6th Ago, 2007

Picinisco. Restaurato l’antico organo di S. Lorenzo

Costato ai piciniscani 300 scudi nel 1739, il Catarinozzi dopo un accurato restauro si erge in tutta la sua splendida e vitale bellezza nell’alto della cantoria dell’antica Chiesa Collegiata di S.Lorenzo L. e M. E’ tornato a catturare con la sua suadente flessibilità acustica e con la sua vasta gamma timbrica. La funzione esalta sempre l’organo, anche in questo caso.
Il Concerto della organista prof.ssa Maria Teresa Roncone si chiude con una bella passacaglia di G.F.Handel, una composizione musicale ritmica, simile alla ciaccona. In certi passi e passaggi mi richiama quasi una danza spagnola dove una frase musicale si ripete incessantemente, il cosiddetto “ostinato”. E così chi non è intervenuto all’evento avendo potuto pensare che in chiesa a Picinisco si eseguisse solo musica sacra stasera, e non anche profana, poco affine con i suoi gusti e magari perfino barbosa, ha ancora una volta un motivo in più per dispiacersene o semplicemente per criticare. L’altro motivo potrà averlo trovato, forse, nella presenza del discusso mons. Maurice Njuci, come mi confida all’uscita un maggiorente del paese che ha disertato la manifestazione, ma è il prete nigeriano a esser stato, insieme con il Consiglio per gli affari economici, il vero fautore di questo importante restauro e quindi, anche se ormai trasferito a Pescosolido dove un parroco mancava da ben 24 anni, bisogna hic et nunc tributargli questo merito. Presenza doverosa la sua, nelle parole riconoscenti di mons. Antonio Molle rettore del Santuario del Canneto e neo amministratore parrocchiale. Siamo, dopo la messa vespertina domenicale, nella Chiesa matrice di S. Lorenzo Levita di Picinisco del 1305, riaperta al culto del tempio dopo l’ultimo terremoto il 10 agosto 1993. L’occasione significativa è data dal restauro conservativo e funzionale dell’organo a canne e le tre navate, quasi a bilanciare il contro-altare laico del foro E.Capocci, stasera sono gremite. L’antico strumento, muto sotto queste sacre volte dal giorno del sisma del 1984, sotto le dita della valente concertista sembra ora scalpitare finalmente voglioso, come un giovane prima di fare l’amore, di far risentire tutta la sua armoniosa possanza. Organo importante, questo, perché l’artefice ne fu all’epoca niente di meno che mastro don Cesare Catarinozzi di cui una pergamena, opportunamente suscitata da un attento studioso di storia locale come mons. Dionigi Antonelli, ci ha tramandato:”Opera del mai sufficientemente lodato esimio don Cesare Catarinozzi della Terra di Affile”, celebratissimo organista dell’abbazia di Subiaco. Basti dire che gli organi di Santa Maria Maggiore di Roma, di Monte Uliveto di Napoli e dell’Abbazia di Montecassino, tra molti alti strumenti del genere, furono opere sue”. E ci viene, quindi, ricordata la antecedente fattura seicentesca della cassa armonica riutilizzata nel rifacimento del settembre 1739. Mentre l’aria, ora diversamente, giunge ad animare le canne del somiere non più prodotta dal mantice a pedale ma da un’elettro-ventola che l’aziona in automatico garantendo la pressione costante. Non era così quando, chierichetto nei miei dodici anni, venivo chiamato a pedalare sul seicentesco e ancora più maestoso organo di Grotte di Castro accanto alle tele di un Guido Reni. Esperienza che su questo organo di Picinisco ricorda di aver compiuto, per altri versi, lo stesso sindaco del paese, l’ing. Giancarlo Ferrera… In questo cambio di energia, da fisica ad elettromeccanica, sta uno dei passi tecnologici fondamentali della nostra civiltà…
Siamo così piombati, in questo viaggio del tempo a ritroso, in piena atmosfera barocca. L’assessore e vicesindaco Riccardo Mancini, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, presiede come autorità civile alla cerimonia e tiene dall’ambone il suo discorso di circostanza. Ricorda il concorso per la costruzione fornito generosamente all’epoca da molte delle Cappelle allora esistenti in Picinisco (SS.Sacramento, del Rosario, S.Antonio di Padova, S.Rocco, Madonna del Carmelo e l’Ospedale della Parrocchia). Ora solo e non più che rievocati nomi (esclusa l’ancora esistente chiesa di S.Rocco), se non sterili menzioni, notazioni minute, stucchi screpolati di una cornice dorata. Mi viene da pensare che la “caduta del tempo”, come scrisse il filosofo Emile Cioran, è davvero inesorabile sparpagliatrice di chissà quali e quanti effetti, oltre che di imprevisti naufragi familiari e personali. Effetti che si sono riversati implacabili, e non dissimulabili, anche su una istituzione millenaria come la Chiesa. All’epoca tanti “uomini di Dio” manteneva questo paese di timorati (anche di donne timorate, seppure richiamate all’ordine con quel “Avverti che Dio ti vede” di ben visibile e significante scritta in un’epigrafe antica su Via della Croce); tanti “uomini di Dio” tra quelli preposti all’Abbazia di S.Maria, alle molte Cappelle, alla Collegiata di San Lorenzo con il suo Capitolo di ben undici canonici con una rendita fissa di 45 ducati ciascuno, mentre all’abate ne competevano 60. Al costoso e inalienabile mantenimento di tutti questi sacerdoti i “Pucinisci cives” provvedevano con una tassa, la pratica corrente della “decima” e con offerte e donazioni. In tempi attuali e con la crisi delle vocazioni la comunità dei fedeli è stata affidata, invece, ad un solo sacerdote; un parroco veloce, pure a part-time, perché spartito con tre altre parrocchie della Valle. Ma non è solo la secolarizzazione che non ha risparmiato neppure questo angolo alto della Val di Comino, c’è dell’altro. Valori spostati agli antipodi (no, non parlo di un viaggio aereo low-cost) da un consumismo sfrenato, dall’uso di sesso & droga &… rock and roll, mentre sempre più flebile si sente il richiamo del dovere e della partecipazione civile. Ah, Prometeo inventore del fuoco, tu non hai colpe?… L’organista Maria Teresa Roncone è, invece, una giovane capuana che mi confida di essere appena diventata docente ordinario di musica in una Scuola media statale di Caserta ad indirizzo musicale. Auguri a lei e ai suoi, se non superficiali e distratti, allievi. Il suo curriculum mi appare notevole. Diplomata in pianoforte a 18 anni, studiosa delle altre tastiere, clavicembalo e organo, si diploma poi in Composizione organistica con il massimo dei voti, studiando a Napoli, Avellino e Padova. Intraprende l’attività concertistica ove si segnala per il suo “personale stile interpretativo”. Ha partecipato a vari concorsi pianistici e per organo, al Corso internazionale d’organo di Vicenza dove ha, pure, vinto una borsa di studio che le ha permesso di perfezionarsi. Mai appagata, come ogni buon artista deve sempre sentirsi, trova in sé buone motivazioni per frequentare anche il corso triennale di “Laboratorio di musica antica” presso il Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino dove consegue il titolo di “Esecutore esperto del repertorio settecentesco-napoletano”. Ancora un esempio evidente per altri giovani di come una carriera si possa costruire solo e unicamente con il sacrificio di ogni giorno, se non sei un figlio di papà o un raccomandato, e con l’applicazione metodica. Ed ecco, allora, perché la prima parte del Concerto di questa sera è tutta incentrata su un significativo repertorio musicale di Scuola Napoletana con compositori come G.Furno, G.Sigismondo, S.Valente, D.Cimarosa, L.Leo, D.Scarlatti. Suona bene la Roncone, anche se il suo legato risente un po’ del toccato pianistico, mentre io accompagno naturalmente con gli occhi verso l’alto un brano intitolato “Elevazione” di G.B.Martini e vado così a leggere le immagini, più che coeve ottocentesche, degli affreschi, tirati a mezzo secco, della volta ancora lesionati dal terremoto. Sono composizioni, o scomposizioni quasi, ingenue con una prospettica intenzionalmente grandiosa raffiguranti la vicenda laurentina. Avevo portato su in paese dieci anni fa un grande artista straniero, l’amico Valentin Timòfte, disposto per niente a restaurarli. Aveva appena completato un importante restauro a S.Maria dell’Orto a Roma e dipinto il Cantico delle Creature per la Chiesa di San Francesco a Bainsizza che io gli avevo commissionato e di cui ero stato il coordinatore artistico per il 60° della fondazione del Borgo. Ma non se ne fece nulla e venne perfino, ahimé, disperso dal parroco piciniscano di allora il bozzetto di una “Madonna della Valle” con alle spalle il riconoscibile sfondo delle montagne di Alvito-Casalvieri che gli avevamo consegnato per una proposta artistica, davvero, straordinaria per il paese… Intanto un grande telo sopra l’altare fa ancora per un po’ da schermo alla pala dell’Assunta e San Lorenzo appena restaurata dal laboratorio specializzato Cartusia S.r.l. di Salerno e che sarà svelata ai fedeli durante le prossime celebrazioni patronali del 10 agosto. Il carattere di questo organo piciniscano è dato per gli esperti dalla presenza di diversi registri (Principale 8’/ Ottava 4’/ Decima Quinta 2’/ Decima Nona / Ventiduesima / Ventiseiesima / Voce Umana 8’/ Voce Celeste 8’/ Flauto in ott.4’/ Basso 8′). Discorsi tecnici per pochi, questi, quasi astruserie per chi non ha un minimo di competenze. Sorvoliamo, quindi. Ma anche un orecchio appena appena educato può udire, questa sera, una voce di grande bellezza, caratterizzata da un timbro chiaro e al contempo assai dolce.
Nella seconda parte del concerto vengono eseguiti brani di A.Speranza, B.Pasquini, D.Zipoli, Padre G.B.Martini, una Sonata di Anonimo del ‘700 ma, se mi consentite, l’espressione interpretativa culminante, l’acmé è davvero raggiunto con il Preludio in Re minore di J.S.Bach (Fantasia su Komm, Heiliger Geist) e, verso la fine, dall’applauditissimo Andante del Concerto n.1 di G.F.Handel. La stoffa della concertista che si è esibita per altri versi al piano con K.Ricciarelli, G.Terranova e i New Troll, c’è evidentemente tutta. I due tecnici, organari e restauratori dello strumento, Michelangelo (Michele) Lena e il suo collaboratore Guido, mentre la concertista si esibiva alla consolle mobile posta anteriormente nella navata destra della Chiesa, controllavano manualmente nell’alto dell’antica cantoria che tutto filasse per il verso giusto. Gremita di turisti anche stranieri, non solo curiosi anche competenti si spera, la chiesa-auditorium. Ho apprezzato la bravura della concertista, l’eco-espressività di un organo già “dormiente, la perfetta acustica (fisica del suono) della chiesa. E tutto, sì, è davvero filato come diversamente non poteva in una serata bellissima, con una stupenda tramontana all’uscita che fa pulizia per i vicoli dei tanti miasmi d’agosto e mi concilia col desiderio di vivere in bellezza per come viene la vita e di… dormire la notte che ho lasciato insonne e tormentata nel caldo-umido della mia città di Latina.

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