• Padre Jihad Youssef maronita della comunità di Deir Mar Musa in Siria (www.deirmarmusa.org/it)
• Don Daniele Della Penna, parroco di Santa Chiara.
L’INVITO è esteso a Tutti.
Noi, pellegrini dello spirito, riscopriamo insieme la via della bellezza e, attraverso la contemplazione del ciclo iconografico destinato all’Eremo di Sant’Egidio sul Monte Gonfalone (Frosolone, IS), dipinto dalla giovane artista pontina “veniamo interiormente illuminati dalla luce della verità che promana, luce sempre nuova, che ci comunica il mistero raffigurato” (Cfr. Benedetto XVI, Angelus del 18.11.2011).
“Una cosa ho chiesto al SIGNORE,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del SIGNORE tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del SIGNORE,
e ammirare il suo santuario.” (Salmo 27,4)
La presentazione ufficiale, dopo questo primo momento, avverrà nella Curia Vescovile della Diocesi di Latina, nel prossimo mese di settembre (sabato 15) nell’ambito del Convegno “Arte e Fede: con gli occhi dello Spirito”. Previsti gli interventi di Natasa Govekar, teologa, membro dell’equipe del Centro Aletti di Roma; Padre Luciano Proietti, eremita dell’eremo di Sant’Egidio; don Daniele Della Penna, ordinario della Parrocchia di S. Chiara di Latina e responsabile della Pastorale giovanile diocesana; Giorgia-Eloisa Andreatta, artista, autrice del ciclo iconografico.
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* Come un film in 10 scene e più di 50 personaggi la Via Pulchritudinis di Giorgia Eloisa Andreatta.
L’iconografia religiosa si fa fatica a comprenderla a prima vista, ha bisogno di più letture successive e può essere intesa, intelletta, perfettamente solo alla luce della comprensione profonda, di un’interiorizzazione della concezione teologica che l’ha ispirata. Non si può indugiare oltre, se non sterilmente, sulla pura stilistica, sull’estetica pura. Non ci sarebbe coerenza con l’intenzione della comunicazione. Così in alcuni casi si è potuto parlare, già nei secoli antichi, di teologia dipinta o scritta, di teologia delle immagini. In alcuni movimenti cristiani del IV-V secolo l’uso dell’iconografia, in un mondo di analfabeti, era considerato necessario ed ecclesialmente interpretato come strumento didattico e catechistico, a illustrazione e diffusione del mistero cristologico. Per capirla il lettore profano deve conoscerne a pieno i significati e l’uso sapiente di simboli, spazi, colori, l’uso dell’oro/illuminazione. Ancora oggi, o forse maggiormente, in una civiltà delle immagini. Insomma deve conoscerne gli alfabeti, le chiavi di decodificazione. Ecco perché l’artista di Latina Giorgia Eloisa Andreatta, cui dall’eremita è stata commissionata l’opera, ha inteso aggiungervi un piccolo manuale interpretativo (Introduzione, Symbolarium, citazioni bibliche, …). Perché in un solo gesto sono spesso riassunti e condensati significati profondi, a prima vista incomprensibili in chi non ne abbia familiarità di linguaggio o non s’addentri in uno studio e nella relazione fra i vari nessi presenti e recepibili. Come principio se obiettivo riconosciuto dell’icona è religioso, cioè, quello di rappresentare una verità di fede, i dipinti non possono essere mai il frutto autonomo e originale della meditazione individuale dell’artista; ma l’interpretazione teologicamente fedele, canonica di un prototipo, seppure a livello creativo sia concesso poi ad ogni artista la sua ricerca espressiva sulle forme. Già per i bizantini, come è noto, l’immagine doveva ambiziosamente rappresentare delle verità eterne. Ecco, allora, che il centro della rappresentazione diventa inevitabilmente il volto come luogo della presenza dello spirito. In questo caso specifico la “Via pulchritudinis” è indicata dalla vita eremitica e cenobitica di S. Egidio, da secoli patrono anche di Frosolone cui è intitolata l’omonimo Eremo sulla montagna. Le due tavole, di2 m. per 0,50 ciascuna, come un film in 10 scene dove trova vita un folto di oltre 50 personaggi puntualmente propongono e, anche qui, sollecitano una evocazione interiore con l’invito a intraprendere la via della perfezione (dell’illuminazione per gli orientali). L’attenzione dell’osservatore si concentrerà, allora, sullo sguardo, negli occhi che hanno in sé lo stupore diffuso, perché l’artista, come ha fatto Giorgia Eloisa Andreatta, ha lavorato sulla difficile impresa di rappresentare anche l’anima dei soggetti. Nelle ombre della sera, alle luci dei lumini la triplice benedizione di Padre Jihad Youssef della comunità di Deir Mar Musa in Siria. Quindi la parola all’eremita Padre Luciano e , in conclusione, un breve intervento dell’autrice. © – Sergio Andreatta, 29.06.2012, (616) Riproduzione riservata
Scritto da : Sergio Andreatta
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