Ezio D’Aprano, Affetti Dispersi.
“L’inferno si era trasferito a Castelforte; i bombardamenti degli Alleati non davano tregua ed era impossibile uscire dai rifugi. Il sibilo dei proiettili era divenuto insopportabile e le esplosioni vicine e lontane sbriciolavano i muri delle abitazioni…” (Pag. 88, rif.: Francesco Di Paola).
Quello di Ezio D’Aprano non è soltanto il libro della vicenda personale, degli “Affetti Dispersi” ma il racconto di una Comunità, de “La popolazione di Castelforte tra guerra e dopoguerra (1943-1944)” dove in cinque densi capitoli si racconta dei tedeschi a Castelforte (I), del dramma della popolazione (II), del prezzo della salvezza (III), degli sfollati di Castelforte nel Nord Italia (IV), della ricostruzione (V).
Insegnante elementare prima, professore di pedagogia all’Istituto Magistrale “A. Manzoni” di Latina poi, D’Aprano partecipa dall’interno al tentativo di rinnovamento della scuola introdotto dai Decreti Delegati del 1974. Viene, quindi, sollecitato ad impegnarsi nel sindacato di categoria con responsabilità provinciale e regionale fino all’incarico nell’ufficio legislativo della Cisl Scuola Nazionale. Nel 2000 va in pensione ma non si colloca intellettualmente “a riposo” e così, dopo l’avvenuto “ritrovamento rocambolesco” del diario del padre Arturo, poche pagine vergate a mano nei due campi di internamento in Germania dove era stato deportato, si risveglia in lui il furore dei ricordi dell’infanzia e il desiderio di far rivivere in qualche modo quei tempi lontani prima che la dimenticanza se li possa trascinare via del tutto. Sul filo di questa ricerca storica locale, stimolata dai suoi spiccati interessi e permessagli dal molto tempo a disposizione, già nel 2005 aveva pubblicato a cura del Sistema Bibliotecario Sud Pontino i suoi “Ricordi d’Infanzia” ora riproposti con il nuovo titolo di “Infanzia da sfollato” – Da Castelforte a San Matteo di Viadana e Roma tra pensieri e ricordi –
La vicenda di “Affetti Dispersi” narra, quindi, le vicissitudini della popolazione di Castelforte investita in pieno dagli eventi bellici del 1943-1944. Dopo l’8 settembre 1943 i tedeschi si insediarono subito a Castelforte e già il 23 misero in atto la deportazione degli uomini verso i lager della Germania. Poi ordineranno l’evacuazione totale del paese, ma molti abitanti per non allontanarsi troppo dalle loro case si rifugiarono nella macchia e sulle montagne sovrastanti tentando di rientrarci alla spicciolata quando il pericolo e la sorveglianza sembravano un po’ allentarsi. Ma si era qui nel cuore della Linea Gustav e gli attacchi degli Alleati si intensificarono tanto che venne disposto il forzoso sfollamento di tutti verso Roma e il Nord Italia… Su questi fatti avevo già letto il libro-testimonianza scritto, a cinquant’anni esatti di distanza, da un altro dei tanti maestri del paese, Francesco Cimino, libro (F.Cimino, Cinquant’anni dopo. Diario di un internato in un lager nazista, Officina Grafica Della Vecchia, Latina, 1996) la cui prefazione era stata curata da mio zio Leone Mancini di Picinisco. Ma anche l’amico e collega Raffaele Castrichino mi aveva dato in lettura il suo “Il dramma di SS. Cosma e Damiano nel fronte di guerra” (O.P.I., Roma,1962).
Bombardamenti, ruberie, violenze, lacerazioni, tragedie, tutto l’ordinario campionario di dolore di un teatro di guerra minimamente raccontabile finché il 13 maggio 1944 anche Castelforte venne liberata… “All’alba la voce dei cannoni cessò e iniziò la ritirata della Jugend hitleriana. Sentimmo il battito degli zoccoli dei muli sul selciato. Corsi fuori per rendermi conto… un giovane tedesco, in divisa del Terzo Reich, ancora imberbe, mi prese per mano e mi spinse nel frantoio della famiglia Forte, dove eravamo nascosti, dicendo:”Tommy! Tommy!” (Soldati inglesi!). Capii allora che gli Alleati forse avevano ottenuto la vittoria… Ich bin bei Berlin. Mein Vater, meine Mutter, mein Bruder, meine Schwester alle kaputt. Ich bin jung und will leben” (…Tutti morti. Io sono giovane e voglio vivere”. Pag. 89)… Nei mesi successivi rientreranno da ogni parte, quelli che rientreranno, gli sfollati ma le devastazioni trovate nel paese, traumatiche e immensamente superiori a qualsiasi immaginazione, spingeranno moltissimi ad andarsene, a migrare
e il paese già stremato sarà costretto a subire per giunta lo shock e la tristezza culturale di un emorragico spopolamento. E intanto “Les morts, les pauvres morts ont de grandes douleurs” come aveva cantato Charles Baudelaire. Tutti i morti, di Castelforte, di Ss. Cosma e Damiano, di Minturno, di Formia come quelli di Cassino, fino ai paesi della Valle di Comino sulla stessa Linea e di tanti altri Comuni e contrade italiane. Spesso morti rimasti ignoti… E che forti emozioni dovettero provare le famiglie castelfortesi che si dividevano, per le radici che si spezzavano, per il paese che si era costretti ad abbandonare e per sempre… Una sofferta diaspora. Ad alcuni di questi (La Starza, D’Aprano, Ruggiero) mi legano anche rapporti di familiarità o d’ufficio (Testa, Borrelli, Patriarca) o di amicizia (Cinquanta, …)… Per il suo doloroso calvario la martire Castelforte, ora conosciuta anche come “Città per la Pace“, è stata insignita dal Presidente della Repubblicala della Medaglia d’Oro al Valor Civile con la seguente motivazione: “Trovatasi al centro di furiosa durissima battaglia, sopportò con animo impavido le più rovinose distruzioni e le più crudeli perdite di vita umane, sempre conservando intatta la sua fede nella Patria e nella Libertà”.
… Nella Prefazione il giornalista e scrittore Antonio Ghirelli scrive: ”Questo libro semplice e bellissimo di Ezio D’Aprano documenta da vicino e dettagliatamente le pene, i sacrifici, le privazioni, il dolore e il coraggio della gente di Castelforte, nel cuore dell’incendio infernale di quella guerra, anche perché nasce da chi ha vissuto personalmente la condizione dello sfollato, che per troppi abitanti di quel paese, anche dopo la pace e la ricostruzione, si è tradotta nella scelta angosciosa dell’emigrazione oltre Oceano”. E se Francesco De Sanctis ne “La giovinezza” si chiedeva “A che giovano le memorie? Di noi muore la miglior parte, e non c’è memoria che possa risuscitarla” se si indebolisse quella civile, ma anche quella nostra esistenziale, se la si facesse estinguere, credo che ci sentiremmo, anche i giovani tutti proiettati al futuro, immensamente più vuoti e poveri.
© Sergio Andreatta, 3.04.2008
EZIO D’APRANO, AFFETTI DISPERSI (La popolazione di Castelforte tra guerra e dopoguerra, 1943 – 1944), Herald Editore, Roma, 2008, Ppgg. 260.