19th Lug, 2011

Sergio Andreatta, Esperienza di un’educatrice pontina in Ecuador (4)

Sergio Andreatta, Esperienza di un’educatrice pontina in Ecuador (4)

ESPERIENZA DI UN’EDUCATRICE PONTINA IN ECUADOR:

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(IV/4, fine) A oltre trent’anni di distanza dalla sua pubblicazione su ECONOMIA PONTINA, la rivista culturale della CCIAA di Latina (3° Quadrimestre 1980, ppgg.9-13), riproponiamo (a puntate) il  sempre attuale articolo scritto da Sergio Andreatta. Una veloce zumata a inquadrare il particolare contesto antropologico di San Lorenzo del Pailòn, il progetto “Colegio 10 de Agosto” e i primi traguardi intermedi raggiunti  da Madre Camilla Andreatta con questa azione missionaria

 

Il Colegio “10 de Agosto”: le finalità educative

 

Educare l’Ecuador per mezzo dell’Ecuador” risponde Madre Camilla Andreatta parafrasando un’idea di successo di Daniele Comboni sull’Africa. Nello statuto della scuola si parla così di:

  • Fornire “alfabeti di lettura” della complessa realtà locale;
  • Favorire nel giovane la presa di coscienza della sua realtà socio-storica, la promozione e la partecipazione ad un mondo più umano e solidale;
  • Educare non a possedere di più, ma ad essere di più (sembrerebbe una proposizione rubata o desunta da Erich Fromm), ma essa è diacronicamente precedente ed assume un particolare sapore se riferita all’analisi sociologica del “pais”);
  • Preparare persone che siano, domani, agenti di rinnovamento sociale del proprio popolo;
  • Aiutare gli educatori, assisterli perché non desistano troppo facilmente dai loro obiettivi (funzione importantissima di sostegno e di rinforzo psicologico) ed in questa prospettiva il motto della scuola è: Siempre sembrando / Sempre seminando”;
  • Suscitare, incoraggiare e fortificare negli alunni valori e disposizioni moralmente validi (in un contesto socio-ambientale precario che disconosce in prevalenza il matrimonio, la famiglia, i figli);
  • Risvegliare la curiosità e l’interesse dei genitori per il processo educativo; promuovere la loro collaborazione e l’abbandono di atteggiamenti parassitari;
  • Propagandare il tema dell’educazione igienico-sanitaria, della salute del bambino specie nel primo periodo di vita;
  • Aprire il discorso educativo del bambino senza famiglia;
  • Demonizzare culturalmente il tema della violenza;
  • Sviluppare un programma di attività psicomotorie e motorie sportive. La vita del Colegio, che si misura in quasi dieci anni di operosità, non è stata sempre facile: sin dagli inizi la volontà di continuare ha reso necessaria la comprensione o il superamento di scabrose difficoltà:
  1. l’iniziale indifferenza e disinteresse dei morenos;
  2. la molto diffusa mancanza dell’istituto del matrimonio, e di conseguenza, l’instabile effettività familiare (amore libero, figli in stato abbandonico,…);
  3. la rimozione psicologica dei fattori ambientali o ereditari che accrescevano la mortalità scolastica;
  4. la mutevole residenza degli studenti a seguito delle continue migrazioni verso la Sierra (si dice che sui pendii delle Ande non sia difficile la loro trasformazione in “cocaleros”, ricchissimi e semiclandestini coltivatori e spacciatori di cocaina, la “dea blanca” degli indios che ne masticavano le foglie ancora verdi attirati da misteriose ed allusive sensazioni di benessere).

A tutto questo bisogna aggiungere da sempre il grave malessere della discontinuità didattica che affligge anche il Colegio: la zona rurale, depressa, emarginata “non paga”, cioè non gratifica abbastanza, i docenti che “non vi si radicano facilmente” e così, appena possono, “tagliano la corda” alla ricerca di altre sedi più comode ma così un organismo già defedato corre il rischio di morire. “Ma le difficoltà in sé non spaventano, misurano l’uomo”. E Camilla aggiunge anche un’altra significante frase: “Le speranze dei giovani di qui non possono andare deluse; bisogna alimentarle perché essi siano i rinnovatori delle speranze degli altri, degli adulti, degli emarginati”.

Gli obiettivi didattici

Con la promozione di un complesso di abitudini e di istruzioni il Colegio intende far apprendere ai giovani morenos delle abilità base di transfert. L’azione didattica si sviluppa e si dirige in maniera organizzata e consapevole: il ciclo diversificato si rivolge puntando sul loro apprendimento di determinati requisiti professionali. In termini tecnici si spera d’incanalare questi studenti verso qualifiche professionali “mediane o intermedie” come l’agricoltura, la meccanica, l’industria elettrica, le manifatture, ecc… L’auspicio della “rectora”  è che ne escano professionisti e “bacillieri” che non emigrino dal loro Canton, depauperandolo ulteriormente e: “… lasciandoci con speranze perdute”. Sarebbe un grosso (ma forse inevitabile) disinganno.

Per una pedagogia pratica

 Suor Camilla Andreatta, infaticabile propugnatrice di una pedagogia pratica ed essenziale che sia riflesso speculare della situazione reale del Canton, ritiene che solo una metodologia e una didattica operazionali possano garantire il raggiungimento dei fini generali e particolari prefissati: tra questi riveste una preminente valenza l’impegno a formare nei giovani “tipi non conformisti”, capaci di cambiare e far cambiare stile e qualità di vita, capaci d’imporsi il divorzio dalla proverbiale indolenza morena. E lei stessa ha voluto fornire un esempio concreto accorrendo in barca con le provvidenze della Croce Rossa in soccorso dei terremotati della confinante Columbia (1980). A S. Lorenzo agisce un campo d’azione molto promettente. E’ stato proposto da alcune fonti qualificate che il Colegio attui e realizzi una più stretta collaborazione allo sviluppo del paese, anche attraverso le “mingas sabatinas”  (prestazioni di lavoro gratuite e sabatiche, cioè in giorni extra-scolastici). Così, facendo capo agli allievi del Colegio, si potrebbe insegnare al popolo la cooperazione finalizzata, in un concorso solidale di forze, all’effettuazione di piccoli lavori pubblici in caso di necessità ed urgenza (n.d.r.: una sorta di squadre di protezione civile) e alla miglioria del paese.”La gente impara così a rendere più decente il proprio paese, ad unire lo sforzo con quello del vicino, ad intavolare reciproca amicizia, a scambiarsi idee”. In epoca di elaborate teorie e discussioni, spesso stagnanti, fa piacere riscoprire il senso perduto dell’operosità in questa lezione elementare di civismo e di cooperazione educativa. © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata, 4/IV fine.

 

Bibliografia

  1. Raggio, Verona, n.1, gennaio 1979, pp. 10-13;
  2. El Colegio…, opuscolo, … y Canyzares, Esmeraldas, 1979;
  3. ECONOMIA PONTINA, Sergio Andreatta – Fausto Coluzzi, Il bambino e il diritto allo studio e alla conoscenza, Cfr. pg. 48, 1 Quaderno, 1980, Latina;
  4. Raggio, Verona, n. 10, dicembre 1980, Rinnovatori di speranza, pp. 18-25;
  5. Carteggio Privato in possesso dell’autore dell’articolo.

 

Prima di questa sua esperienza a S. Lorenzo del Pailon proveniente dalla missione in alta quota sulle Ande (Sigchos, nella prima foto), Madre Camilla (Bertilla) Andreatta aveva operato nella missione comboniana di Asmara e per gli Altipiani dell’Eritrea;  dopo sarà a Città del Mexico, nel periodo del catastrofico terremoto, come provinciale del Centro America e madre delle novizie, quindi il suo rientro in Italia chiamata a Roma come procuratrice generale della Congregazione e finalmente, per sua insistente richiesta, il ritorno nella militanza missionaria nella sua terra ormai di elezione, l’Ecuador (Esmeraldas, cuore d’Africa). Per oltre quindici anni si occuperà della pastorale educativa e, sostenuta da vari benefattori da tutt’Italia, di alcuni progetti concreti, tra cui: Educamy, con l’adozione a distanza di quasi 500 niños ecuadoregni sostenuti nei loro percorsi di crescita civile e di studio; Hogar Campesino, costruzione di una casa-famiglia per l’ospitalità di circa 40 minori dei villaggi scesi ad Esmeraldas per studio. Negli ultimi tre anni Madre Camilla si sta interessando anche dei problemi di salute della povera gente curando personalmente la direzione dell’importante Centro “Medico-asistencial Madre Anastasia”.

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