Repubblica di Salò. Sergio Andreatta fu fucilato dai nazifascisti a Sandrigo il 27 maggio 1945, insieme ad altri compagni partigiani. Aveva tentato di recuperare il tesoro rastrellato nella sinagoga di Firenze e di restituire così agli ebrei la dignità rubata. Quel suo ultimo grido di “Viva, l’Italia! Viva, la libertà!” davanti agli spari assassini…
Le letture fasciste della storia.
Se perde il suo carattere di disciplina e di scienza può capitare che alla storia sia riservato il triste destino della giovane rumena condotta a prostituirsi in Via Palmiro Togliatti a Roma o al Canale Mussolini di Latina (e cito non a caso nomi emblematici per le due diverse sponde ideologico-antagoniste per la simmetria di metodo nell’interpretazione dei fatti). Sono portato a questa affermazione estrema da quanto accaduto ultimamente in Italia e segnatamente da due vicende che si è tentato di rivalutare ed interpretare secondo proprie arbitarie categorie di pensiero più che sul fondamento colto diuno sconosciuto relativismo filosofico alla Senòfane (“La verità nessun uomo la conosce, … il massimo traguardo è l’opinione”, VI sec. a.C. “) o alla Gadamer (“La verità non esiste, esiste solo l’interpretazione”). E non si vuole discutere qui tanto dell’onore sempre tributabile in qualche modo, pure, ai vinti che hanno creduto e sono morti per la bontà della loro causa, quanto dell’interpretazione più giusta da dare ai fatti storici e alla ricerca di un loro inoppugnabile valore, se l’hanno. Una questione di metodo nella verità. Il primo fatto riguarda la Repubblica di Salò, la X Mas di J.V.Borghese, rivalutata a livello paritario dal ministro della difesa della Repubblica Italiana Ignazio La Russa in occasione dell’anniversario dell’8 settembre 1943, come anche da alcune sorprendenti prese di posizione sul fascismo del sindaco di Roma Gianni Alemanno. Atti che sono andati ad offuscare gravemente il valore della resistenza e dei partigiani e la coscienza nazionale che era venuta sedimentandosi durante le tre ultime generazioni. Il secondo episodio si riferisce al 20 settembre scorso e alla ricorrenza della presa di Roma attraverso la breccia di Porta Pia. Quest’anno il generale dei Granatieri Antonio Torre (e io che sono stato granatiere di Sardegna, seppure soltanto per il servizio di leva, mi vergogno di lui), all’atto della celebrazione ha inteso leggere soltanto la lista dei nomi degli zuavi morti per difendere la Roma papalina. E il vicesindaco Mauro Cutrufo presente, altra bella storia anche questa!, non ha inteso integrare, rettificare, protestare tra l’esultante giubilo, fuori modo e fuori luogo, degli integralisti di “Militia Christi”. Perchè ciò sia stato possibile, c’ è da chiederselo. Forse per un chiaro limite conoscitivo del vicesindaco? Ogni gesto simbolico, si sa, ha un valore esponenziale e, pertanto, quanto accaduto è significativamente molto grave non soltanto per la storia ma per la coscienza etica della stessa comunità nazionale e per la considerazione antilaica diffusa sullo stato…
Alle cinque del mattino del 20 settembre 1870 i cannoni del generale Raffaele Cadorna aprivano il fuoco contro le mura di Porta Pia e cinque ore dopo i fanti e i bersaglieri italiani erano già entrati a Roma. Alle dieci, infatti, era tutto bell’e finito e attorno alla Porta erano rimasti 19 morti e 68 feriti di parte pontificia e 49 morti e 141 feriti di parte italiana. Ai romani poco era interessato, in verità, di morire eroicamente per un’altra Roma e, forse, proprio a quei romani inerti, conservatori e gelosi dei loro piccoli e grandi interessi di bottega intorno alla chiesa si deve far risalire l’odierno vergognoso atteggiamento che si è registrato. Vergognoso perchè ad un politico non può essere concesso di essere il singolare “profeta che guarda all’indietro” come ha scritto Friedrich Schiller. Ma i fatti la storia li deve analizzare e interpretare sempre per quel che valgono oggettivamente senza cercarvi sempre presunte verità che indurrebbero uno storico alla falsificazione, così la presa di Roma per gli italiani è il compimento di un processo risorgimentale condiviso di Unità cominciato da lontano. Mentre la difesa ad oltranza che è stata fatta della Repubblica di Salò e delle ragioni del nazifascismo non può esser letta che come l’imbattersi in un un macigno colossale sulla via della libertà e della democrazia in Italia. Sennò Sergio Andreatta fucilato dai nazifascisti a Sandrigo il 27 maggio 1945, insieme ad altri compagni partigiani, dopo aver tentato di recuperare il tesoro da loro rastrellato nella sinagoga di Firenze e di restituire così agli ebrei la dignità rubata sarebbe morto invano, come vano e inascoltato sarebbe destinato a rimanere quel suo ultimo grido di “Viva, l’Italia! Viva, la libertà!” davanti agli spari assassini. E vano sarebbe stato tutto l’impegno del carabiniere, pure mio parente, Francesco Silva (detto Franco) di Vazzola, comandante dei partigiani bianchi del veronese, eroe di due epiche battaglie contro i tedeschi a Macona e a Monteforte d’Alpone e pure decorato con medaglia al valor militare dal presidente della Repubblica Einaudi nel 1948. Così vano il sacrificio della vita di migliaia di altre persone… Ma perchè, mi domando, si è voluto provocatoriamente far accadere tutto questo? Non può essere soltanto per il piacere di travisare la storia, come pure sempre più frequentemente sembra di vedere per ragioni di parte, nè per il gusto della falsificazione o del folle pensare e dire:”Niente prima della mia ideologia: la storia sono io”?. Ma davvero:“Tutto sbagliato il resto. L’altro è il mio inferno”? Se così fosse staremmo rasentando la follia pura da cui, se non si estraniava, la poltica nel passato se ne stava almeno ben lontana. Questi personaggi in camicia nera di moda, senza una solida cultura storica alle spalle, seppur… arrivati ai vertici per le loro raccattanti spinte votistiche, perchè sono ancora così mal consigliati? Probabilmente impegnati da giovani in esercitazioni campali, più affini alla muscolarità e alla dimostrazione fisica che alla serietà e alla neutralità degli studi, potrebbero aver avuto poco tempo per strutturarsi culturalmente (a differenza di un Gianfranco Fini, mio collega per la laurea in pedagogia, più predispoto quindi alla moderazione cui strategicamente si è pure convertito dopo la sua folgorazione sulla strada di Fiuggi). Ma tant’è hanno, ora, il potere, inebriante, suggestivo, anche un pò malvagio per tutto quello che conta che, tuttavia, non permette più loro le compensanti pause di studio! E, allora, non resta che abituarsi alle loro sempre più frequenti e… mal-destre defaillances! Sergio Andreatta
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