15th Giu, 2008

Anch’io intercettato

Anch’io intercettato

E’ sembrato in questi anni che non ci fosse altro sistema d’indagine giudiziaria all’infuori dello spionaggio telefonico.

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Ricordo bene i sentimenti di indignazione di quella mattina del 2002 quando aprendo Il Messaggero, nella prima pagina della Cronaca di Latina, lessi a caratteri se non cubitali di dimensione 48 il mio nome tra gli indagati di un fatto grave. La notizia veniva riportata anche su altra stampa pontina, ma non nel titolo, senza quella marcata evidenza, senza l’idea del vulnus e con una qualche apparente maggiore cautela per i diritti (tutela della privacy e non solo) della persona. “Io indagato!”, meglio io Sergio Andreatta venivo a sapere all’improvviso (perché fatto sapere a tutti con notizia-scoop) di essere stato intercettato per un anno. E altro che sospensione del giudizio leggevo in quelle righe! Non ho mai saputo su quali numeri di telefono io fossi stato intercettato né esattamente perché. Giampaolo Pansa sull’ultimo “Bestiario” dell’Espresso si chiede “Intercettato anch’io?”. Un magistrato cui, avendone l’esigenza, ha rivolto la domanda gli ha risposto che potrebbe anche essere e gli ha spiegato, soprattutto, il metodo con cui ciò avviene. “In Italia – scrive Pansa – domina il sistema chiamato delle intercettazioni a rete, che funziona come segue. Per un motivo fra i più innocenti ti capita di parlare con qualcuno che è sotto controllo. A quel punto, chi ti ascolta ritiene che tu dica qualcosa di sospetto e allora l’autorità inquirente decide l’ascolto anche delle tue telefonate. Siamo all’effetto domino: una intercettazione ne provoca un’altra e così via, all’infinito”. A me era successo di ricevere dal principale indagato di Concorsopoli due telefonate sul numero della direzione didattica, pure filtrate dalla segreteria. Alla prima, non standomi particolarmente simpatico il soggetto, avevo fatto rispondere dall’assistente amministrativa G.D. di esser “fuori stanza“; alla seconda, non potendomi sottrarre all’infinito, avevo alla fine risposto. Da presidente di una commissione al Concorso Magistrale per insegnanti di scuola dell’infanzia, pur operando con scienza e coscienza, ero stato il più severo di tutti  nella valutazione degli scritti ammettendo soltanto il 22% dei candidati, a fronte del largo 60%-40% delle altre commissioni. Nelle interrogazioni orali avevo poi scandagliato a fondo la preparazione, senza salvacondotti per nessuno e con la soddisfazione di scoprire, specie tra i laureati, qualche eccellente preparazione… Nell’immediato clamore dell’indagine e degli arresti che interessavano alcuni e sentivo non potermi lambire minimamente, come presidente venivo intervistato da Maurizio Bernardi direttore della redazione TG di TeleEtere, in quella circostanza avevo ribadito tutta la mia fiducia nell’indagine in corso ma nello stesso tempo, perchè non si facesse temerariamente di tutte le erbe un fascio, avevo reclamato l’onestà morale, intellettuale, e funzionale nell’interesse dello stato, di molti commissari. Era stato anche questo, forse, benchè tale fosse la nuda realtà, che aveva potuto dar fastidio a qualcuno fino a fargli covare l’idea di un velenoso colpo di coda (in cauda venenum) nei miei confronti?… Su quella malaugurante notizia di cronaca mandavo, così, il mio avvocato alla Cancelleria del Tribunale, volevo farmene una ragione, conoscere meglio i presunti fatti. E i fatti erano questi: nessuna iscrizione al registro degli indagati, nessun avviso di garanzia (mi sarebbe stato notificato, peraltro), nessun invito a comparire, nessun invito a nomina di legale e, poi, nessun rinvio a giudizio e, però, il… pregiudizio legale ed etico quello sì, con un perfido jeux au massacre, era stato gravemente esercitato nei miei confronti e proprio a partire da quel Messaggero, il mio giornale (mio padre aveva sempre preferito Il Tempo, però) che pure, in qualche modo, avevo anche contribuito a migliorare, come attesta una lettera inviatami da Vittore Branca, per dei suggerimenti redazionali poi adottati. Tre giorni dopo, come per un atto di riparazione (ma quale?), Il Messaggero in un trafilo di spalla, in terza pagina provinciale, anche senza alcun riferimento esplicito al nome e non, certamente, con la stessa evidenza dell’attacco, parlava di un noto direttore didattico di Latina di cui sarebbero risultate infondate le accuse. Capite?… Tutto qua senza più tornarci sopra con obiettività. Capite perché, pur nel persistere di alcuni aspetti discutibili e controversi (la sola applicazione prevista per i reati con pena edittale superiore ai 10 anni), io che pure politicamente non l’ho mai votato, e molto faticosamente, turandomi il naso, potrei essere portato a farlo in futuro, sia ora fondamentalmente favorevole ad un Decreto Berlusconi per la regolamentazione delle intercettazioni. Ma non doveva, allora, quel giudice del Tribunale di Latina tutelare, secondo Costituzione e suo preciso dovere, i miei diritti, custodire la mia privacy, fossi stato anche in ipotesi un delinquente e, certamente, non lo ero? Non avrebbe dovuto quel “subdolo ispettore di polizia infedele” che ha fatto trapelare la lesiva notizia ai giornali (poi risultata oggettivamente infondata) essere imprescindibilmente vincolato alla segretezza, al suo dovere di tutore della legge e non altrimenti interpretare il copione dell’avventato arbitro giustizialista? Hanno mai pagato costoro, soprattutto l’ispettore-spione alimentatore delle cronache dei giornali locali, per aver favorito e praticato la diffamazione a mezzo stampa? Vige in quegli ambienti un regime di blindata impunità per se stessi. E non dovevano le redazioni dei giornali  cui era giunta la spifferata (in cambio concretamente di cosa, maresciallo?) sincerarsi dei fatti e valutare a priori, con mente giurisprudenziale, come e cosa pubblicare e cosa no? L’informazione indipendente ha una funzione democratica fondamentale e salvifica per il Paese, lo sappiamo tutti; lo so anch’io che ho scritto migliaia di articoli, il primo un’intervista ad Eduardo De Filippo nel 1967 per un noto giornale di Roma. E, allora, una Stampa Pontina maggiorenne e autorevole, se vuole esserlo, la eserciti al meglio questa sua avocata funzione, dimostrando di saperla praticare, senza la ricerca strangolante di un clamore ad ogni costo. Avrei potuto querelare molti, intentare una causa civile per danni morali già vinta in partenza, come ancora oggi sostengono i miei legali convinti che i termini per una querela da parte mia non siano ancora scaduti, ma ho preferito da persona tranquilla accontentarmi della sola soddisfazione di vedermi scrutinato nelle pieghe e giudicato dal tempo “galantuomo” per la mia correttezza di uomo e di professionista, forse, con qualche qualità.

Sergio Andreatta

P.S. Naturalmente voglio proprio vedere se la Stampa Pontina  indipendente che abbiamo e per come si ritiene di essere pubblicherà, e non a titolo simbolicamente risarcitorio nunc ex tunc, questa mia considerazione. Se lo facesse avrebbe recuperato non soltanto la mia stima ma, soprattutto, un po’ della sua dignità.

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16.06.2008. Sinceramente grazie a LATINA OGGI   che a pag.7 (clicca per il collegamento) pubblica quasi integralmente. Sto ancora aspettando, a distanza di anni, non… Godot ma un servizio de  Il Messaggero di Latina che riconosca il suo errore e ripristini per quanto mi riguarda fondamentalmente il senso vero dei fatti e la dignità che mi ha leso (già prima – corsi e ricorsi storici – con l’antecedente episodio del cosidetto “Schiaffo alla… Madonna“). Perchè non si scrive con un minimo di professionalità, senza esserne certi e falsando i fatti dati per scontati quando non lo sono… E si capisca bene la sperequazione e l’inferiorità di condizione di chi non avendo un giornale a sua disposizione non può giovarsi di una simmetrica possibilità di ribattuta.

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