13th Feb, 2008

Borgo Montello: Quando “Conca” voleva dire “Asilo”.

conca-borgo-montello-lt-fto-sergio-andreatta.jpgconca-borgo-montello-fto-sergio-andreatta.JPG     Borgo Montello: Quando “Conca” voleva dire “Asilo”.   

 

 

Concessa ai banditi dal Capitolo Lateranense l’esenzione dalla pena.  Poi la “notificazione”, in una lapide murata sul muraglione, che annullava quell’antico diritto di asilo concesso ai banditi, “facinorosi micidiali contumaci”, che più “non godono alcuna esenzione, privilegio o sicurezza”. E così Conca (poi dal 18 dicembre 1933 Borgo Montello) perdeva i connotati della extraterritorialità per la giustizia dello Stato Pontificio e finiva per essere una contrada come tante della Campagna Romana ai bordi delle Paludi Pontine.  Nell’antica “Selva di Cisterna”, si estendeva la “Tenuta di Conca” nel cui punto dominante sopra il fiume Astura, protetto da alte mura di tufo, sorgeva nel basso medioevo l’abitato di Conca, già precedentemente noto come “Castrum Concharum”. La mia attenzione di visitatore e amico del Borgo non è attratta, però oggi, dall’antico Palazzo già dei conti Gori-Mazzoleni, poi di Leone Caetani e oggi diviso tra privati né dalla settecentesca Chiesa dell’Annunziata, dove anche Maria Goretti fece il 16.06.1901 la sua prima comunione, né dal bassorilievo in bronzo del portico che ricorda l’uccisione, qualche anno fa, del parroco don Cesare ma unicamente da una lapide storica all’ingresso dell’antico borgo di Conca, entrando nell’archetto murata sulla parte destra del muraglione a scarpata. Il Capitolo Lateranense, un tempo proprietario di questa Tenuta, pur di allontanarli dai centri più densamente popolati dei Castelli e dello Stato Pontificio, aveva permesso l’asilo in questo posto, così poco frequentato e malsano per la palude circostante, a tutti i delinquenti che avessero manifestato una qualche timida volontà di redimersi. In conseguenza di questa concessione vi elesse domicilio per decenni il fior fiore dei delinquenti da Cencio di Vetralla a Ventresca di Popoli, a Mauro di Valmontone, a Pasqualino Fontana a tanti altri banditi. Ormai era tradizione giuridica, oltre che nell’usuale detto popolare, che “Conca” volesse dire “asilo”, riparo, immunità personale. Era quasi un patto d’onore, un’intesa pubblica coi briganti a dire: “Vi lasciamo in pace in questa “caienna pontificia” purchè ci lasciate in pace altrove”. La “notificazione” ben visibile sul muro, e che riporto integralmente, annullava però quell’antico diritto di asilo e minacciosamente il Cardinale di Frascati ricordava ora a tutti, e ai banditi in particolar modo, che più “non godono alcuna esenzione, privilegio o sicurezza i facinorosi micidiali contumaci”. Insomma sembra che l’oscillazione tra falchi e colombe in merito a come dovesse essere applicata la giustizia e allo sconto integrale delle pene risalga, come si può desumere dal documento storico lapideo, a molto tempo prima dell’attuale disputa attivata da un Ministro della Giustizia italiano nei confronti del Presidente della Repubblica per la concessione della grazia ad un detenuto.

 

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NOTIFICAZIONEIN QUESTA TENUTA E FERRIERA DI CONCA NÉ FUORI DI ESSE E SPECIALMENTE NEL LUOGO DEL DELITTO NON GODONO ALCUNA ESENZIONE PRIVILEGIO O SICUREZZA I FACINOROSI MICIDIALI CONTUMACI DELLA GIUSTIZIA PER BANDO CAPITALE O PER BANDO DI GALERA IN VITA O DI DIECI ANNI PER OMICIDIO O DI GALERA PERPETUA CON PRIVAZIONE DI NOMINA PER QUALUNQUE ALTRO DELITTO E QUELLI CHE PORTANO COLTELLI ED ALTRE ARMI PROIBITE NELLA BOLLA DELLA FELICE MEM. DI ALESSANDRO VIII NÉ A SIMILI PERSONE GIOVERÀ L’ALLEGARE LA BUONA FEDE O L’IGNORANZA.

 (Rilevazione e fotografia di Sergio Andreatta) Da notare, inoltre, un altro interessante Editto del 12 nov. 1734 firmato dal P. Card. Ottoboni, Vescovo di Frascati, competente per curia, “Contro Cacciatori, Uccellatori e Pescatori nella Tenuta di Conca spettante alla Santa Romana ed Universale Inquisizione”, contro coloro, cioè, che sottraessero benefici “spettanti all’Offitio della Santa Inquisizione di Roma”. Ogni volta che veniva preso uno che avesse, o si dicesse che aveva, infranto l’Editto veniva comminata la pena di “venticinque scudi e tre tratti di corda da darsi in pubblico per ogni volta” e in merito alle denunce perché non avessero sorgere dei dubbi si dichiarava “sarà creduto all’accusatore, tenuto segreto, e avrà la metà della pena pecuniaria…”.Insomma si praticavano sistemi spiccioli e bei metodi … di sicuro efficaci per assicurare i lestofanti, veri o presunti, alla giustizia e alla loro condanna. 

Sergio Andreatta, ©, 4.12.2005, Una Pagina di Storia borghigiana mai scritta.   

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