18th Feb, 2011

Tre storielle di cani

LATINA. VIETATO CALPESTARE LE AIUOLE. VIETATO L’ACCESSO AI CANI.

(L’avvertenza è naturalmente per i padroni dei cani).

E’ quello che si legge in un cartello piantato in un’aiuola di Viale Italia a Latina. Lo riprende nel suo scatto fotografico la giornalista Rita Calicchia, già capo dell’Ufficio Stampa del Comune, che poi lo pubblica su un popolare social network (Facebook) insieme ad un suo incipit di stimolo alla discussione. Gli interventi sono tanti e vanno dal dolore per l’abbandono dei cani, alla rimostranza per gli stessi portati in strada senza guinzaglio, a chi si lamenta invece dell’inciviltà di padroni che non vigilano adeguatamente e disdegnano raccogliere le loro deiezioni come civiltà vorrebbe, a chi anarchicamente reclama più diritti e “libertè, egalitè, fraternitè” per gli animali in genere, con una licenza magari superiore a quella concedibile agli stessi umani. Mi è venuto così spontaneo aggiungere a tali commenti tre storielline minime pescate nel retropensiero ma  non di fantasia, però, in quanto realmente accadutemi.

di Sergio Andreatta  – www.andreatta.it__p=4221

Questa scena l’ho appena vista l’altro ieri e mentalmente archiviata in attesa di un suo utilizzo. Sto andando in edicola, davanti a me su Via Bellini un distinto signore, vicino a lui un bel cane di razza. Quello che presumo il suo padrone è molto indaffarato e avvicinandomi capisco meglio che gli sta pulendo premurosamente l’ano con un fazzoletto inumidito…”Quanto amore per la bestia! – penso accostandomi – Giusto fargli il bidet. E’ un segno di civiltà, oltre che di buona igiene.” Prima che mi avvicini troppo, però, quel signore in evidente disappunto per la mia non calcolata presenza si affretta a concludere la sua operazione e con assoluta nonchalance si libera poi, gettandolo allargato nel bel mezzo del prato, di quel fazzoletto tutto smerdato. (I

Dall’alto di una finestra della Direzione didattica grido:” Rauss! Rauss!… Rauss!!!” con quanta forza ho in corpo e per molte volte di seguito. Quei due maschi neri è la seconda volta che li vedo, la prima si portavano appresso un cagnolino dimostrando anche di volerlo teneramente proteggere dalla folta confusione delle persone in attesa dei loro figli in uscita. “Rauss! Rauss!!!” con tono perentorio e quei due cani, che forse capiscono il tedesco più di quanto io lo parli, ecco abbandonano il cortile della Goldoni e imboccano all’incontrario la via fatta poco prima per entrare. (II)

 

Sento all’improvviso un ansimo e raspare il terreno dietro di me, il tempo di girarmi lentamente e incontrare gli occhi cattivi di un rottweiler, un bestione libero di scorazzare sul prato e pronto al balzo. “Oddio! Ora che faccio?” penso. Con tutto il sangue freddo rimastomi mi impongo di star fermo. Il cane continua a raspare minaccioso, turbandomi col suo sguardo affatto tranquillizzante. E’ lì a prender tempo, si capisce, prima dell’assalto. Stretto nella mia immobilità già penso a quale parte di me stesso avrei dovuto sacrificare per prima nel caso mi fosse balzato addosso e mi avesse azzannato. Provi uno di voi a stare immobile come me davanti a una simile prospettiva… C’è ancora un filo di equilibrio superstite, sottilissimo tra me e lui, devo evitare di romperlo. Resisto ma già pronto a difendermi disperatamente senz’arma alcuna se non le mani e i piedi su cui mi sembra di sentir colare il caldo sangue delle vene lacerate. Il cane è affamato e il suo padrone noncurante mi sembra di sentirlo chiacchierare a 300 m. di distanza, oltre la siepe di bambù, troppo lontano per un aiuto. Nel suo sguardo quel cane mi dimostra di non capire e di non sapere che può avere torto a mordermi. Un bagliore mentale ora mi fulmina, un’ evocazione improvvisa, il ricordo di “Ciro”, il nome – sì – di quel cane sentito una volta sola tanti mesi prima… “Cirooo! Cirooo! Va viaaaaAAA!!!” urlo con quanta forza e disperazione mi rimane in corpo ma continuando nella mia immobilità. E Ciro, come subendo all’improvviso sul suo capo tutta la rottura e l’energia del mio comando, decide di lasciarmi così la vita… “Cirooo, Ciroo. Ciro qua, qua!”, finalmente il tardivo richiamo e l’accorrere affannoso del padrone ma neanche più turbato del normale. E in fin dei conti che cosa era mai successo oltre l’esempio della sua malagestione? ©- Sergio Andreatta, Riproduzione riservata.

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