”Con il Tuo aiuto puoi cambiare la vita di un bambino“.
“Amo i morenitos di Esmeraldas perché sembrano vivere il modo in cui vivono con più dignità di ogni altro uomo, fino a sembrare rassegnati a volte” dice Madre Camilla…
(In foto con Monseñor Eugenio Arellano Fernández, vicario apostolico di Esmeraldas, a S.Pietro).
Cenni biografici
Nasce a Borgo Bainsizza (Latina, Italia) il 16.12.1939.
… Quando a 17 anni viene colpita dalla tragica morte del padre, veneto di Paderno del Grappa, pioniere della bonifica pontina, avvenuta in un incidente motociclistico mentre si recava in Consiglio comunale a Latina, Bertilla era già molto attiva nell’Azione Cattolica e nella Schola Cantorum della sua Parrocchia di S.Francesco d’Assisi di Borgo Bainsizza, uno dei borghi ad ovest di Latina. Sfogliando “Famiglia Cristiana” è attratta dalle immagini di un lebbrosario africano rimanendone profondamente turbata fino al punto di desiderare di far subito qualcosa, di partire per essere di aiuto. E’ una ragazza normale come tante altre, con un lavoro da operaia alla Simmenthal di Aprilia e un fidanzato con cui progetta di costruire una famiglia cristiana. Ma durante una malattia, a 23 anni, sente senza più intermittenze, più intensa e trascinante dentro di sé, la voce della vocazione missionaria. Lascia, così, famiglia, fidanzato, amici e lavoro ed entra nel noviziato di Verona delle Pie Madri della Nigrizia, Congregazione Missionaria fondata nel 1872 da San Daniele Comboni.
Completata la “via pulchritudinis” spirituale, nel settembre 1965, al Cesiolo emette i Voti religiosi
assumendo, in memoria del padre Giulio Camillo, il nome di sr. Camilla. Nell’ ottobre del ‘68, conclusa la fase di formazione missionaria e personale, parte per la prima volta per l’Eritrea dove, nell’ Istituto “Sacra Famiglia” di Asmara, inizia il suo mandato come insegnante elementare spendendosi nella promozione umana delle famiglie del quartiere e, soprattutto, nella difficile opera di evangelizzazione e di assistenza agli abitanti dei villaggi degli Altipiani.
Nell’ottobre del 1972, a seguito del colpo di stato, viene inviata in Ecuador, “il più povero tra i poveri paesi andini”, dove rimarrà per 11 anni: prima a Sìgchos, sulla Cordigliera della Ande a 3000 m. di altezza, ove fonda, insieme con una consorella, una comunità per l’evangelizzazione degli Indios Quechua; poi nell’Isola di Limones nel Pacifico. Nell’isola, qualche migliaio di abitanti, durante l’alta marea le acque dell’Oceano sommergono il porto, la piazzetta e molte capanne, ma non le palafitte dei benestanti. Qui, dove è ancora assente ogni forma di cooperazione solidale e sanitaria internazionale, non potendo da sole sradicare le povertà materiali le Sorelle Comboniane si occupano già da qualche anno di promuovere l’educazione familiare e cristiana e di sostenere e sviluppare il ruolo femminile nella società. Il suo alacre impegno la porta dopo un pò, sempre in provincia di Esmeraldas, a S. Lorenzo del Pailon, un municipio sulla costa (Parrocchia Tambillo) all’estremo nord-occidentale dell’Ecuador in prossimità della frontiera con la Colombia. Il contesto è fortemente multietnico e multiculturale ma predominano gli afro-discendenti. Per l’elevazione culturale e scolastica di quei giovani viene aperto l’Istituto scolastico “fiscomisional” “10 de Agosto” (così denominato a ricordo della data di liberazione del Paese dal giogo colonialista spagnolo da parte di Simon Bolivar) che Suor Camilla inaugura e dirige per 8 anni. Da quella base accorre, anche come crocerossina, in soccorso dei confinanti terremotati di Tumaco (Colombia), non risparmiati neanche dallo tsunami. Almeno una volta alla settimana risale avventurosamente in canoa i fiumi Cayapas e Najurungo per portare il Vangelo alle sparse tribù della foresta. Nel 1983, nominata Madre Provinciale, è inviata a Città del Messico ove si dedica con particolare cura alla formazione delle giovani novizie. Durante questo periodo, il 19 sett. 1985, si abbatte spaventoso e devastante sulla megalopoli un terremoto che la semidistrugge, crepando gravemente anche i muri del Noviziato. Forte dell’esperienza in Columbia viene subito da lei attivata ogni forma sostenibile di soccorso ai più colpiti. Quando il Consiglio Generale della Congregazione la chiama a Roma come Procuratrice generale, già da 5 anni opera ormai tra i poveri e i terremotati della metropoli messicana. Nella Casa Generalizia di Via Boccea 506 va a svolgere per 8 anni la nuova funzione, non tralasciando nel suo impegno gli aspetti dell’ammodernamento dell’amministrazione con l’introduzione di nuove tecnologie e delle procedure informatiche.
Durante questo periodo romano assiste al declino e alla morte della mamma Maria Fanny. Ma finalmente liberata, come sua intima aspirazione, dagli importanti incarichi direttivi può riottenere nel 1996 la tanto agognata terra di missione, nell’elettivo Ecuador. Nella sua partenza è spiritualmente sostenuta dal mandato solennemente ricevuto dalla Parrocchia S.Chiara di Latina. Questa volta è ad Esmeraldas, caldissima città-porto sull’Oceano Pacifico di fronte alle lontane isole Galapagos. Qui ad Esmeraldas,“cuore d’Africa”(*) poco distante dalla linea dell’Equatore, città di miserie senza fine e di grandi bisogni materiali e spirituali, tra i morenitos, continua instancabile ancora oggi, gennaio 2013, ad assolvere con raro impegno al suo impegnativo mandato missionario come responsabile della pastorale sanitaria dirigendo il “Centro Assistencial Madre
Anastasia”. Per oltre 10 anni in precedenza aveva operato come responsabile della pastorale educativa del Vicariato Apostolico di Esmeraldas, implementando per la sua Congregazione anche vari progetti di solidarietà tra cui Educamy per le adozioni a distanza (continua). A questo si aggiungono le responsabilità amministrative sulle Comunità comboniane femminili di Ecuador, Colombia e Perù.
Scrive Madre Camilla: ”…la gente che bussa alla mia porta con le più incredibili necessità mi proietta in un mondo dove i verbi che più si usano sono “ accogliere, ascoltare, vedere il Cristo che viene a me vestito di povertà e dolore per stendere con dignità la mano chiedendomi: ”Mi vuoi aiutare a portare la mia croce ?”. Ed allora mi immergo in questa realtà che mi riempie il cuore di compassione e sento che, se non la rifiuto, mi fa crescere dentro come persona umana e cristiana. Mi sembra, allora, di essere povera e ricca, piccola e grande allo stesso tempo…Ogni realtà che mi tocca muta la mia condizione presente ed è un continuo sentirmi rinnovata dentro…Davvero i poveri ci evangelizzano e, a sera, posso anch’io esclamare:”Che bella e ricca è la vita missionaria. E che pienezza mi dà!”. (© – Sergio Andreatta, 643, Riproduzione riservata)