“Picinisco deve probabilmente il suo nome ad un piccolo stanziamento altomedioevale di Piceni (forse ingaggiati dal feudatario locale come guardie più fidate, preposte al controllo del passaggio che si addentra nella Val Romana, ora Val di Canneto, verso i tre confini regionali) come pure s’intenderebbe dal caratterizzante suffisso di “appartenenza obiettiva” in -isco. Nomen omen / omen nomen”. (Sergio Andreatta, Interpretazione filologica di un nome, 1980)
520. Ecco alcune mie foto scattate a Picinisco.
In altri miei album pubblicati su Facebook (sergio andreatta) se ne trovano di più belle, forse.
Picinisco è un piccolo, bellissimo paese montano del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (che probabilmente deve il suo nome ad un piccolo stanziamento altomedioevale di Piceni come s’intenderebbe dal caratterizzante suffisso di “appartenenza obiettiva” in -isco, come la viciniore Saracin-isco per “luogo dei Saraceni” (anche storicamente più documentato), ecc…) rimasto fuori dai flussi e dai benefici economici del grande turismo e su cui incombe lo spopolamento da disoccupazione e lo spaesamento. Servirebbe una diversa politica di valorizzazione delle risorse esistenti.
AAA Cercansi miliardari occulati e intelligenti pronti ad investire sul turismo d’ambiente. Le occasioni in questo paese non mancherebbero, anzi… Ma di investitori lungimiranti ce ne sono nel Lazio? In questi ultimi mesi uno scozzese di origini piciniscane ha acquistato un’antica dimora storica del centro posta in bella posizione sopraelevata sul panorama della Valle di Comino con l’idea, dopo il necessario restauro, di farne un B&B. La radice dinastica dello scozzese “emigrante di ritorno” è a “I Ciacca“, una piccola omonima frazioncina rurale, un grumo di case tra loro ridossate su una collinetta in mezzo al verde dei boschi, che pure egli intenderebbe rivalutare con l’idea di promuovere un quieto agriturismo. Durante un ballo serale nella corte di quel pulsante complesso contadino, ora totalmente abbandonato, nell’estate del 1938 nel clima di allegria elargito dalle note di una fisarmonica si conobbero mio suocero, un bel giovane reatino, biondo e con gli occhi azzurri, di servizio alla stazione forestale e una ragazza londinese che ogni anno in estate tornava alla casa liberty costruita (1924) per le vacanze nel paese d’origene. Galeotto fu il ballo e complice la luna. Nel 1939 coronarono il loro sogno d’amore sposandosi. Sarà solo per questa evocazione familiare, ma forse ancor più per la suggestione e la bellezza di quel luogo semplice, che io pure mi sento irresistibilmente attratto da quel grumo di case abbandonate cui neanche il terremoto del 1984 è riuscito a rubare il fascino decadente. Sergio Andreatta – (Foto dell’autore)