31st Gen, 2005

Sergio Andreatta, In memoria del pittore Valentin Timofte

wpit88x31Valentin è morto! 

 

“Ne danno il doloroso annuncio il fratello Victor e gli amici…”.
Giovedì 27 gennaio, a sera, nell’umiltà di come era venuto Valentin Timofte se n’è andato. L’ “artista pittore” Timofte, come recita l’epigrafe, era esule a Latina dai primi anni ’70, proveniente dalla Romania era giunto al campo Rossi-Longhi. Ma non vi era rimasto a lungo in quel campo perché qualcuno aveva subito notato il suo genio artistico. Aveva studiato pittura, scultura e modellaggio per tre anni all’Università di Bucarest, poi la decisione di fuggire dal quel regime oppressivo di Ceaucescu, verso le libertà trovate in terra pontina. Mi diceva: “Sono rimasto subito incantato dal paesaggio, dal clima più mite di quello del mio paese, affascinato dal colore blu delle montagne come si vedono dalla ferrovia che da Roma porta a Latina”. Valentin era dotato di una grande sensibilità verso gli altri, di quel senso di umanità sorridente verso tutti che mascherava solo in parte la sua fragilità, la sua sottomissione alla sorte cui, sembrandogli però inutile tentativo, cercava di sottrarsi.  valentin-timofte-donna-e.bmp

La sua pittura difficilmente inquadrabile solo come surreale, risentiva della formazione nel suo paese, dei cromatismi e dei bagliori aurei di certe atmosfere, di uno spirito ortodosso e non più, confuso e rotto. Pittore del fantastico, dalle suggestioni oniriche, mi diceva: “Chi guarda deve sempre interpretare liberamente, rendersi conto di quello che vede. Meditare, se necessario”. Come faceva lui quando per anni aveva dimorato a Latina in Via Garibaldi, capace nella sua ricerca di perfezionismo di stare per ore a osservare una tela, quasi in trance, nel bagliore della luce pomeridiana che gli piombava dalle spalle accompagnato solo dal filo conduttore di qualche brano scelto di musica classica. Gli anni precedenti aveva prodotto molto ed esposto in varie gallerie in Italia, era conosciuto anche all’estero. All’estero, in Canada, si era trasferito il gemello Victor, pure lui pittore dotato. Ma per uno strano destino si sentiva incompreso e in una parabola calante, anche come economie ed era costretto, così, ad aprire scuole di pittura per tirare a campare. Molti a Latina e dintorni, molti dilettanti tra qualche buona mano, hanno potuto frequentarle. Quando andavo a trovarlo mi diceva di qualcuno, raramente: “ Questo non dispiace…” L’avevo conosciuto non so come a Sezze intorno agli anni ’80 quando abitava sulla strada per Bassiano nella luminosa villa isolata di un noto personaggio politico pontino cui, per sdebitarsi, donava molti dei suoi quadri. Era il periodo in cui qualcuno tentò di approfittarsene del suo bisogno. Una personalità complessa, una fantasia geniale, un’energia creativa irrompente che produceva figure talvolta così lontano dal reale da apparire come un sogno tormentato, infranto, luogo di puri simbolismi. Davanti a una sua quadro, dove gli elementi stilistici impressi rivelano influenze orientali e occidentali insieme, elaborazioni sofisticate e ingenue miste insieme, più guardi e più sei attratto dalla suggestione onirica e da un incanto che viene da lontano.

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Avevo scelto lui per il ”Cantico delle Creature”, otto quadri (m.14 per 1,42 di altezza di pittura complessiva) in acrilico su tela per l’abside della frezzottiana Chiesa di S.Francesco di Borgo Bainsizza. Dietro la vicenda francescana reinterpretata gli avevo suggerito di far scorrere la vicenda pontina del pre, durante e post bonifica. Mi aveva seguito come un cagnolino, anche nelle ispezioni ai posti a me più familiari, per carpire informazioni utili e dicendomi con l’aria di una scherzosa deferenza: “Sei tu il mio ispiratore!”. Così San Francesco parlava agli uccelli da un punto sull’Astura. S.Francesco benediceva il sole e il grano dalla finestra di casa mia… Poi, essendo anche scultore, aveva modellato le stazioni della Via Crucis e dipinto sulla parete di destra “La morte di Maria Goretti”. Spesso lo chiamavo alla Goldoni e davanti alle sue tele veniva promosso il coinvolgimento emotivo e creativo degli alunni. Con loro aveva anche dipinto, e semplicemente, le pareti di una piccolissima ludoteca. Era il periodo in cui gli avevo fatto fare anche il bozzetto per l’abside del S.Cuore (in foto di Sergio Andreatta), 400 metri di pittura che sarebbe stata la sua consacrazione artistica definitiva. Si sarebbe accontentato di 2 milioni al mese per una anno. Ma il giovane prete, cui l’anziano aveva demandato l’impresa, venne improvvisamente trasferito e il suo bozzetto disperso… Le vigilie di Natale le aveva trascorse, talvolta, a cena a casa mia, davanti al caminetto, insieme avevamo commentato la caduta del regime comunista rumeno, pure previsto in anticipo. Nella lunetta da me donata alla Comunità per il 60° del Borgo, avevamo voluto un S.Francesco benedicente in rilievo. Valentin da qualche anno aveva ritrovato Victor ed erano andati ad abitare in una piccola casa a Maenza. A Latina, dove molti pure lo conoscevano, lo si incontrava prima più spesso, poi raramente, dalle parti della Galleria Pennacchi, spesso con una piccola busta della spesa tra le mani e con quel senso della solitudine che sempre lo avvolgeva… Ora quell’epigrafe e il sapere che mentre si svolgeva all’ospedale una semplice e sbrigativa cerimonia funebre io non c’ero, impegnato con i cittadini del mio Borgo a reclamare dignità per le strade di Latina. Ti sarebbe piaciuta di sicuro, Valentin, questa nostra non sudditanza all’autoritarismo, questa lotta, forse perdente, al termovalorizzatore. Addio, Valentin grande pittore incompreso, pittore di Bainsizza.  Sergio Andreatta

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Un grande esule in cerca di libertà per le vie del mondo, un grande pittore sottostimato in vita. Nei momenti difficili poteva contare sempre sul Suo aiuto.

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