Latina: un convegno sul valore disvelante delle icone
Alla riscoperta del volto di Dio
Promosso dalla parrocchia di S. Chiara e dal Gruppo SPES
Carlo Baldi
Alla riscoperta del volto di dio
Mai come oggi, in un’epoca che non sembra più aver bisogno di maestri quanto di testimoni, la comunità cristiana ha il compito di attuare l’invito espresso da Papa Giovanni Paolo II a conclusione del grande Giubileo: “Gli uomini del nostro tempo chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma di farlo loro vedere”.
Nel solco di queste riflessioni si è svolto (15 settembre), presso la CuriaVescovile di Latina, un incontro dal titolo Arte e Fede: con gli occhi dello Spirito.
Non un mero convegno di studi, ma un gradino lungo quella Via Pulchritudinis intrapresa a conclusione del nono anno di attività del gruppo SPES.
Sono intervenuti: la teologa Natasa Govekar, membro dell’équipe del Centro Aletti di Roma, p. Luciano Proietti, eremita dell’eremo di S. Egidio a Frosolone e Giorgia Eloisa Andreatta, autrice di un ciclo iconografico sulla vita di sant’Egidio. Moderatore don Daniele Della Penna, parroco di Santa Chiara. Proprio le due tavole raffiguranti la vita di Sant’Egididio erano state, in occasione della loro collocazione presso l’eremo molisano, lo spunto per due giorni di esercizi spirituali guidati da p. Luciano e da don Daniele sul tema Il terzo occhio: lo sguardo del cuore. Il “sentiero della bellezza ”era stato inaugurato il giugno scorso.
Lo scorso 15 settembre i convenuti sono invece approdati alle icone di sant’Egidio al termine di un percorso propedeutico, efficacemente delineato dalla teologa Natasa Govekar, la quale, mostrando una galleria di opere della tradizione iconografica occidentale e orientale, ha sottolineato la funzione evocativa e mistica, il ruolo sostanziale e disvelante delle icone, offuscato per secoli in Occidente dall’accezione che sovente ha avuto l’arte religiosa nelle intenzioni dei committenti come nelle modalità di fruizione dei suoi destinatari, vale a dire un ornamento che non potesse ambire a sostituire la trasmissione verbale della verità di fede: “Le immagini nella tradizione orientale – ha ricordato Govekar – sono veicolo di una presenza, non una semplice decorazione o un supporto alla spiegazione”. I simboli veicolati nell’arte sacra non sono etichette che si attaccano agli oggetti della nostra conoscenza e della nostra esperienza di fede, ma ne costituiscono la natura più intima: l’icona dunque non spiega né si spiega; bensì si scopre, si rivela. Nel dis-velamento l’arte diventa simbolo, ovvero mette insieme, riunisce.
La parola “sim-bolo” si oppone, anche etimologicamente, a “dia-volo”; crea ospitalità, è l’antitesi della divisione. L’ingrediente principale che rende sacra un’icona è dunque l’amore: l’Amore di Dio innanzitutto, poi quello dell’artista, che confluiscono nel processo creativo; ma anche l’amore e la forza delle innumerevoli preghiere con cui la comunità dei cristiani bagna e vivifica quel simbolo. “L’arte perla Chiesa– conclude Govekar – può nascere solo dalla comunione, non dal genio individuale dell’artista”.
E’ ciò che ribadisce la scrittrice del ciclo iconografico sulla vita di sant’Egidio, Giorgia Eloisa Andreatta, la quale, soffermandosi sulla trattazione di alcune scene della vita del santo, delinea il senso del percorso conoscitivo e iniziatico che intraprende chi si accosta ad un’immagine sacra con la forza della fede e il sostegno della preghiere: un cammino che dalla semplice “intuizione” passa alla “comprensione” razionale, per approdare al fine ultimo dello “svelamento”. Gli occhi dell’orante, come quelli delle figure rappresentate nel ciclo iconografico di sant’Egidio, sono spalancati sul mondo di Dio. Ogni credente, nel tempo opportuno del kairòs, colma la sua distanza dal mondo, svelato nell’ascolto della Parola. Guardando al creato mediante gli occhi dello Spirito, l’uomo vi si accosta con benevolenza e gratitudine. L’icona, imbevuta di preghiera, contemplata con gli occhi dello Spirito, diventa allora segno di un’esperienza folgorante, come la croce di San Damiano, al centro della vivida testimonianza di p. Luciano Proietti. E’ attraverso quell’icona che la vocazione di p. Luciano ha preso corpo ed è diventata lucerna: “L’icona è relazione, è comunione con Dio. Attraverso l’icona noi scopriamo il Vivente”. © – Carlo Baldi, Chiesa Pontina, Anno XXII, N. 220, Sett.-Ottob. 2012, pag.15)
Scritto da : Sergio Andreatta
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