19th Lug, 2011

Sergio Andreatta, Esperienza di un’educatrice pontina in Ecuador (3)

Sergio Andreatta, Esperienza di un’educatrice pontina in Ecuador (3): Madre Camilla Andreatta.

ESPERIENZA DI UN’EDUCATRICE PONTINA IN ECUADOR:

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(III/4, continua) A oltre trent’anni di distanza dalla sua pubblicazione su ECONOMIA PONTINA, la rivista culturale della CCIAA di Latina (3° Quadrimestre 1980, ppgg.9-13), riproponiamo (a puntate) il  sempre attuale articolo scritto allora da Sergio Andreatta. Una veloce zumata a inquadrare il precario contesto sociale di San Lorenzo del Pailòn, il progetto “Colegio 10 de Agosto” e i primi traguardi pedagogici raggiunti da Madre Camilla Andreatta

Il Colegio “10 de Agosto”

La data sottolinea un importante evento di storia patria: il giorno della liberazione dai coloni spagnoli (il 10 agosto 1809) da parte di Simon Bolivar. Si è definito il Colegio un’iniziativa missionario-laica. I pochi italiani capitati in quei lontani approdi per spirito di avventura ben sanno che non c’è forzatura o sofisma in questo concetto, solo apparentemente antonimo. I giornali documentano ogni giorno significati e testimonianze eroiche dei missionari “… in sud-America dove ammazzano i vescovi sull’altare…” come ammette il deputato comunista Antonello Trombadori (Il Messaggero del 4-2-’81, pag. 3). Testimonianza coraggiosa di civiltà e umanesimo in un continente logorato da esaltate contraddizioni. Il regime militare ecuadoregno, dopo le elezioni politiche del ’79, ha passato la mano ai civili che hanno saputo instaurare nel Paese una blanda forma di democrazia popolare. Nel recente passato, di fronte alla frequente violazione dei diritti umani e specie di quello fondamentale della vita, il missionario è spesso intervenuto come avvocato difensore dei deboli e dei prevaricati quando altri esiliavano o se ne stavano rintanati a distillare sofisticate ideologie di rivoluzione. Nella base navale di S. Lorenzo del Pailòn risiedeva il rappresentante militare della Giunta e Camilla Andreatta racconta, senza indulgere, un episodio personale in cui lei, come “capo-popolo”, corse il rischio di essere trucidata ed aggiunge: “La proposta cristiana perde del suo significato se non tien conto della dura realtà di gente che lotta per sopravvivere, delusa nelle sue aspettative di libertà, di giustizia, di rispetto della persona. Il nostro impegno è quello di aiutare questo popolo a crescere, a riscoprire i veri valori dell’uomo, a viverli nel suo ambiente socio-politico-religioso…”. E’ il Cristo raffigurato nell’altra faccia della medaglia: l’unica visibile ad un povero, a un oppresso, a un emarginato. E continua: “Qualche missionario ha scritto che si può andare in paradiso anche da analfabeta. Non v’è dubbio che possano andarci anche e soprattutto quelli che muoiono di fame, che sono divorati dalla lebbra, che soccombono ogni giorno alle più nere ingiustizie, che lottano disperatamente per la sopravvivenza, che stringono fra le braccia col figlioletto deceduto per mancanza di un bicchiere di latte, che sono incatenati fisicamente, moralmente e psichicamente nelle galere dei regimi dittatoriali, che piangono lacrime di sangue per la mancanza del necessario, che son privi della libertà, che soffrono ogni sorte di dolore stesi sul giaciglio di un lebbrosario o sul letto pulito dei nostri ospedali.; ma non per questo – prosegue madre Camilla Andreatta – noi cesseremo di occuparci e di preoccuparci di questi infelici. Quando, tuttavia, penso che gran parte dei mali di cui soffrono sono effetto dell’ignoranza, dell’analfabetismo, della loro incapacità di vedere, di lavorare, di produrre, allora ringrazio il Signore di aver acceso nel cuore mio e dei miei amici la fiaccola dell’alfabetizzazione e della redenzione sociale”. Nella violenza delle povertà l’educatrice missionaria si interroga, quasi per “èpater le bourgeois”, scandalizzare certi benpensanti della razza padrona che si allignano perfino nelle alte sfere della gerarchia ecclesiastica e non.

Il “Colegio fiscomisional 10 de agosto” non è l’equivalente di un internato, ma un’istituzione comprendente ogni tipo di scuola media e media superiore (si direbbe oggi omnicomprensiva): giuridicamente è incompleta se comprende solo il ciclo basico (le elementari e le medie); è completa se include nel corso degli studi il ciclo diversificato e cioè il triennio superiore al termine del quale gli studenti conseguono il titolo di “bachillieres”. Il titolo di “bachillier en ciences de la education” corrisponde, con approssimazione, al nostro diploma di abilitazione magistrale. “Fiscomisional” è la scuola, in tutto od in parte, finanziata dallo Stato. La responsabilità di gestione, di funzionamento e l’organizzazione didattica è affidata ai missionari comboniani, fautori e fondatori del Colegio. La prima “rectora”, Camilla Andreatta, conferma che il 10 agosto 1979, giorno dell’inaugurazione, è stato salutato come giorno di grande festa non soltanto dai 24 professori e dai 320 studenti (270 del ciclo basico e 50 del diversificato in scienze sociali), ma dall’intero Cantòn e dal Paese. Un alto funzionario dello IERAC (Ministero di Agricoltura e Foreste – Istituto Ecuadoriano di Riforma Agraria e Colonizzazione) l’ing. P. Saltos B. nella circostanza ha elogiato: “En esta hora de trascendencia historica, en que se abren las puertas de una Nueva Democratia para el pueblo ecuadoriano (n.d.r.: evidente riferimento al passaggio dei poteri dai militari ai civili)…” l’iniziativa dell’istituto e le sue significative finalità di educazione: “El don màs preciado de los hombres”. Quel giorno pervennero ai Fondatori numerosi alti attestati, anche dall’Estero. Secondo gli usi locali l’inaugurazione fu accompagnata da una cerimonia umile ma toccante: ogni moreno stringendo un nastro di quella specie di albero della libertà appeso al tetto dell’edificio, aveva affermato pubblicamente il suo privilegio di “padrino” disposto a tassarsi per il sostegno dell’opera. (Continua© –Sergio Andreatta, Riproduzione riservata, continua in IV puntata con “Per una pedagogia pratica“.

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Prima di questa sua esperienza a S. Lorenzo del Pailon proveniente dalla missione in alta quota sulle Ande (Sigchos), Madre Camilla (Bertilla) Andreatta aveva operato nella missione comboniana di Asmara e per gli Altipiani dell’Eritrea;  dopo sarà a Città del Mexico, nel periodo del catastrofico terremoto, come provinciale del Centro America e madre delle novizie, quindi il suo rientro in Italia chiamata a Roma come procuratrice generale della Congregazione e finalmente, per sua insistente richiesta, il ritorno nella militanza missionaria nella sua terra ormai di elezione, l’Ecuador (Esmeraldas, cuore d’Africa). Per oltre quindici anni si occuperà della pastorale educativa e, sostenuta da vari benefattori da tutt’Italia, di alcuni progetti concreti, tra cui: Educamy, con l’adozione a distanza di quasi 500 niños ecuadoregni sostenuti nei loro percorsi di crescita civile e di studio; Hogar Campesino, costruzione di una casa-famiglia per l’ospitalità di circa 40 minori dei villaggi scesi ad Esmeraldas per studio. Negli ultimi tre anni Madre Camilla si sta interessando anche dei problemi di salute della povera gente curando personalmente la direzione dell’importante Centro “Medico-asistencial Madre Anastasia”.

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