GLOCAL NEWS from Sergio Andreatta (Italy): opinion leader, freelance and pro-am journalist, poet, author. Pages about “ways of being, appearing and existing”. > Twitter @sergioandreatta
Sono un ambientalista PRO-TAV, soprattutto perchè l’Italia non diventi il Paese dove tutto è infattibile, anche il ragionevole. L’ambiente è in funzione dell’uomo e del suo civile progresso. Il puro negazionismo non so quanto possa dirsi civile. L’indifferibile ampliamento delle vie di comunicazione, autostradale o ferroviaria, ha pure qualche prezzo che importa pagare. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha pure provato ad immaginare un’Italia senza l’Autostrada del Sole. Impossibile da concepire a meno di regredire ad un’Italia da… uomo selvaggio come nell’idea-tipo di J.J. Rousseau. Il primordiale, il naif, l’incontaminato è indiscutibilmente suggestivo, eremitico che mal si concilia però, crediamo, con le condizioni di vita attuali. Oggi, nel XXI secolo, non si discute più così del problematico impatto ambientale di quell’autostrada ma ci si lamenta semmai, come in caso di neve esuberante, di qualche carenza di servizio. Ci siamo solo assuefatti o siamo diventati di pensiero più evoluto? Siamo semplicemente diventati più pragmatici… E con questo non amiamo meno la terra, fino in fondo.
SI-TAV ∞ NI-TAV ∞ NO-TAV, il solito vortice del gatto che si morde la coda.
Il Governo Monti, pur dichiarandosi disposto ad aprire un tavolo di ascolto con la parte antagonista, confortato del parere dei partiti che lo sostengono avrebbe deciso di non fermare i cantieri in Val di Susa. Né avrebbe potuto fare altrimenti, credo. Il progetto TAV va, dunque, avanti anche se ci sarebbe dietro chi spinge ad arte per continuare ad oltranza il conflitto sociale.
Quelle infrastrutture sono state valutate strategiche per l’Italia in varie sedi, in primis dal Presidente Napolitano che ha richiamato il principio di legalità e gli antagonisti all’osservanza della legge, e non è vero neanche che sarebbe mancata quella ricerca di decisione locale partecipata, cioè il coinvolgimento delle Comunità vallive (il cosidetto Modello francese), che, come un ritornello, verrebbe invece imputata. Per questo sviluppo del territorio molti Comuni della stessa Valle, a partire per prima da Susa con il suo sindaco prof. Gemma Amprino, sarebbero invece d’accordo. La Comunità locale pare sia stata coinvolta negli anni, ascoltate le varie ragioni di chi protestava pacificamente. Il malcontento è tuttavia visibilmente strisciante ma subdole paiono alcune trame, a causa forse di una cattiva spiegazione delle ragioni politiche (tra l’altro di una cattiva e censurabile politica autoreferenziale) e tecniche che ha finito col rendere più diffusa e radicata la protesta. Protesta che si rinforza attingendo acqua dal pozzo dell’ignoto e della paura, più che dalla razionalità delle argomentazioni. Tutti abbiamo, quindi, l’obbligo di interrogarci sull’idea di futuroche riserviamo a questo Paese.
D’accordo sull’andare avanti sono il presidente della Regione Piemonte Cota e pure il sindaco del Comune di Torino Fassino.
Ma ascoltare non ha voluto e non vuol dire necessariamente piegarsi alla minoranza e recedere da un progetto ritenuto fondamentale per la modernizzazione delle infrastrutture del Paese, per il suo sviluppo futuro. Non si può accantonare ogni discorso non appena si cominci a parlare di innovazione.
Non si intravedono al momento soluzioni alternative praticabili per la stessa Unione Europea che, anzi, chiede agli Italiani sicure garanzie in merito. L’ingovernabilità per compulsioni populistiche non paga mai, è da paesi antidemocratici e illiberali.
I No Tav documentano ogni cifra del progetto, presentano stime sul traffico, dati sulle questioni ambientali, sui costi e sulla congruità. Dati, non opinioni. I SI Tav dicono che l’opera è utile che è buona e che ce la pagherà l’UE. Mi sembrano argomenti un po’ debolucci per convincerci della validità della scelta. A fronte di dati precisi si risponde con argomenti all’altezza della contestazione: con i dati e con le cifre de dimostrano l’assunto da difendere. Invece si risponde con la violenza della forza di cui lo stato è l’unico ad avere l’esclusiva. La democrazia deve avere dei presupposti credibili altrimenti dimostra di essere malata di autoritarismo e ciò non va bene. Non va proprio bene.
Francesco, l’impianto del ragionamento non fa una grinza, nessuno converte mai nessuno, specie quando c’è animosità. Che siano debolucci gli argomenti, i dati tecnici di chi sostiene il progetto stento a crederlo, non lo credo vista la caratura e l’ingegnosità dei tecnici impegnati nello studio e nell’elaborazione del progetto da anni… E, comunque, c’è un’idea di Paese che, soprattutto, emerge. Un’idea culturale e politica. Io mi esprimo semplicemente per questa: non vorrei che l’Italia diventasse un paese cinto da “mura leonine” di fronte ad ogni innovazione. Sono portato a pensare più alla Germania. E abbiamo perso già, secondo me, alcune significative opportunità.
Maurizio Marcato Ma come mai diciamo di copiare gli altri perche’ fanno meglio e ogni volta che ci proviamo c’e’ qualcuno che ce lo impedisce? Allora e’ vero che l’erba del vicino e’ sempre la piu’ verde…
Caro Sergio, quando si pensa di spendere cifre immense per realizzare un’opera pubblica ci si aspetta che l’opera progettata abbia una validità, sia sostenibile sul piano economico e strategico. Insomma serva a qualcona. Dopodichè le genti costrette a subirne le criticità possono essere sicure che i loro disagi avranno il contraltare dell’utilità pubblica. Insomma il loro sacrificio sia servito a qualcosa. Ma quando a fronte delle loro perplessità nate da ragionamenti seri con cifre scaturite da analisi supportate da valutazioni scientifiche di alto profilo si contrappongono ragionamenti aleatori come: l’opera è utile, ce lo chiede l’Europa, è il futuro, ecc. ecc., io, da persona abituata a confrontarmi con le cifre, in modo da mettermi al sicuro dalle eventuali contestazioni, non posso accettare che qualcuno usi ragionamenti non all’altezza delle osservazioni e in più usi la forza per impormi scelte non sostenibili con dati incontrovertibili. Se è vero che si è discusso da molto tempo di queste cose e son si producono i dati evidentemente c’è qualcosa che non va. Che ne dici? ·
Sergio Andreatta Il ragionamento dei costi-benefici è per ora solo previsionale, ma le idee, come spesso i progetti, vanno avanti spesso solo per ipotesi. Anzi per la sola genesi dell’ipotesi, direbbe J. Piaget. Il V.I.A. è stato elaborato e mi risulta approvato dai competenti Uffici (anche in relazione al presunto rischio amianto in un sol tratto per cui sarebbero state proposte delle soluzioni tecniche). Altro e di più non so.
Ma tutto il progetto, come per tutti i progetti, i rapporti costi-benefici sono ipotetici. Ma le ipotesi debbono basarsi su dati certi, su trends consolidati e disponibili. Insomma su proiezioni nel tempo elaborate su modelli matematici che la scienza mette a disposizione. Non è un caso che il governo Monti abbia deciso di prendersi sei mesi di tempo per rivedere il progetto e le procedure attuate. Nel frattempo, se vorrà evitare devastanti conflittualità questo lavoro lo farà insieme ai rappresentanti delle cittadinanze coinvolte. Questo è l’unico modo per riuscire ad ottenere risultati praticabili e, spesso, migliori. Si chiama democrazia partecipata ed è praticata nei paesi più evoluti del nostro.
Come si fa a non essere d’accordo sulla democrazia partecipata e sull’ulteriore pausa di riflessione che il prof. Monti si è preso? Il discorso dei modelli matematici, pur essendo un umanista, non mi è estraneo. Tra i pensieri politici preferisco, appunto, quelli di Veronesi, Montalcini (anche perchè è tifosa della Fiorentina ma questo non c’entra) e pochi altri che si connotano di presupposti scientifici extra lobbies.
Francesco Parisi L’importante è che “scendano in campo” le vere competenze.
Francesco nessun progetto e nessuna analisi benefici/costi è certa, come tu vorresti. Per questo motivo ogni decisione in materia è in ultima analisi, di assoluta responsabilità politica. Non esiste un metodo scientifico nè una prassi puramente tecnica per progettare il territorio e l’economia, e le analisi benefici/costi, come tutte le altre possibili ed immaginabili analisi in materia di pianificazione dei trasporti sono SOLO uno strumento di supporto alla decisione, non un metodo di scelta completo.
Inoltre più aumenta la scala territoriale e temporale degli impatti di un progetto infrastrutturale, più (comprensibilmente) aumentano le incertezze e quindi nel fare certe scelte diminuisce la competenza tecnica ed aumenta quella politica.
Quanto ai dati dei NO-TAV, quelli che ho avuto modo di leggere negli ultimi anni sono a mio giudizio tutti campati per aria, ma sopratutto peccano di metodo, anche e proprio da un punto di vista tecnico-scientifico: i termini di paragone che costoro portano, infatti, rappresentano lo stato attuale anzichè la sua proiezione (AS NOW anzichè IF SO, come si usa dire in ingegneria con le ormai inflazionate formule anglosassoni). Inoltre, da sommarie sintesi dei dati attuali, questi deducono cose indeducibili.
Luciano Comelli p.s.: quella dello sviluppo di modelli matematici applicati ai trasporti è la mia professione.
Ho capito qual’è la sua professione. Ma assolutamente non sono d’accordo sul metodo di lavoro, nella pianificazione, che “le altre possibili ed immaginabili analisi in materia di pianificazione dei trasporti sono SOLO uno strumento di supporto alla decisione”. E’ un modo per cui i tecnici pianificatori rinunciano alla loro responsabilità nel supportare la politica nelle scelte programmatiche. Poi, che i modelli previsionali di tipo scientifico siano fallibili, è nelle cose. La perfezione non esiste. Ma l’utilizzo dei modelli e delle esperienze nel settore aiutano a ridurre fortemente gli errori. Meglio comunque un modello basato su razionali strumenti di valutazione piuttosto che affidarsi alla scienza delle “parole”, ossia alla famosa “sfera di cristallo”. Naturalmente non è questa la sede per affrontare i dati storici relativi al trasporto ferroviario delle merci, perchè quello delle persone della prima ipotesi di servizio non risulta più essere il fine della progettazione…
Ti sbagli, il discorso è lungo e complesso, ma ti basti pensare che qualsiasi analisi tecnico economica si basa, proprio dal punto di vista metodologico, sulle seguenti variabili che possiamo definire “critiche”:
1) Tasso di inflazione
2) TIR (tasso interno di rendimento)
3) Valore monetario del tempo nei vari scenari futuri
4) Coefficienti di monetizzazione (“internalizzazione”) delle esternalità
5) Coefficienti di ponderazione tra diversi obiettivi
Ora tutte queste grandezze matematiche non sono nè misurabili, nè decidibili sotto il profilo tecnico, ma sono tutte ineccepibilmente valutazioni politiche.
Il discorso è sicuramente più vasto, ma infatti, giovane ingegnere, non è con quelle cinque formulette che si definiscono le linee programmatiche di un’opera pubblica, specie quando coinvolge la qualità della vita delle genti soggette all’intervento. Le ragioni della pianificazione, e concordo con te, vengono prima delle valutazioni del tipo che tu prendi in considerazione. Ed è a quelle che io mi riferisco. Purtroppo se si ribalta l’iter della proceduta progettuale si incorre in errori del tipo che emergono nella TAV. E’ come se nel progettare un’edificio dovessi basarmi solo sui parametri finanziari senza entrare nel merito della qualità del progetto come l’orientamento, la forma, la distribuzione fuzionale degli spazi, dell’impiantistica, degli arredi, del colore dei materiali, ecc. ecc. I parametri da te indicati possono essere utili ma devono essere utilizzati con prudenza ma non definiscono nè la qualità ne la validità dell’opera. Possono essere impiegati a posteriori per un’ipotesi di sostenibilità finanziaria.
Allora scusa: gli onnipotenti modelli matematici di cui parlavi a cosa servirebbero? a decidere tutte queste questioni “qualitative” in merito alle “ragioni della pianificazione” che sarebbero preordinate alla valutazione “finanziaria”?
Non credo!
in ogni caso un paio di precisazioni, perchè sarò giovane ma non è mia abitudine dire di cose che non conosco!
1) le variabili critiche che citavo non sono formule, bensì dati di input dei modelli matematici che il tecnico deve farsi quantificare dal politico, e di questo originariamente si parlava: questo problema rimane!
2) le suddette rientrano tutte in qualsiasi Analisi Benefici Costi, che qualcuno aveva nominato in precedenza, quindi direi che la mia fosse un’obiezione sensata a chi crede che questo strumento sia una cosa puramente tecnica e imparziale, cosa che non è mai.
3) il nucleo centrale del problema rimane lo stesso: chi decide quale territorio deve svilupparsi e quale no? chi decide quale sarà lo sviluppo tra venti o trent’anni? chi decide le priorità strategiche in regime di incertezza? chi decide cosa è bello e cosa è brutto? un modello matematico? risposta: No. Un decisore politico.
(E mica perchè lo dico io, ma perchè non esiste un modello che faccia queste cose! e se esistesse, applicato a grande scala, probabilmente ci direbbe che è meglio spopolare la Val di Susa e trasferire tutti in pianura, chissà)
Luciano Comelli altra postilla sulle serie storiche: questo strumento è quanto di piu rozzo esista, paragonarle ai modelli matematici è come paragonare un abaco ad un qualsiasi calcolatore di quelli che stiamo usando per comunicare in questo momento!
La loro predittività nel medio e lungo periodo è pressochè nulla.
Erasmo Venosi
Terzo post sull’alta velocità , con lettera di un membro dell’Osservatorio sul progetto in Val di Susa: il Prof. Angelo Tartaglia che , chiede i dati di traffico e gli studi che avevano determinato la scelta di realizzazione d…el progetto. Alla lettera non ha mai risposto nessuno.Nè il Ministro, nè i suoi funzionari, nè la LTF , nè le FS e nememno Sindaco e Presidente di Provincia di Torino, nè il Presidente di Regione.Insomma nè Chiamparino , nè Fassino , nè Saitta e nè la Bresso o Cota.Esattamente come l’ex Ministro Matteoli.I lati opachi del tunnel in Val di Susa , il finto coinvolgimento dei Sindaci e l’incredibile continuità nel creare debito pubblico senza benefici sociali continua. Il tunnel del Frejus nasce come Progetto n 6 “ treno alta velocità trasporto combinato Francia-Italia “ come verificabile nella decisione UE 1692/1996 . Il finanziamento dei progetti avviene attraverso un fondo specifico denominato “ Ten-T” e indirettamente con i fondi strutturali FESR e il Fondo di Coesione. Il finanziamento diretto è disciplinato dal Regolamento UE 1655/1999 e riguarda Fondo Ten-T (Trans European Network è la rete dei trasporti comunitaria e comprende 9 corridoi multimodali : la Lione –Torino appartiene al Corridoio 5 come il Brennero appartiene al Corridoio 1 , Berlino-Palermo; le TEN-T sono state oggetto di revisione recentemente).Il Regolamento 1655/99 così recita : “Finanziamento : L’importo delle sovvenzioni dipende dal tipo di progetto. Il programma è in grado di offrire: – fino al 50% dei costi della convalida commerciale di un progetto che è riuscito a dimostrare la sua fattibilità tecnica ed economica, nonché il beneficio fornito agli utenti finali; – fino al 10%, fino al 2005, e fino al 30% dal 2006, dei costi di diffusione iniziali del progetto, ovvero i costi di lancio”. Le risorse trasferite all’Italia per i progetti transfrontalieri , ammontano a un miliardo di euro e vanno riferite al : traforo Brennero (corridoio 1) , traforo Frejus (corridoio 5) e alla Ts-Divacca .Le risorse riferite al tunnel del Frejus in Valle di Susa ammontano a poco più di 400 milioni di euro come riscontrabile nell’Allegato Infrastrutture alla Dichiarazione di Finanza Pubblica (ex DPEF).Relativamente alla utilità sociale : solo l’analisi costi/benefici con la determinazione del VAN ( valore attuale netto) e/o del Sir (saggio interno di rendimento) può verificarla. Il VAN calcolato sul progetto in Valle è negativo ovvero i costi, sono superiori ai benefici. Il progetto in Valle è nato con il Libro Bianco di Delors su infrastrutture, competitività e crescita, identificato come strategico dal Gruppo Christhophersen e codificato nella decisione dell’UE 1692/1996 che ,lo classifica come “ trasporto combinato Francia-Italia “. Nel 2003 con la Commissione Van Miert viene riconfermato e potenziato : tunnel più linea di accesso e interconnessione interporto di Orbassano .Costo totale stimato 25 miliardi di euro. Notare che l’UE interviene solo e solamente sul segmento transfrontaliero (il tunnel nel nostro caso) ossia i 54 Km tra Jean de Maurienne a Susa.Le gare di appalto sono indette dalla società LTF (Lyon Turin Ferroviarie ).La potenzialità attuale della linea è di 30 milioni di tonnellate : negli ultimi 10 anni si è stabilizzata su 10 e nel 2010 ne sono transitate circa 2,5.Relizzando l’intero progetto la potenzialità di trasporto merci arriva a 120 milioni di tonnellate ovvero tre volte il volume stimato di merci al 2020 come stimato nella più ottimistica delle prensioni. Ora non si parla più di realizzare l’intero progetto ma di “progetto fasizzato” cioè facciamo la galleria di base e completiamo il progetto sulla base della crescita della domanda di traffico che, ha portato il superconvinto Sole 24 Ore a dire che il progetto non sarà mai più realizzato. Osservo: 1) la disponibilità ferroviaria del Loetchberg (traforo ferroviario alpino) , e l’apertura del Gottardo (traforo ferroviario alpino) da dove passa oltre metà dei traffici verso il Nord-Ovest dell’Europa (una delle direzioni a cui il traforo italiano è rivolto). Il percorso di questi nuovi valichi svizzeri è più corto di circa 50 chilometri rispetto a quello del Frejus, anche dopo la costruzione del collegamento ad alta velocità 2) sul solo tunnel ,se la UE nella nuova programmazione 2013/2020 ci mette altri 600 milioni di euro e la Francia altri 3 (accordo Berlusconi-Governo francese del 2003) l’Italia ne deve rendere disponibili quattro 3) ci sarebbe molto da dire sull’affidamento del cunicolo esplorativo di Venaus da parte della francese Eiffage alla società dell’ex ministro Lunardi , la Rocksoil come sul cunicolo esplorativo della Maddalena sito nel Comune di Chiomonte contrattualizzata a trattativa privata con la CMC 4) l’architetto Virano presidente dell’Osservatorio in Val di Susa compagno e membro della segreteria del partito del Sindaco di Torino , Fassino negli anni 80 e suo consulente quale esperto economico con Fassino guardasigilli aveva iniziato benissimo il lavoro dell’Osservatorio : discussione con i sindaci partendo sul se fare l’opera valutando anche la opzione zero .In seguito però ha sbandierato un inesistente accordo storico di “ Prà Catinat”ai francesi e all’UE che è stata letta come via libera in Valle. 5) non si capisce infine il motivo del perché ai debiti della pubblica amministrazione si applica la spending review mentre i 4 mld del contributo italiano al tunnel debbano essere spesi senza valutazione 6) perché il progetto più importante delle Ten-T il traforo del Brennero ha disponibili da 3 anni pochi spiccioli come il raddoppio della Fortezza-Verona (linea di adduzione al Brennero) . Brennero che, appartiene al Corridoio 1 il Berlino – Palermo che , tra l’altro aveva il Ponte sullo Stretto come opera strategica del Corridoio stesso confermato , il Ponte come opera organica al corridoio 1 dalla Commissione UE Van Miert esattamente come il tunnel in Val di Susa . Il Ponte annullato (. e convengo!) , il traforo del Brennero all’anno zero , la Fortezza –Verona idem , il nodo di Verona lo stesso e la vergogna del mancato completamento del semplice binario della Verona-Bologna mentre il tunnel in Val di Susa essenziale e immodificabile 7) In Francia non è ancora stato fatto nulla, se non alcune discenderie per valutare il terreno. Le linee AV della Francia NON trasportano merci 8) la firma del Fiscal Compact comporta un saldo primario positivo con il surplus destinato a finanziare 1/20 della differenza tra il 120% attuale del rapporto debito/PIL a un rapporto pari a 60%. Infine voglio rendere pubblica un’emblematica lettera inviata dal Prof. Angelo Tartaglia membro dell’ Osservatorio. Tartaglia segue da 20 anni il progetto alta velocità è docente di fisica al politecnico di Torino ed è stato componente della Commissione tecnica per il disastro aereo di Ustica. E’ un uomo di una serietà, di un rigore scientifico e di una moralità altissima. I dati programmatici sostenuti da Chiamparino, Fassino, Saitta , Cota, Matteoli e Lunardi…non sono stati mai trasferiti all’Osservatorio Ecco il testo della lettera inviata al Ministro sul Progetto in Val di Susa “«Illustrissimo Sig. Ministro, La disturbo, come ho già fatto in altra occasione, scrivendole in qualità di membro dell’Osservatorio Tecnico sul nuovo collegamento ferroviario tra Torino e Lione e a seguito dell’incontro con gli amministratori locali svoltosi ieri, 30 luglio 2009, presso la prefettura di Torino.
Ella, in quel contesto, ha presentato uno scenario di cui l’Osservatorio come tale non era consapevole; (…) ciò che Lei ha comunicato ai presenti è stato , che se il nuovo tunnel di base non si farà il traffico raggiungerà la paralisi nel giro di una decina di anni. Se è così, si prospetta una situazione di assoluta emergenza in quanto, come Lei sa, la data ufficiale di entrata in funzione del tunnel di base è il 2024, non solo, ma il programma di completamento delle opere di adduzione sul versante francese prevede scadenze che vanno anche al di là del 2030. Per altro, Lei ci ha detto, quest’allarmante scenario non era presentato alla leggera ma derivava da studi effettuati da suoi consulenti. Mi spiace che, essendo il suo ministero parte dell’osservatorio, nessun suo funzionario abbia mai fatto menzione di queste previsioni, che sicuramente, se conosciute, avrebbero dato una svolta importante ai nostri lavori torinesi. Vorrei pregarla ora di far cortesemente pervenire all’Osservatorio gli studi e le analisi di cui dispone, in modo che in quella sede, istituita anche a questo scopo, se ne possa discutere dal punto di vista tecnico. La pregherei anche di invitare gli autori degli studi a venire in Osservatorio per illustrare direttamente le loro risultanze. È molto importante che ciò avvenga in quanto tutte le audizioni di esperti di varia tendenza effettuate fin qui avevano prospettato scenari diversi da quello che apprendiamo ora (…). Se riterrà di rispondere gliene, sarò fin d’ora grato. La pregherei però, nel caso, di farlo nel merito; l’Osservatorio è un organismo tecnico e pertanto la logica che in esso vale è quella che si basa su numeri e ragionamenti comprovabili. Ci sono altre logiche che però valgono in sedi diverse. Personalmente sono sensibile solo ad argomentazioni di ordine razionale».Inutile dire che né il Ministro, né Virano né nessuno ha mai risposto: studi effettuati ignoti così come i consulenti del ministro che li avevano effettuati. Ai Sindaci della Val di Susa e della Val Sangone mai nessuno si è presentato per esporre lo scenario drammatico di cui parlava il Ministro e che giustifica l’esborso di risorse rilevanti.
La questione, interessantissima anche grazie ai contributi di Francesco Parisi e Luciano Comelli, è diventata più squisitamente tecnica. E, allora, preferisco rifarmi per la tutela della salute a quanto dichiarato dal prof. Elio Pagano, primario all’Ospedale di Torino che scarta il tema dell’uranio in quanto non dannoso, se non arricchito, o dell’amianto non pericoloso per la popolazione e solo modestamente, invece, per le maestranze che, però, lavoreranno in condizioni di iperprotezione. Per quanto riguarda l’inquinamento acustico del cantiere lo stesso dichiara poi essere inesistente per la popolazione giacchè si lavora per lo più in tunnel, idem il rischio della qualità dell’aria: “Il rischio sulla qualità dell’aria non è suffragato da nessun argomento scientifico”. Per quanto riguarda gli aspetti economici il prof. Oliviero Baccelli dell’Università Bocconi di Milano dopo averci ricordato che l’opera avrà una valenza cruciale per gli interscambi europei, afferma che con la riduzione dell’estensione e del costo dell’opera operati dall’Osservatorio tecnico si è recuperato un rapporto positivo all’interno del modello costi/benefici. E aggiunge: “Senza l’opera ci si allontana non solo fisicamente ma, soprattutto, si prendono le distanze dalle moderne politiche europee in tema di economia, ambiente e lavoro”. Mi trovo perfettamente d’accordo con lui anche se mi accorgo che la domanda fondamentale diventa, allora: “Quale idea di futuro abbiamo in mente per questa nostra Italia?”. Quale?… In quanto al rischio di potenziale inquinamento delle falde perché gli oppositori del progetto non accettano l’idea che si conducano degli opportuni sondaggi di studio? Perché? Sarebbe questo il loro metodo scientifico? Non piuttosto l’ideologico, l’”a priori”? Mi sento ambientalista ma per me è, comunque, inaccettabile l’idea che l’ecologia influenzi con enfasi e oltre misura il pensiero sociale e politico. Accetto i contributi dell’ecologia scientifica contro le predazioni del territorio ma non li accetto contro un’idea politicamente equilibrata di sviluppo e produzione.
Tanto per informare sul tema vi riporto una nota della Corte dei Conti:”COSTI SPROPOSITATI E SPRECHI: QUANTO È CARA LA VELOCITÀ
Una relazione della Corte dei Conti sulla linea Torino-Milano-Napoli.
Dodici miliardi e 950 milioni di euro. È …il passivo che lo Stato ha dovuto iscrivere a bilancio per coprire i debiti realizzati dalla costruzione della linea Alta velocità Torino-Milano-Napoli. Un buco a carico di tutti gli italiani frutto di un dannoso intreccio di politica assente e di imprenditoria parassitaria. È quanto emerge dalle “Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., Rfi, Tav e Ispa per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema Alta velocità”, 58 pagine di istruttoria della Corte dei Conti firmate nel 2008 dai giudici Aldo Carosi e Fabio Viola, tornate oggi (inevitabilmente) di stretta attualità. Non un atto d’accusa all’Alta velocità in sé, ma alle operazioni finanziarie e ai soggetti pubblici e privati che l’hanno così (male) realizzata: “Il progetto – scrivono infatti i giudici contabili – può ritenersi accettabile in relazione all’indubbia strategicità dei fini in esso contenuti, ma deve essere accompagnato da una realistica analisi dinamica della copertura economica. Diversamente non poteva che verificarsi un onere rilevantissimo per la finanza pubblica, come avvenuto nel caso di specie”.
I quasi 13 milioni di debito che gli italiani hanno dovuto accollarsi nascono dal fallimento del famigerato sistema del project finance promosso dall’ormai disciolta Infrastrutture Spa, azienda a capitale pubblico istituita nel 2002 su impulso dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il project financing, ossia la realizzazione di opere pubbliche senza (in teoria) oneri finanziari per la pubblica amministrazione, si è rivelata una bufala colossale.
In pratica per gli investimenti sul Tav (che avrebbe dovuto essere finanziata dai privati) si è aperta negli anni una colossale linea di credito (garantita però dallo Stato, azionista di Infrastrutture Spa) che avrebbe dovuto essere compensata dai ricavi prodotti dalla nuova ferrovia. Compensazioni, tuttavia, basate su “previsioni molto ottimistiche” di traffico e di ricavi, per di più “proiettate – si legge – su tempi di lunga durata (un cinquantennio circa) nel corso del quale molte variabili esterne alle volontà e ai comportamenti del gestore dell’infrastruttura, delle imprese ferroviarie e degli stessi poteri pubblici nazionali e sovranazionali, possono influenzare positivamente o negativamente i risultati ipotizzati”. Il tutto, sempre secondo i giudici della Corte dei Conti, è potuto avvenire a causa di una “carente istruttoria, che condusse ad adottare uno strumento di finanza innovativa” senza “nessuno studio di fattibilità attendibile che avesse quantificato la vantaggiosità di tale operazione rispetto al sistema creditizio tradizionale per realizzare gli investimenti”.
In pratica lo Stato italiano si è pesantemente indebitato per realizzare un’opera violando i più elementari criteri di trasparenza ed economicità. Un debito, tuttavia, che il nostro Paese (grazie alla “innovativa” architettura finanziaria del project finance) teneva fuori dai conti pubblici. L’Europa se ne è accorta durante una procedura d’infrazione e ha imposto al governo italiano di rimediare. È nato così il comma 966 della Finanziaria 2007 (governo Prodi) secondo cui “gli oneri per capitale ed interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture Spa fino alla data del 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti e per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocità ‘Torino-Milano-Napoli’, nonché gli oneri delle relative operazioni di copertura sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato”.
Un atto d’accusa, quello dei giudici contabili, verso la politica e verso i manager “che hanno favorito il nascere delle passività successivamente assunte dallo Stato” e che non manca di stigmatizzare come operazioni del genere pregiudichino “l’equità intergenerazionale”, caricando “in modo spropositato su generazioni future ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali. Le risultanze della Corte dei Conti valgono per l’Alta velocità che già esiste; il fatto che funzioni non autorizza a tacerne i costi spropositati .
Per la Torino-Lione, invece, non c’è nemmeno un progetto preliminare. Chi sostiene la necessità dell’opera, difficilmente può fare a meno di rileggere quanto scritto dalla Corte dei Conti e studiare qualcosa di diverso. Altrimenti il “no” vince facile.
Da Il fatto Quotidiano del 06/03/2012.
PRO-TAV: Pienamente d’accordo con il procuratore capo di Torino Giancarlo Casellilo Stato non abdichi alle sue funzioni rinunciando a costruire le infrastrutture necessarie allo sviluppo del Paese, lo Stato potenzi anche la sua forza di contrasto alle mafie.
“E’ un progetto sostenibile, forse il primo che abbiamo in Europa sulle grandi infrastrutture”. Così il ministro dell’Ambiente, Corrado CLINI, a margine della conferenza sul treno verde di Legambiente alla Stazione Termini, parla della TAV. “E’ un progetto profondamente cambiato, di cui è stato minimizzato l’impatto ambientale, e con prescrizioni di garanzia in ambito Via”, aggiunge Clini. Per il ministro continuano ad esserci “informazioni sbagliate. Si tratta di un percorso totalmente in galleria tranne tre chilometri“. (ANSA, 6.3.2012)