Malgrado tutto la condizione umana è ammirevole.
Se anche a te capiterà di imbatterti, prima o poi, nell’uomo che piantava gli alberi potrai dirti davvero fortunato.
Io l’ho incontrato, il vecchio Elzéard Bouffier, agli inizi di un’estate di qualche anno fa in un’antica regione delle Alpi che penetra in Provenza.
E’ così raro incontrare oggi un uomo così, privo di ogni egoismo, generoso senza pari, una di quelle personalità indimenticabili, e non solo per le poche e rudi parole che pronunciano, ma soprattutto per quel senso di profetico che, pur non essendo necessariamente credenti, emanano negli altri con i loro gesti e suggestionano sempre anche me.
Quello che mi stava davanti quel giorno era in fondo soltanto un pastore solitario e tranquillo che aveva provato piacere a vivere, lentamente, con le sue pecore e con il suo cane, come qualche altro ne ho incontrato a Picinisco in Val di Comino, ma anche un uomo che con la sua umile e originale impresa, “altrettanto efficace come Dio”, aveva saputo cambiar faccia alla sua terra.
Elzéard portava sempre con sé, e anche quel giorno al posto del bastone, un’asta di ferro della grossezza di un pollice.
Così, appena lasciato il gregge e arrivato dove desiderava arrivare, cominciò a piantare senza soste la sua asta per terra e a depositare con cura dentro il buco una ghianda o un altro seme ben scelto.
Erano decenni ormai che Elzéard piantava così, con estrema cura, su terre abbandonate di collina che la gente non sapeva neanche più di chi fossero.
E adesso in molte vallette le inimmaginabili piante erano diventate alte e robuste tanto che lo spettacolo, là dove c’era prima un deserto, era diventato davvero impressionante per chilometri quadrati.
Qualcuno, non ricordando più la sua vita semplice e frugale di un tempo, diceva di Elzéard Bouffier ormai vecchio che aveva trovato un bel modo di essere felice e, comunque, pensò anche che quella strana e insolita foresta, cresciuta certo per miracolo là dove nessuno aveva mai pensato prima che potesse, doveva essere protetta con una legge come un parco nazionale e così fece.
Via via in quel luogo, un tempo in rovina e senza speranza, era cambiato il clima ed erano anche tornate ad abitare le persone come in un posto dove “si ha voglia di abitare”.
Ho appena ricevuto la notizia che anche Elzéard, quasi in contemporanea con altri illustri scomparsi come Bo e Montanelli, è morto serenamente nella sua casetta di pietra e ora non faccio che pensare, e tornare a pensare, continuamente a lui come ad un uomo solo che, con le sue semplici risorse fisiche e morali e senza soldi in cambio, è riuscito in un miracolo, “a far uscire dal deserto quel paese di Canaan” e a quanto possa essere sempre ammirevole e sorprendente, in tutte le congiunture, la ventura umana.
L’eredità di Elzéard Bouffier mi balza ancora davanti agli occhi a contrasto delle immagini di fumo e di fuoco che si levano, ogni estate, dai Lepini e dal Circeo, rivisito i suoi “boschi inventati”, rincontro la sua “parabola sul rapporto uomo-natura” in un momento di crisi non solo delle utopie.
Possibile che ci sia sempre qualcuno che tenta di degerminare i semi di speranza?…
Varrebbe la pena che anche tu, se sono riuscito ad interessarti, conoscessi un po’ questo protagonista, non solo immaginario dei nostri giorni, aprendoti alla lettura del libretto di Jean Giono*.
Sergio Andreatta, © già pubblicato in “L’Avvenire” e “Chiesa Pontina”.
* (J.Giono, L’Uomo che piantava gli alberi, Salani Editore, Firenze, VI, 1997).