Quando mi invitò la prima volta a casa sua a Roma, a marzo dell”80, per un mio libro di poesie in pubblicazione (Eucalyptus) di cui aveva accettato subito per telefono di farmi la prefazione, rimasi colpito da tre cose.
Nel salire a piedi le scale della palazzina pensavo che avesse scelto l’ultimo piano come me per astrarsi dai rumori.
Di casa mia al sesto piano dico sempre che “ha la testa fra le nuvole e non ha i piedi per terra”.
Ma il suo, per fortuna, non era un appartamento al sesto piano.
E venne lui stesso, gentilissimo, ad aprirmi la porta, non la donna o la moglie la cui presenza discreta pure avvertivo da qualche parte in casa.
In mezzo al suo piccolo atrio, prima sorpresa, c’era un tavolo rotondo un po’ ingombrante.
Sopra riversati tanti grandi libri aperti.
Immagini di posti lontani, marine esotiche e, poi, foto, tante foto di scavi di archeologia.
I suoi interessi oltre la letteratura e i suoi legami pregnanti con l’ambiente.
Il soggiorno dove mi addentrava non era grande ma molto accogliente.
Mi accomodai su un salottino antico che mi metteva soggezione con i suoi inviti e le sue costrizioni ad assumere di continuo una posizione formale, contenuta…
Ma forse era la soggezione per quell’importante e inaspettabile incontro che mi aveva subito accordato.
Stanislao Nievo era, in realtà, tutto il contrario della forma, accattivante e informale, molto curioso di scandagliare la personalità di quel giovane aspirante poeta pontino che, senza conoscerlo se non di fama (Nievo aveva vinto il Premio Campiello nel 1975 con “Il prato in fondo al mare” e aveva appena pubblicato “Aurora”, 1979) lo aveva cercato al telefono senza intermediari per chiedergli una prefazione subito accordata.
“Va bene, vieni”. Era stata di rimbalzo la sua risposta . E, ora, amichevolmente:”Puoi chiamarmi Stanis, Sergio”.
Gli consegno le carte, una raccolta di un centinaio di poesie, alcune già qua e là pubblicate, ma lui sembra dimostrarsi al momento molto più interessato alla mia persona che alle carte.
Quelle se le leggerà dopo.
Le sue domande insistono, così, su chi sono, cosa faccio, da dove vengo, cosa scrivo, perché la poesia, se ho letto qualcosa di suo…
“Vengo da Borgo Bainsizza – Montello…”. E sapere che provenivo dalla stessa zona dove anche lui aveva vissuto da bambino lo riempie di particolare gioia e di ulteriore, più vivo e crescente interesse conoscitivo.
E stranamente la mia famiglia veneta, mio padre, primo consigliere comunale dei borghi di Latina, sembravano essergli, all’improvviso, per qualche verso già noti.
Avevo appena finito di leggere “Aurora”, il suo romanzo ambientato proprio nella nostra terra pontina e particolarmente intorno al sito archeologico della Mater Matuta, a Le Ferriere.
E sarà per questo, forse, che apprezzerà particolarmente, tanto da scriverlo anche in prefazione, la poesia “Imaginaria Satricum”.
Satricum (o Suessa Pometia come dicono ora gli archeologi Gnade e Attema) grazie alla ripresa delle campagne archeologiche di scavo delle università olandesi cominciava, in realtà, ad emergere nuovamente dopo l’ininterrotto oblio in cui era giaciuta sotto i rovi dalla fine dell’ottocento.
Allora, con i primi scavi, gli olandesi avevano recuperato abbondanti e significativi reperti finiti poi a Valle Giulia e rimasti quasi sconosciuti, se non a pochissimi esperti, ai più del nostro territorio.
Alla parete della stanza di casa Nievo è affisso un frammento di bassorilievo romano antico trattato, si vede, con la massima devozione.
Sapere che, così giovane, facevo il direttore didattico a Sezze lo aveva fatto alzare in piedi quasi di scatto alla ricerca di un particolare libro.
La sua libreria, seconda cosa a colpirmi, era sterminata e si stendeva su varie stanze.
Scaffali ricolmi di libri, impressionante.
Alcuni ripiani apparivano anche un po’ soggiogati fino ad imbarcarsi al centro per il carico straripante.
Che emozione, entravo nel sancta sanctorum di uno scrittore famoso!
Di solito gli scrittori sono sempre un po’ gelosi e difendono questa loro soglia personale.
Eccolo qua “Il Cavallo nero”.
E’ un libro con la copertina arancione della Stampatori di Torino.
Una collana, “Il Cerchio”, di racconti per bambini che raccoglie le firme di autori come Malerba, Moravia, Paolini, Lalla Romano, Scialoja, Tomizza…
“Prova a scriverne pure tu. Puoi farlo!” E’ il suo invito.
Non riuscirò mai a trovarne il tempo, se non di scrivere, di pubblicare, di ordinare le tante pagine scritte prima di una pubblicazione.
“Il ragazzo saltò sulla groppa del cavallo nero…”. Racconti semplici per bambini della terza elementare, tipo quelli che spesso mi inventavo per mia figlia ancora più piccola o andavo a raccontare in classe agli alunni in attesa che sopraggiungesse la supplente da Caserta.
Stanislao Nievo amava i bambini di questa età e più di qualche volta era venuto a farmi visita al IV Circolo didattico di Latina, l’ultima volta soltanto un anno fa (foto).
Al termine di un percorso dei “Parchi Letterari” che prevedeva uscite conoscitive sul Territorio pontino (Satricum, Fogliano, altri siti…) si realizzava nell'” aula pacis” della C. Goldoni l’intervista degli alunni delle classi IV e V al famoso scrittore.
“… ho avuto un’infanzia “itinerante”, trascorsa fra Milano, il Friuli, e, quindi, l’Agro Pontino, a Borgo Montello precisamente dove ho anche frequentato le scuole elementari. Ero un ragazzo normale, saltavo, urlavo, facevo i versacci delle scimmie… come voi, ora. Mi piaceva entrare nel recinto, allora abbandonato, di Satricum, entrare nei boschi.
A Roma ho frequentato il Liceo classico e dopo qualche anno di università, scienze naturali, sono partito per conoscere il mondo. Ho fatto tanti mestieri: dallo scaricatore di porto al mozzo sulle navi, al raccoglitore di frutta, all’operaio al professore di Italiano.
Ho poi viaggiato in lungo e in largo per l’Europa e per l’Africa dove ho visto la cosa più atroce:il reclutamento degli eserciti bambini. I bambini-soldato… Ai bambini si danno fucili, e non libri, per mandarli – invece che a scuola – a combattere. Naturalmente un bambino, con un’arma in mano, pensa subito d’esser grande…”. (N.d.A.:L’intervista intera è stata pubblicata il 26.5.2005)
Al termine del vivace incontro sembrava spossato ma felice tanto da ripetermi: “Voglio ritornare, Sergio. Invitami ancora!”.
Doveva ritornare a maggio di quest’anno ma le sue condizioni non glielo hanno permesso.
Il nostro primo colloquio era finito, terza sorpresa, sul terrazzo del suo soggiorno dove rifulgeva tutto il suo grande amore per le piante e i fiori che si stavano destando, appena allora, dal letargo invernale.
Era lui stesso che li curava ritenendo questo non meno importante della sua scrittura.
Andavamo, così, saldando un’amicizia grazie ad un altro interesse comune.
Ora che è morto da qualche settimana è giusto che anch’io lo ricordi.
“L’Agro Pontino è stato come il mio Far West” ripeteva spesso anche a me.
Aveva quattro anni quando giunse, nel 1932, a Conca di Littoria che assumerà il nome di Borgo Montello il 18 dicembre del 1933.
Suo padre aveva assunto l’incarico di direttore di un’azienda agraria dell’O.N.C.
Stanis era nato a Milano nel 1928.
Crescendo al borgo Stanis era diventato già alle elementari un curioso esploratore dei luoghi dove abitava fino a sentirli e ad amarli come propri.
Amava, come anch’io ho amato da bambino, questo paesaggio di campi, le distese di grano e di fieno prima delle inesistenti vigne, la vegetazione dei boschetti, gli scoppi dei papaveri, i salti delle cavallette, le fughe delle volpi, la diffidenza delle istrici nascoste nel bosco di Fogliano.
Una decina d’anni dopo lo troviamo ad Aprilia dove vive le tormentate vicende della guerra, allontanandosi nell’imminenza dello sbarco alleato di Anzio del gennaio del ’44.
Quando ritornò a guerra conclusa trovò una cittadina in gran parte distrutta.
Colpita dalle bombe anche la sua stessa casa da cui, lui e suo padre, riusciranno a recuperare a malapena qualche oggetto ma non ila caro cimelio garibaldino ereditata da Ippolito.
Gli studi all’Università a Roma e, dopo, l’inizio di una vita professionale contraddistinta da viaggi continui per il mondo.
Prima di scoprire la sua vera vocazione, quella di scrittore, aveva viaggiato per quarant’anni in tutto il mondo, fino in Antartide, come giornalista, regista e fotografo:
“Ho visitato 90 paesi nel mondo. Sono passato per terre desolate e tumultuose, finendo anche davanti al plotone di esecuzione e scampandola per un soffio. Ho sostato in alcune prigioni tropicali e attraversato altrettante guerriglie tra Asia e Africa” raccontava non senza un po’ di colorita iperbole.
Con “Il prato in fondo al mare” aveva vinto il premio Campiello del 1975 e con “Le isole del Paradiso” il Premio Strega del 1987.
Tanti articoli e tanti servizi televisivi.
Ecologista sensibile, fondatore della Foresta Ideale e del WWF, aveva concepito ed era, naturalmente, il presidente della Fondazione Ippolito Nievo.
Della sua scrittura Stanis diceva: “… è ricerca del reale nascosto nel panorama terrestre e di come svelarlo”.
Rimarrà sempre attaccato alla terra pontina, sua di adozione, fino a confidare al comune amico Roberto Perticaroli che cura “I Parchi Letterari”: “… L’Africa sarebbe stata più selvaggia per me se non ci fosse stato l’Agro Pontino. Se non ci fosse stata questa esperienza nella mia vita non avrei avuto un’educazione pronta ad accettare tutto quel che succede…”. E cercava di trasferire sui fogli di carta quell’audace senso dell’esplorazione e dell’avventura che aveva animato la sua stessa vita da bambino e da adolescente trascorsa tra i fascini antichi e le nuove pulsioni a Borgo Montello.
Nievo è morto a Roma all’età di 78 anni il 13 luglio scorso e la Città di Latina non potrà non ricordarne il suo valore umano e letterario con qualche iniziativa.
1st Ago, 2006
Il mio ricordo di Stanislao Nievo
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