Ma è difficile che un Andreatta, sempre piuttosto indipendente, sia disposto a farsi alfiere delle idee di un altro. (N.d.r.)
Andreatta, l’anti Walter secondo D’Alema
Il figlio di Beniamino, maestro di Prodi e scomparso lo scorso anno sarebbe il nome nuovo per il dopo-Veltroni. Perché, si dice nelle chiacchiere estive tra parlamentari,”ha il profilo giusto per tornare a vincere” Filippo Andreatta. Cena tra parlamentari del Pd in un incantevole angolo di Roma, tra via di San Teodoro e via dei Fienili, a due passi dal loft che ha ospitato fino a poco fa il quartier generale del partito. I presenti sono tutti strettamente legati a Massimo D’Alema a partire dal siciliano Beppe Lumia, ex presidente della Commissione Antimafia. La chiacchiera estiva finisce, com’è inevitabile, sul futuro del partito. “Massimo”, riferisce uno dei convitati, “sta pensando di lanciare in pista per il dopo-Veltroni qualche nome nuovo. Qualcuno che rappresenti un cambio generazionale e che non provenga dalla storia del Pci e dei Ds. Per esempio, un emiliano come Pierluigi Bersani, ma diverso per età e origine: Filippo Andreatta”.
Classe 1968, professore di Relazioni Internazionali all’università di Bologna, Filippo è figlio di Beniamino, più volte ministro democristiano, maestro di Romano Prodi e fondatore dell’Ulivo, scomparso un anno fa dopo una lunga malattia.
Fu nel suo ufficio alla Camera, nel 1995, che i popolari decisero di rompere gli indugi e di candidare il Professore alla guida del centro-sinistra. E Andreatta junior, vicino a Prodi e a Arturo Parisi, ha il profilo che D’Alema considera giusto per tornare a vincere. Non a caso dalle parti dell’associazione Red, la corrente dei dalemiani, si invoca apertamente l’avvento di un ‘nuovo Prodi’, un federatore: curiosamente, la stessa figura evocata per il centrosinistra da Nino Andreatta nel suo ultimo intervento a Montecitorio nel 1999 prima del malore: era necessario trovare un sostituto di Prodi e l’ex ministro pensava all’amico Giovanni Bazoli.
Improbabile che il giovane Andreatta, più intellettuale che politico, si faccia trascinare nella mischia. Nelle ultime settimane gli ulivisti bolognesi lo hanno sondato come nome alternativo a Sergio Cofferati per la candidatura a sindaco di Bologna nelle primarie del Pd, ma la cosa è finita lì. Di certo però negli ultimi interventi
Andreatta non ha nascosto il suo pensiero sul Pd di Veltroni: “Si è utilizzata un’idea innovativa (quella di un partito all’americana) per rilegittimare vizi antichi e tipicamente italiani, invece che per innescare quel processo di cambiamento radicale che i cittadini chiedevano.
Un cinismo, che può rasentare l’ipocrisia, che ha contribuito ad allontanare molti elettori dal Pd”, ha scritto all’indomani del 13 aprile. E più di recente: “Veltroni potrebbe mantenere la leadership abbandonando però la pretesa di essere per forza il prossimo candidato alle elezioni. Potrebbe così dedicarsi, libero da condizionamenti, a costruire una coalizione in grado di battere il centrodestra e un partito nuovo in cui le vecchie nomenklature lascino il posto a una nuova (non solo anagraficamente) classe dirigente”.
Non è detto che Andreatta ne faccia parte: ma l’identikit che interessa a D’Alema è quello.
M.D. (31 luglio 2008). Da: L’Espresso.