24th Mar, 2007

50° anniversario della firma dei Trattati di Roma

Alla presenza di J.M.Barroso e di tutti i Capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri.
E domani, pensando al “Manifesto di Ventotene”, la firma solenne della “Dichiarazione di Berlino“.

Quando se ne parlò la prima volta facevo la IV elementare a Borgo Bainsizza.
Ne parlò con entusiasmo la maestra Scarpa, una genovese trapiantata in Bonifica e, a suo modo, pioniera.
Ne aveva parlato con entusiasmo anche mio padre, Giulio, consigliere comunale di Latina ma non avevamo potuto vedere le immagini perchè a casa nostra non c’era ancora la TV.
Per la verità non c’era neanche la rete elettrica e lui si stava battendo come un leone perchè anche le campagne, dove allora abitavamo, potessero finalmente… illuminarsi.
Anche la strada, quel mezzo chilometro che percorravamo a piedi o in bicicletta per andare al bar a vedere un pezzo di telegiornale, era ancora bianca, da asfaltare.
Cinquant’anni fa…
Ieri il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, in visita ufficiale in Italia, ha presieduto alla celebrazione del 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma, della Cee e dell’Euratom ancora in vigore, che si è tenuta presso il Senato della Repubblica.
Ha, quindi, presenziato alla 69ma Sessione plenaria del Comitato delle Regioni, riunito nel prestigioso Auditorium della Conciliazione, dove si è svolta una cerimonia solenne durante la quale è stata adottata la “Dichiarazione delle Città e delle Regioni per l’Europa”, documento politico che identificherà significativamente per i prossimi anni le priorità e gli obiettivi principali degli enti locali e regionali.
Una giornata di alto valore simbolico nel corso della quale è stata inaugurata la Mostra “Capolavori dell’arte europea” alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano. “Il futuro dell’Europa è legato, mai come ora, alla sua unità” ha detto il presidente della Repubblica inaugurando la mostra delle opere d’arte dei 27 paesi dell’Ue al Quirinale. Ma anche:”L’Europa – ha poi aggiunto – deve uscire presto dal punto morto in cui si trova”.
Dopo gli statisti si sono ritrovati a tavola al Quirinale, presenti 115 illustri ospiti, provenienti da tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea. Anche un Convegno, a seguire, “Cinquant’anni d’Europa: Europa anno zero?” organizzato dalla Fondazione De Gasperi per ricordarlo presso l’Aula Giulio Cesare del Palazzo Senatorio del Campidoglio.
Cinquant’anni fa, il 25 marzo del 1957, come scrissero le cronache di allora, a Roma il “cielo era imbronciato, pioveva da 24 ore”, faceva freddo, un po’ come in questi ultimi giorni.
Ma centinaia di romani, malgrado la pioggia, si erano schierati, curiosi e allo stesso tempo fiduciosi del futuro, lungo il percorso del corteo di auto blu che poco prima delle 18 si era diretto verso il Campidoglio per la cerimonia della firma, nella sala degli Orazi e Curiazi.
Sul Palazzo dei Conservatori sventolavano le sei bandiere degli Stati Fondatori: Francia, Germania Belgio, Olanda, Lussemburgo e Italia. Dalle auto scesero i rappresentati politici, poi passati alla storia come i ”padri” della costruzione europea, erano: il cancelliere tedesco Conrad Adenauer, il primo ministro lussemburghese Joseph Bech, i ministri degli esteri francese, Christian Pineau, belga, Paul Henry Spaak, e olandese Joseph Luns. Per l’ Italia c’erano il presidente del Consiglio, Antonio Segni, ed il ministro degli Esteri Antonio Martino.
La cerimonia della firma avvenne su un lungo tavolo coperto da un drappo di damasco rosso. Brevi discorsi, i primi a parlare erano stati Martino, Spaak ed Adenauer, la precedettero mentre filtravano gli scanditi rintocchi della ”Patarina”, la campana del Campidoglio. Le telecamere dei sei Paesi interessati, per la prima volta forse, avevano ripreso tutto in diretta cosicché anche noi oggi possiamo essere virtualmente presenti, a distanza di mezzo secolo. Sull’incontro aleggiava, richiamato da tutti, lo spirito di Alcide De Gasperi. Nessuno poteva dimenticare, e non solo per un riguardo al paese ospitante, l’impegno del grande trentino per creare le basi dell’integrazione europea come antidoto ad altre guerre. Cerimonia breve, descrissero le cronache, già finita un’ora dopo.
Il belga Spaak aveva subito sottolineato che molto cammino restava ancora da compiere, anche se la prima grande tappa era stata ormai raggiunta. E ancora oggi molto cammino resta certamente da compiere. Soltanto sedici anni dopo, il 1 gennaio 1973, i sei paesi originari sarebbero diventati nove, per arrivare a 12 dopo altri tredici anni e a 15 il 1 gennaio 1995. Intanto già a giugno del 1979 eravamo andati alle urne per la prima elezione diretta del Parlamento europeo. Nel 1986 si era passati, nel frattempo, all’Atto unico europeo e poi al Trattato di Maastricht, firmato nel ‘ 91 ma entrato in vigore nel ’93. Ricordo ancora il grande Giovanni Spadolini (*), uno dei suoi artefici quando, da poco firmato, venne a parlarcene in un Teatro grande gremito all’inverosimile, al Palacultura di Latina (e non … di “Littoria” come contraddisse, seppure senza scandalizzarsi e correggendo amabilmente, la domanda di uno studente neo-nostalgico di altri tempi).
E il ricordo, quel giorno, non poteva che risalire doverosamente ad Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni i tre intellettuali confinati dal regime fascista nella nostra Isola pontina di Ventotene che nell’agosto del 1941 avevano sottoscritto il loro Manifesto “Per un’Europa libera e unita”, che aveva ispirato l’Unione.
Nella loro consapevolezza questi antesignani avevano concluso il documento con un’ultima emblematica annotazione:”La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”…
Mettere insieme i grandi paesi dell’Europa continentale nell’Unione europea con l’allargamento e con il Trattato costituzionale rappresenta “una svolta epocale” ha dichiarato il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un’intervista al Tg1. E pensava ai 27 Paesi di oggi, agli oltre 500 milioni di abitanti, alla nascita di una “famiglia europea”. Particolarmente soddisfatto il presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi, già presidente della Commissione europea, che tuttavia dice:”L’Europa deve mantenersi unita se non vuole arretrare nei confronti dei grandi del mondo”. Già, l’Europa non può permettersi il rischio di diventare “un piccolo promontorio del continente asiatico” come temeva Paul Valéry (Varietà).
Tutti gli italiani di ogni idea e condizione, semplici cittadini come noi, si aspettano che da questa sessione il processo d’integrazione europea, l’Europa delle regioni e dei popoli, possa trovare nuovo vigore e nuovo impulso. Con l’orgoglio, anche, che esso possa ripartire proprio dalla nostra Capitale, culla della cultura e della storia europea e capitale della cristianità, (se pure il Papa si sia lamentato per la mancanza di riferimenti formali alle radici cristiane dell’Europa), dove non a caso 50 anni fa vennero sottoscritti i Trattati. In serata Prodi ospite con altri 27 Capi di Stato e di Governo della Presidente di turno dell’Ue, Angela Merkel, dichiara al TG3:” Mi aspetto che la Dichiarazione di Berlino sia la fine del lutto” alludendo con ciò ai due referendum negativi di Francia e Olanda che hanno rallentato il processo di unificazione in corso. E la Merkel:”Vogliamo mettere in evidenza quello che ci unisce”. Si prevede che la Dichiarazione che sarà letta domani al Museo della Storia tedesca, in una giornata che lì si prevede di splendido sole, pur senza richiamarsi espressamente al valore di una “costituzione”, contenga l’impegno forte a trovare una soluzione comune alla crisi istituzionale dell’Unione entro il 2009. Questo è anche il sorridente messaggio che ci consegnano gli studenti di tutt’Europa che oggi si sono incontrati in un meeting di belle speranze nell’Aula Magna dell’Università di Roma 3.
Con meno diffidenza, forse, di quanto potevamo coltivare noi bambini, allora…
Con meno diffidenza di quanto hanno oggi i nostri ragazzi che nei cortili delle loro scuole giocano ormai abitualmente sotto la sventolante bandiera blu coronata di stelle dell’Unione e sanno subito riconoscere “L’inno alla gioia” di L.van Beethoven come il loro inno transnazionale.
Confutando A.Rimbaud de “Le bateau ivre” che aveva scritto “Je regrette l’Europa, aux anciens parapets!” noi oggi siamo, invece, convinti di non doverla rimpiangere quell’Europa.
Sergio Andreatta, 24.III.2007.
(*) Latina, 12.XII.1991: in quell’occasione Giovanni Spadolini mi donava una copia, con dedica autografa, del suo ultimo libro “A tu per Tu”, Tea 2 – Editori Associati S.p.A.).

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