(II/4, continua) A oltre trent’anni di distanza dalla sua pubblicazione su ECONOMIA PONTINA, la rivista culturale della CCIAA di Latina (3° Quadrimestre 1980, ppgg.9-13) riproponiamo (a puntate) il sempre attuale articolo scritto allora da Sergio Andreatta. Una veloce zumata a inquadrare il precario contesto antropologico di San Lorenzo del Pailòn, il progetto “Colegio 10 de Agosto” e i primi obiettivi pastorali raggiunti da Madre Camilla Andreatta.
Tra suggestione e frustrazione
Pesca e legname occupano la maggior parte ei residenti. bellissime e incontaminatre foreste rivestono ovunque i fianchi montani e le basse valli; più in alto, e all’interno, la fitta vegetazione cede il posto ai “pàramos”, rade erbose i cui vivono i lama. Nella Costa l’agricoltura segue metodi ancestrali, malgrado sia grande la fertilità delle sue calde ed umide terre, lussureggianti
di piante equatoriali (papaia, agrumi, ananasso, babano, palma tagua dal cui frutto si estrae l’avorio vegetale “corozo” utilizzato nell’artigianato dei bottoni, palma toquilla con le cui foglie essicate di fabbricano gli icinografici cappelli panama). S. Lorenzo si pone poco a nord dell’equatore, prossima al confine con la Columbia. Dotata di un grande ma sottovalutato porto naturale sull’Oceano che potrebbe favorirne il decollo economico, vivacchia, al contrario, nei giorni dell’abbandono e dell’esiziale deprivazione socioeconomica. In questo modo anche l’istruzione diventa un appannaggio privilegiasto per pochi. In dato allarmante e drammatico bastada solo a fotografare la situazione: nel ’75 la mortalità infantile ha raggiunto un indice elevatissimo, quasi il 70%. La popolazione, che vive ancora nel ricordo delle antiche suggestioni della civiltà incaica e delle frustrazioni spagnole, si compone per l’80% di amerindi e meticci e si accentua per lo più nei fertili bacini montanari dell’interno (la Sierra). I morenos rappresentano la razza tipica della provincia di Esmeraldas (la Costa) e nel Canton S. Lorenzo ve ne risiede la percentuale più elevata di tutto l’Ecuador. il 70 – 75%. Racconta Camilla che il clima del luogo (salvo deboli escursioni termiche fermo su una media dai 22° ai 27° C), l’abbondanza delle piogge e la bontà delle terre ricoperte da invidiate selve equatoriali hanno condizionato l’umore e le abitudibi “pigre” della gente: la manna è dovunque, perchè affannarsi troppo a cercare? Nel lungometraggio dei secoli il fattore fisico ha finito per prevalere sul fattore umano, la cui nota dominante e caratteristica è rappresentata dall’abulia e dalla pratica quotidinaa di una filosofia spicciola dell’esistenza come gesto e maniera d’essere che si esaurisce nell’esaltazione della pura spontaneità attuale. Quasi una pagina ben scritta de “La stucture du comportement” di Merleau- Ponty.
Analfabetismo e progresso
Una delle piaghe sociali più brucianti del Paese ibero-sudamericano è l’analfabetismo strumentale di massa. Il fenomeno, che in tutto l’Ecuador interessa il 30-40% dell’intera popolazione, in San Lorenzo raggiunge impennate del 60% e oltre. Al corso elementare si iscrive il 55% della popolazione scolastica, ma una gran parte dei bambini abbandonerà ben presto per troppi e da sè eloquenti motivi; la media inferiore è frequentata dal 10% degli studenti, quella superiore soltanto dall’1,5%. Questo il deprimente quadro complessivo dell’istruzione pubblica, senza voler considerare l’aggravante fenomeno derivato dall’analfabetismo funzionale e di ritorno. Come ulteriore elemento negativo, di natura psicologica, bisogna non sottovalutare nel moreno il carattere indolente, gregario e privo di propri incentivi che ostacola fortemente un suo adeguamento culturale e civile che lo sollevi dalla miseria e impedisca l’estendersi dei processi di marginalizzazione. Qualche giovane sprovveduto tenta, a suo modo, di risolverle in fretta cercando fortuna in città. Miraggi di un affamato. Scrive P. Juan Meloni: “L’immagine che offre ora Esmeraldas, rispetto a 10 anni fa, è di una provincia che si risveglia; si costruiscono carreggiate, la gente si muove: ormai tutti si rendono conto che il minimo necessario d cui ci si accontentava prima è miseria che può essere superata”. Si è imboccata nel Paese la strada della storia già percorsa da altri, se ne ricalcano gli errori. “Purtroppo il cammino che si è intrapreso è molto equivoco: tutte le offerte del progresso sono state concentrate nella città. Ai “campesinos” (il 46% sul totale) è vietato cercare una vota migliore sulla propria terra. Nessuno li aiuta in questo senso”. Da ex-dannati della terra l’abbandonano e vanno a patire l’illusione nel suburbio di Guayaquil o sulle “lomas” (alture) di Esmeraldas. E intanto lievita a vista d’occhio nei genitori la giusta asoirazione che i propri figli debbano studiare per potersi sottrarre alla loro futura dannazione. La grande fame d’istruzione dimostra che la coscienza popolare si sta avviando dalla fase del cosiddetto analfabetismo “fisiologico“, (quello non avvertito e non patito), ad una di analfabetismo “patologico“, percepito molto negativamente perchè ritenuto inibitore e castrante di un certo sviluppo personale e sociale. Fase di ripudio, rimozione. Un “concetto occidentale” costante vuole che il progressoculturale cammini sulla rotaia della generalizzazione della comunicazione scritta. Di questo schema si sono impadroniti i politi ecuadoregni che s’infervorano nell’istituire nuove scuole, purtroppo non sempre accompagnate da adeguate misure per un’elevazione generale del livello di vita medio. Si potrebbe forse ripetere, riferendolo a queste circostanze, quant’ebbe a scrivere con sottile ironia il prof. Roberto Neri de La Sapienza di Roma: “Corsi di alfabetizzazione organizzati e concepiti per gran parte con la medesima politica dei cantieri di rimboschimento”. L’immagine che prevale è quella di un intervento tropppo casuale ed improvvisato, manca una certa programmazione politica, un intervento sequenziale. Ma l’Ecuador si sta svegliando appena adesso; non lontano è il giorno della piena coscienza delle proprie, suggestive potenzialità naturali ed allora potrà anche sviluppare con successo e vincere la lotta contro l’analfabetismo e le proprie povertà. Possiamo augurare all’Ecuador che il risveglio scientifico e tecnologico gli risparmi ledilacerazioni e quegli effetti disgreganti e dissolventi che accompagnano spesso una troppo rapida civilizzazione. Effetti trapola. C’è da pregare oerchè lo sviluppo non stravolga il senso di certi equilibri e valori pre-esistenti; non strangoli la percezione della propria identità culturale e antropo-etologica, l’immagine di una potente rasmissione orale; perchè non s’inneschi il deleterio meccanismo della frammentazione e di un uomo economico votato al traguardo “mitico” ed elusivo dell’opulenza. Tormento ed estasi di un Paese dotato di copiose e semisconosciute materie prime e di capacità. l passaggio forzato da sincresi animistico-religiose primitive a propagandate sintesi feticistico-oggettuali non può che rappresentare un suicidio per la nazione. L’annientamento delle tribù, l’abbandono della foresta e della campagna, la corsa artificiale verso la periferia ed il chiarore elettrico delle città fa temere per un qualcosa d’innarestabile; per quel fenomeno socio-storico tipico che anche noi in Italia abbiamo dovuto scontare con esodi e migrazioni di massa: lo sviluppo caotico di città impreparate ad accogliere, di metropoli ipertiroidee e nervose.
Un ecuatoriano con lo smarrimento negli occhi e le sindromi di sradicamento nell’anima chi potrebbe salvarlo? Una rivoluzione o tante? (Continua) © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata, continua in III puntata con “Il Colegio 10 de Agosto“.
ESPERIENZA DI UN’EDUCATRICE PONTINA IN ECUADOR:
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Prima di questa sua esperienza a S. Lorenzo del Pailon proveniente dalla missione in alta quota sulle Ande (Sigchos, nell’ultima foto), Madre Camilla (Bertilla) Andreatta aveva operato nella missione comboniana di Asmara e per gli Altipiani dell’Eritrea; dopo sarà a Città del Mexico, nel periodo del catastrofico terremoto, come provinciale del Centro America e madre delle novizie, quindi il suo rientro in Italia chiamata a Roma come procuratrice generale della Congregazione e finalmente, per sua insistente richiesta, il ritorno nella militanza missionaria nella sua terra ormai di elezione, l’Ecuador (Esmeraldas, cuore d’Africa). Per oltre quindici anni si occuperà della pastorale educativa e, sostenuta da vari benefattori da tutt’Italia, di alcuni progetti concreti, tra cui: Educamy, con l’adozione a distanza di quasi 500 niños ecuadoregni sostenuti nei loro percorsi di crescita civile e di studio; Hogar Campesino, costruzione di una casa-famiglia per l’ospitalità di circa 40 minori dei villaggi scesi ad Esmeraldas per studio. Negli ultimi tre anni Madre Camilla si sta interessando anche dei problemi di salute della povera gente curando personalmente la direzione dell’importante Centro “Medico-asistencial Madre Anastasia”.