22nd Ago, 2011

Ad ognuno la sua reliquia. Usi e costumi d’Italia.

Ad ognuno la sua reliquia. Usi e costumi d’Italia.

Festa delle Reliquie a Picinisco.

 

Articolo e foto di Sergio Andreatta (da www.andreatta.it ) sergio.andreatta@andreatta.it

wpit88x31 Verso la meta del suo lungo viaggio spirituale e delle molte peripezie in cui avrebbe potuto pericolosamente imbattersi, l’uomo-pellegrino, al fine di sviluppare le sue sicurezze terrene, ha sostato per secoli nel culto delle reliquie.

 

Colpita da ripetute calamità naturali, carestie, pesti, da epidemie varie alle persone e agli armenti che cosa restava altro da fare, a questa povera gente della Val di Comino, se non votarsi con fede ai suoi Santi patroni? Non sembrava esserci, fino a tempi abbastanza recenti, altra via conosciuta di salvezza, non una medicina preventiva o abbastanza curativa, non uno stato di scienza così evoluto da risultare risolutore per questi mali devastanti. Non era diffusa, soprattutto, quella mentalità laica e positiva che potesse giovare all’interpretazione giusta degli eventi, anzi si sarebbe dovuto aspettare ancora molti secoli,  per lo meno fino alla rivoluzione francese e al secolo dei lumi, per una qualche apertura di credito alla ragione e alla scienza. Ma ancora oggi, agli inizi del XXI secolo, nella nostra società questo approccio mentale risulta precario e la fiducia dell’uomo nella scienza e nella ragione, di fronte al ripetersi di certi fenomeni catastrofici come lo tsu-nami giapponese, non sembra poter essere esaustiva e di garanzia assoluta. Ed ecco, a propria utilità, nella ricerca ostinata di uno scudo-parafulmine, diffondersi rapidamente tra la gente l’ispirato culto delle reliquie giacchè per funzionare, per risplendere le reliquie hanno sempre avuto bisogno della tenebre. Bisognava perciò che la comunità locale si accaparrasse, fino a farne incetta, quante più reliquie potesse, spoglie, oggetti o ricordi appartenuti ai santi o a figure importanti della coesiva e protettiva religione. Sorse così il lucroso mestiere del mercante di reliquie. E diventarono ben 135 le reliquie scrupolosamente catalogate dalla Chiesa Piciniscana, per una raccolta durata secoli, come ha potuto minuziosamente ricordare il 21 agosto il noto storico locale mons. Dionigi Antonelli nella dotta omelia per la solenne celebrazione dell’antica Festa delle Reliquie. Una devota collezione identitaria custodita in preziosi reliquari d’argento, una volta ben lucidati e splendenti, un inventario che si è andato arricchendo di nuove dotazioni intorno alla Collegiata Chiesa matrice di S. Lorenzo dal XVI secolo, a partire dalle reliquie di San Lorenzo martire (in coincidenza della festa è concesso lucrare l’indulgenza plenaria dei vivi e per i morti) a quelle di Santa Potenziana, fino al corpo di un San Generoso, forse soldato romano martirizzato (ne esiste uno anche a Celano), forse un benedettino di questa prodiga terra, di cui misteriosamente non si ha, però, ormai più nessuna traccia. E sentendo attentamente la predicazione del prelato: ”Che fine  avrà mai fatto quella salma? – mi sono chiesto – Sarà stata trafugata e quando? Sarà andata dispersa per la guerra o non sarà stata magari sottratta ad arte dopo esser stato proposta al culto? Un falso, forse?” Dopo l’odierna, clamorosa attestazione da parte dello storico mons. Dionigi Antonelli* della reale presenza a Picinisco del corpo di questo santo   rimane dunque un giallo, il più fitto dei misteri sul quale varrebbe la pena di indagare più a fondo. Peraltro lo stesso elevato e straordinario numero di reliquie detenute per il culto locale potrebbe costituire un significativo oggetto di studio sociologico sulla credulità popolare o sulla forza dell’intercessione partendo dall’ipotesi simmetrica delle tante reliquie per tante disgrazie e sfortune, a partire da terremoti (ultimo quello del 1984) e pesti, che affliggevano periodicamente queste genti. A partire anche dalla fiducia “limitata” accordata a ciascun santo per cui non era escluso a priori che quando non bastasse l’uno ci si potesse rivolgere più proficuamente all’altro, con un po’ di sana competizione tra loro, ma senza offese naturalmente. Come è noto nella tradizione cristiana le reliquie sono rappresentate, perlopiù, da spoglie corporali di santi oppure da vestimenti e oggetti legati alla loro vita, o, andando improbabilmente a ritroso fino alla fonte, a quella dello stesso Gesù Cristo. Il culto delle reliquie appartenute a martiri cristiani è storicamente molto antico, risalente al periodo delle prime Catacombe romane e sicuramente almeno al II secolo. Un vero incremento del culto, fino a diventare moda per i tempi, si ebbe, però, con l’afflusso di reliquie dal Medio Oriente all’epoca delle Crociate (nella vicina Veroli è del 1209 il rinvenimento-traslazione del corpo di S.Maria Salome madre degli apostoli Giovanni e Giacomo maggiore) e tutto un pullulare, a latere, di culti superstiziosi riguardanti queste reliquie da cui il sospetto di fiorenti commerci che diedero adito a forti dubbi riguardanti la loro autenticità (oggi basterebbe un’accurata indagine del R.I.S. dei Carabinieri o di altro nucleo investigativo per dimostrarne la fondata falsità) e ad un uso strumentale. Non estraneo al fenomeno, quindi, il sospetto di tentato (anzi  in alcuni casi dimostrato, ad esempio, con i miseri resti di Santa Giovanna d’Arco che si sarebbero appalesati all’analisi di laboratorio come delle profananti ossa di scimmia) lucro e di piegamento della ragione alla superstizione con l’introduzione di credenze suggestive e pratiche considerate, da osservatori che muovono da un punto di vista razionale e scientifico, irrazionali e puro prodotto dell’ignoranza e della paura dell’ignoto. Per i maggiori analisti scientifici restano così in piedi tutti i sospetti scientifici sulla Sindone o sul sangue di S. Lorenzo che si scioglierebbe annualmente ad Amaseno o  di S. Gennaro nel duomo di Napoli. Meri prodigi, più che miracoli, dell’alchimia medievale. Questa promozione manipolativa di certo clero, questo sconfessabile imbroglio e la coltivata adesione implicava ed implica tutt’ora la convinzione che forze invisibili e sconosciute possano essere influenzate mediante il ricorso a oggetti particolari o a determinati rituali; mediante l’intercessione (e non possiamo ragionevolmente escludere la potenza della preghiera perché riferita ad un’altra dimensione della personalità e della cultura) dei Santi di cui si custodiva gelosamente una loro traccia come contrassegno di protezione sulla comunità locale. Generalmente questi rituali, giunti nella Valle di Comino intorno al VI-VII secolo con la graduale penetrazione della liturgia romana, si estendevano innestandosi e per certi versi andando a perpetuare riti pagani antecedenti non facilmente sradicabili ma più facilmente riconvertibili in presenza di situazioni caratterizzate da alti margini di rischio, casualità o incertezza, o nelle persone in preda a crisi personale, o ancora in società attraversate da grande incertezza e disorientamento. In breve, quanto più gli eventi sembrano ancora oggi sfuggire al controllo umano, quanto più si patisce il senso del proprio limite tanto più, secondo gli psico-antropologi, la gente fida in credenze, in forze invisibili e superiori, eterodirette al bisogno di riequilibrio della propria personalità soggettiva e comunitaria. Entriamo in un campo complesso in cui entrano in gioco sensazioni ed emozioni più che ragione e scienza e del resto la personalità è composta anche da queste inescludibili energie e dinamiche. Non è possibile, infatti, definire oggettivamente un comportamento o un pensiero come certamente superstiziosi, in quanto ciò che per alcuni è una realtà certa, seppure non dimostrabile, per altri può sembrare soltanto una superstizione e viceversa. Insomma fede e superstizione compaiono spesso non disgiunte né facilmente disgiungibili come risulta ancora molto evidente nella vicina e sottostante Gallinaro dove, dopo un certo  sbiadimento della venerazione per le ossa di un S. Gerardo morto di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, l’attenzione si sta riversando e concentrando sulla più commerciale fenomenologia recente della pseudo-mistica del Bambino Gesù. Tutte le religioni, del resto, ammettono nel proprio seno varie forme rituali paraidolatriche condannando come superstiziose solo le pratiche ritenute maggiormente non ortodosse. Tra i maggiori e più efficaci difensori della venerazione delle reliquie troviamo, comunque, un grande teologo della Val di Comino, quel san Tommaso d’Aquino, nativo di Roccasecca, che vedeva nei corpi dei santi gli strumenti dello Spirito Santo. Questa pratica tradizionale e un po’ folkloristica della devozione religiosa delle reliquie sarebbe stata recisamente rifiutata come deleteria dai sostenitori della riforma protestante, ma ancora riaffermata dal Concilio di Trento. Così radicata nella tradizione della Chiesa sarebbe stato ormai impossibile sradicarla, salvo favorire la nascita di altri scismi. La stessa Chiesa ortodossa aveva, peraltro, ammesso la venerazione delle reliquie per decreto durante il Concilio di Costantinopoli (1084). Ma reliquie di Maometto e di altre figure religiose dell’Islam sono conservate nelle città sante della Mecca e di Medina e il culto delle reliquie si riscontra anche nel buddhismo tanto che reliquie attribuite al Buddha e ai grandi maestri buddhisti  sono conservate in diverse località. Insomma anche se questo non è un vero e proprio segno di fede è una costante che si riscontra, sia pure con diverse sfumature di senso e di valore, nelle varie religioni. Dopo la celebrazione della messa solenne, partendo dalla chiesa matrice di Picinisco, è uscita per le vie medievali e moderne del paese, un po’ esangue per la verità, la processione delle reliquie con in capo, sulle spalle dei portatori mantellati, la statua della Madonna bianca di Picinisco, poi quella di San Lorenzo levita ed, infine al suo esordio dopo la riscoperta nei locali della Congrega ove giaceva abbandonata da chissà quanto, quella della Madonna Pastora. Le statue patrocinatrici, anche per dar fiato alle famiglie dei portatori, hanno sostato nella Piazza del Comune finché non si fosse esaurita la sarabanda onorifica dei botti e dei fuochi d’artificio di mezzogiorno che ha sconquassato per un po’, fino a farla sussultare in un piccolo artificiale terremoto, tutta la valletta sottostante. Il rito esorcistico e la chiamata a protezione della comunità, nel rispetto della preservata tradizione locale, hanno avuto così, anche quest’anno, il loro suggestivo ricorso. © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata. (Continua >)

 

* Mons. Dionigi Antonelli, piciniscano, già segretario del Vescovo di Sora, rettore del Santuario della Madonna di Canneto, studioso di storia locale e autore di numerosi testi (alcuni dei quali prefati dal prof. Paolo Brezzi già ordinario di storia medioevale all’Univ. La Sapienza di Roma) particolarmente apprezzati per l’accuratezza delle fonti. Ci riserviamo di intervistarlo nei prossimi giorni sulla storia delle sacre reliquie di Picinisco.

Nota aggiuntiva:

In alcuni studi di antropologia culturale si sostiene che la magia, e Picinisco è notoriamente anche terra di magia non soltanto nella frazione di San Giuseppe, con le sua cerimonie e i suoi rituali, non sia poi tanto distante da alcune forme secondarie di credenza e di pratica religiosa che attribuiscono caratteristiche soprannaturali a oggetti inanimati, a “reliquie-feticci” che richiamano nel fedele l’immagine del santo divinizzato. E’ una pratica associata alla dottrina delle “potenze” (spiriti), a loro volta associate a oggetti concreti ritenuti dotati di potere spirituale. A questa associazione agli spiriti intercedenti si è fatto nei secoli e si fa ancora frequente ricorso e impiego per contrastare esseri malefici e forze negative promanate dalla natura. La psicologia ritiene che più le persone sono disturbate nella loro personalità, più il bisogno di aiuto e le fantasie, anche sessuali, connesse si concentrano su una reliquia-feticcio. Quindi, secondo loro, questa devozione feticista (anche nella sua riconoscente espressione degli ex-voto che si conferiscono – per grazia ricevuta – ai santuari, come ad esempio a quello di Canneto) serve ad alleviare il senso di inadeguatezza di una persona di fronte alla finitudine e ai non sondabili casi della vita. Ma il cristianesimo autentico, fondato sul messaggio di salvezza di Cristo che si riscontra nei Vangeli, che cosa ha a che fare con queste pratiche? Eppure c’è stato sempre chi, dall’interno della Chiesa, le ha fomentate. Il cristiano adulto si nutre, invece, di fede autentica e di ragione autonoma senza bisogno di lacci stregoneschi e di coartazioni a livello inconscio. Il cristiano adulto non fa mai ricorso a forme oscurantistiche di culto di oggetti o  al trasferimento psicologico dei desideri religiosi su oggetti sostitutivi. (NdA)

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