro politico italiano senza strappi, nel disegno di una continuità di governo a lungo raggio necessaria per crescere come lo è la continuità educativa e didattica, almeno per un ciclo, a scuola. I docenti attenti ne sanno valutare l’importanza in coerenza con i primari bisogni di sviluppo auxologico, psicologico, affettivo e intellettuale dei loro alunni.
No, la discontinuità, in questo caso, serve solo gli interessi di bottega.
Buon anno a… tout le monde!

Io spero anche nel ritorno della coscienza italiana pubblica, che si ravvedono i mestatori, tutti coloro che esercitano il potere per il loro tornaconto, che si torni a parlare e non a urlare, a fare il tifo, ad ascoltare e a costruire un mondo a misura d’uomo. Auguri.
GL
(Commento da http://www.telefree.it)

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