La visione del cielo di agosto.
Picinisco, 24 agosto 2011. Osservazioni notturne in località Prati di Mezzo (m. 1400 s.l.m.) nel suscitato ricordo dell’astronomo Ernesto Capocci di Belmonte.
di Sergio Andreatta (www.andreatta.it ) sergio.andreatta@andreatta.it
Stelle, tante vivide stelle, radianti. Nel buio della notte “il cielo stellato è sopra di me e la legge morale dentro di me”, come viene naturalmente da pensare ricordando il celebre motto di Immanuel Kant nella Critica della Ragion pura. Con un gruppo ristretto di astrofili, di occasionali osservatori e di semplici curiosi ci troviamo nel mezzo della notte in località Prati di Mezzo (m. 1400 s.l.m.) a Picinisco. Il buio è totale, appena appena interrotto da qualche lucetta lontana che balugina nei rari stazzi dei pastori. E se quella lampadina dà loro sicurezza, quanta ne potrà dare a noi un luminoso firmamento come questo? La Piana di S. Giovanni è a forma di parabola, contornata circolarmente da bordi montagnosi più rilevati anche di 800 m. Nel buio più totale di quando manca la luna i nostri passi sul prato e tra i sassi sono appena rischiarati da qualche improvvisa schermata di cellulare verso terra ad evitare d’inciampare. Poi più nessun bagliore. Ci devono essere tante misteriose presenze che si muovono intorno a noi. Non solo di mucche ancora al pascolo che tagliano l’aria della notte, forse disturbate dalla nostra improvvisa seppur cauta e silenziosa presenza. A volte ansimano, a volte muggiscono sfiorandoci come a voler dire: ” Voi cosa fate qui? Lasciateci in pace nel nostro regno. Viaaa!”. Si trasmettono i messaggi nei loro codici e, allora, diventa un piccolo, ricorrente coro di “muuuhhhh!” che suoneranno da avviso per altri o chissà che. Molto in lontananza rilanciano i cani delle greggi, con latrati molto diversi da quelli che fin da bambino abituato a vivere in un podere dell’Agro Pontino bonificato sentivo provenire come risposta da altri più lontani poderi. La notte per questo non è quieta ma, comunque, molto suggestiva come non la ricordavo più da tempo. Dalle dieci alle due di notte è un tempo sufficiente, credo, se non per capire per provare qualcosa. La terra e l’universo vivono sempre e vivono al di fuori di noi. Ci sono 16 gradi centigradi contro i 28 del paese. Sei sono i telescopi astronomici ben piantati per terra a cura dell’U.A.I., Unione Astrofili Italiani, in collaborazione con il C.A.I. Per l’Amministrazione Comunale di Picinisco, dove si conserva ancora la casa natale di Ernesto Capocci, l’evento è stato promosso dal vicesindaco e assessore geom. Riccardo Mancini.
Eccola sopra di me, facilmente riconoscibile, la scia luminosa della Via Lattea e, quasi allo zenit, le stelle del Triangolo Estivo (Vega, Altair e Deneb nei cui pressi spuntano le novae); ecco lì il Grande Carro e lo splendore singolare della Stella Polare, riferimento sicuro e affidabile per i naviganti di ogni epoca fin dall’antichità e Pegaso e Andromeda. Tutto un manto di vivide stelle, di costellazioni e galassie a fiore esploso di cotone. Riconosco Arturo, la quarta stella più brillante del firmamento, nel suo brillante arancione. Ah, come siamo piccoli nel passato e nel futuro della nostra transeunte avventura nell’universo! Sensazioni, osservazioni ad occhio nudo e col telescopio, teorie, studi, simbologie… Mescolanze di osservazioni meteorologiche e astronomico-astrologiche, teologie, riflessioni sull’origine del cosmo. Quanti miti, per cui nelle antiche culture sulla creazione, la terra si univa ai cieli. Quanta attenzione religiosa ai cieli perché dall’alto vengono sempre la luce e la vita, espressioni simboliche più frequenti della divinità. C’era una volta celeste, le nuvole, il sole, le stelle e l’additato trionfo del paradiso con il suo “mondo superiore” cui ascendevano i buoni, gli eroi e i filosofi come premio per la loro virtù , con i suoi angeli alati e la “città dei beati”. Il cielo guarda Dio, il cielo lo annuncia, il cielo ne ospita il trono. “Padre nostro che sei nei cieli…”, è la preghiera di Gesù. Chissà se è ancora così, e per chi, oggi? Effettivamente sta notte qui l’atmosfera è quasi mistica, si prova una sensazione unica di pace assoluta dello spirito, una tranquillità libera da tante angustie quotidiane neanche turbata dalla sfiorante ombra di una mucca che mi muggisce dentro le orecchie per dirmi forse: “Sveglia!”, oppure “Sparisci!”. Più che tanto passato quanto futuro, fisico e metafisico, ancora in questo cielo. Ma non è finita perché intorno alla mezzanotte di questo 24 agosto sopra la montagna di Picinisco, all’interno del Parco Nazionale P.N.A.L.M., ecco spunta imperioso sull’orizzonte dell’oriente, verso Prati di Mezzo rispetto al nostro punto di stazione, Giove accompagnato dai quattro satelliti medicei o galileiani perché scoperti da Galileo Galilei il 7 gennaio 1610. Io, Europa, Ganimede il più bello e luminoso e Callisto fanno la corte al loro sovrano così ben visibile anche ad occhio nudo nel cielo terrestre. E fu su quella scoperta che Niccolò Copernico consolidò la sua teoria eliocentrica, per cui non tutti gli oggetti del sistema solare orbitavano attorno alla Terra. Per me è l’emozione taciuta ma più forte provata da tanto tempo a questa parte. E’ lui, Giove, la stella più attesa in questa notte di osservazione, il quinto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole, il più grande di tutto il sistema planetario. E’ lui il pianeta, conosciuto sin dall’antichità, presente nel credo religioso di numerose culture, dai Babilonesi ai Greci e ai Romani, è lui l’astro identificato come il sovrano degli dei. Il telescopio maggiore ci porta senza indiscrezione fin quasi dentro la sua atmosfera esterna caratterizzata da numerose bande nuvolose di colore dalle tonalità variabili dal crema al marrone e dalla Grande Macchia Rossa. (Continua >)
Sulla strada dell’ osservazione/esplorazione siamo stati avviati dall’astrofilo dott. Gerardo Coppola di Gallinaro che in pomeriggio, nel corso di un convegno di studi, ha ricordato la figura dell’astronomo Ernesto Capocci di Belmonte (nato a Picinisco da Francesco e Marta Zuccari il 31 marzo 1798, morto a Napoli il 6 gennaio 1864). Nipote dell’astronomo Federico Zuccari (1784-1817) di Isola Liri, venne nominato nel 1833 direttore dell‘Osservatorio astronomico di Capodimonte (alla cui fondazione nel 1819, sotto la supervisione del Piazzi, aveva pure partecipato). E rimase nella direzione dell’Osservatorio fino 1850 quando venne destituito per le sue note idee liberali e poi dal 1860 alla sua morte). Matematico, studioso, divulgatore scientifico e saggista, docente di Astronomia all’Università di Napoli, letterato, poi presidente della prestigiosa Accademia Pontaniana. In politica liberale e convinto antiborbonico, membro della Camera dei deputati (Napoli) (1848-1849) e sostenitore dei moti del 1848. Su proposta di Giuseppe Garibaldi, nominato il 20.01.1861 primo senatore del Regno d’Italia da Vittorio Emanuele II per la circoscrizione di Sora-Cassino. Muore il 6 gennaio 1864 ed è sepolto a Poggioreale, il cimitero monumentale di Napoli. Il Presidente del Senato del Regno lo avrebbe commemorato con le parole scritte dal sen. Annibale De Gasparis, astronomo suo collega ed amico:
“La scienza ha fatto una grave perdita nella morte del Senatore Capocci, e ad altri meglio che a me spetterà di esporre quanto egli abbia ben meritato di essa, esplorando le celesti plaghe come Direttore dell’Osservatorio di Napoli, e riducendo sotto le leggi del calcolo gli osservati fenomeni. Io accennerò soltanto che il commendatore Senatore Capocci univa alla scienza l’elegante coltura delle lettere, che aveva avuto la sorte felice di congiungere il suo nome con una operazione legislativa di grande importanza, quale fu di far parte della Commissione per l’esecuzione del sistema metrico nel cessato regno di Napoli, introdotto con legge del 6 aprile del 1840, ed a preparare il quale erasi pure adoperato lo scopritore di Cerere, il grande astronomo Giuseppe Piazzi. Noterò per ultimo che il commendatore Capocci non mancava, per quanto glielo consentivano i suoi doveri scientifici, di compiere quelli che gli erano imposti dalla dignità senatoria, e viva era la nostra soddisfazione nel rivederlo fra noi attendere con zelo e con singolare soavità di modi ai nostri lavori legislativi. Così possa il suo esempio rendere più e più frequente in Italia la nobile alleanza delle speculazioni della scienza cogli intendimenti della sana politica” (Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 11 gennaio 1864). Il Municipio di Picinisco nel 1890, su proposta del sindaco Alessandro Mancini, gli avrebbe dedicato la piazza principale del paese.
Ma alla fine dell’odierno Convegno di studi, con un vero colpo di teatro, l’assessore Riccardo Mancini legge una ritrovata lettera autografa scritta ad Ernesto Capocci da Victor Hugo dalla Stazione di Caserta in cui, dopo avergli manifestato sincera ammirazione per i suoi studi scientifici, si rammarica di non averlo potuto incontrare durante una visita all’Osservatorio di Capodimonte e, desiderando fortemente vederlo, gli dà appuntamento in un locale di Napoli per l’indomani. La lettera, dopo lunga ricerca per ritrovarla, è stata acquistata e donata al Comune di Picinisco dal sig. Di Ciacca, un ricco scozzese che “di generazione in generazione” non ha mai dimenticato le sue originarie radici piciniscane prima di ritornare per i suoi investimenti. © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata