16th Ago, 2006

Walter De Santis: “Un giorno una voce”

 

Dopo “Amori romani” un libro di poesia.

 

walter-de-santis-picinisco-fto-sergio-andreatta.bmp

Nel ricordo di un poeta “senza versi” e “di silenzi” che non c’è più.

 

Quella di Walter De Santis, alla sua seconda fatica poetica dopo un lungo e silente intervallo di ben 24 anni dopo la prima, è una lettura semplice, semplicissima, per il suo procedere ingenuo fatto di soggettive sensazioni e colpi di vento sullo sfondo integratore del tempo e del luogo, come da lui senso-percepito in anni e in cicliche stagioni, soprattutto.

Tempo vissuto a Roma, quello adolescenziale, e poi qui a Picinisco in Val di Comino, tutto il resto, dove giunse una cinquantina d’anni fa come tecnico di impianto nel settore idroelettrico sul lago di Grottacampanaro.

In questo silvestre ma ospitale paesaggio impara a coltivare un po’ alla volta quella che doveva essere una sua predisposizione innata, quella di pensare alla natura minacciata dalla tecnica.

Il suo rapporto con la natura è, tuttavia, idilliaco, un po’ romantico, quasi astorico seppure investa e implichi, ma soltanto eccezionalmente, una qualche responsabilità etica incapace di proteggerla. Passando lentamente nei giorni dagli occhi del tecnico a quello dell’ammiratore visualizza la natura come nel disegno cromatico di un bambino.

Il tempo di paese, di Picinisco in particolare, è la “noia” che va riempita con un interesse, se non con un hobby, e leggere e scrivere rappresentano, non soltanto d’inverno, il migliore e più significativo tra gli interessi culturali.

” Il mio amico “tempo”, battuto con il sorriso a dodici denti dai due grandi orologi della piazza, è “inarrestabile” come inarrestabili sono gli zampilli della fontana nel parco “attori che recitano”, che giocano… (foto di Sergio Andreatta)

fontana-sullo-sfondo-casa-del-poeta-fto-sergio-andreatta.bmp

 

Se non ci fosse la moraviana “noia” non ci sarebbe, probabilmente, lo scrittore De Santis dei racconti né il De Santis poeta (*/ Foto di Sergio Andreatta).

E’ “nelle stanze vuote che si sentono altre presenze”, così “dietro una porta, il leggero cigolio del legno, parlato da un antico scranno indolenzito”.

Quando il tempo e lo spazio sono troppo pieni, come in una casa straripante di oggetti superflui, non si riesce a concludere proficuamente un pensiero.

E se non c’è “la stanza del poeta” viene meno la stessa creatività, fuorviata dalle distrazioni.

E, invece, i passi sulle strade, gli sguardi sui tetti, le visioni di alberi e montagne, di nuvole e cieli, vivono, secondo me, in De Santis ancora di un animismo sincretico-infantile tipico del pensiero pre-“fanciullino pascoliano” per cui, giustamente, anche Gerardo Vacana il più illustre vate della Val di Comino intervenuto alla presentazione in Picinisco, parla di naïfitè, di ingenuità cercata ma che ben si inserisce nella bucolica cornice della sua esistenza quotidiana in questo paese, consumata da pensionato dietro i passi guidati dalla cagna che lo trascina sul sentiero ombroso per Grotta Campanaro.

Sullo stesso scenario prediletto da altri “poeti senza versi”, di silenzi, non senza parole, come il sancosimese Domenico Ionta, educatore da poche ore scomparso, che ha saputo proporre a una generazione di ragazzi piciniscani orizzonti più grandi di questo limitato/illimitato microcosmo. Dopo le visioni serali, come svegliati da uno spettacolo unico sulle Mainarde o sulla Valle al tramonto ci sembrava di sentire, di vedere, di sognare insieme tutto in modo diverso da prima.

Di uscire dalla ristrettezza del piccolo paese. T’accompagno col pensiero.

Walter De Santis, al contrario, lavora insistentemente sulle parole.

Come l’uso dei verbi e degli aggettivi.

Uso ingenuo, forse, o uso smaliziato, probabile.

Vedo usare i verbi, piegandoli senza rispetto per l’ortodossia grammaticale: se sono intransitivi li fa diventare transitivi o viceversa come solo i bambini, forse sbagliando o forse no, osano fare senza regola giocando creativamente con le parole.

Sbagliando, non sbagliando; ma a che serve il giudizio più di ogni comunicazione?

La pubblicità degli spot televisivi, che ricorre efficacemente ad un uso spregiudicato di queste licenze poetico-infantili, lo sa fin troppo bene a cosa.

Lasciare il segno è d’obbligo, oggi, e certi, pochi versi del De Santis lasciano sicuramente il segno, rigano la pagina, come certi spot.

Per metafora e per scrittura.

Così:”…un nero piatto, senza ombre d’ombra…”, “…armadi socchiusi affittano…”, “…il fiume…bevuto da una bocca di pietra…”Oche d’inverno volano la nebbia…”, “… una sedia vuota impaurita fuori dal gruppo.”, “… la spiaggia pulita come una preghiera,…”, “Il sole è in vacanza…”, “Nuvole dalla pelle rosata…”,”…l’inverno abita le case…”, “Scapigliati gli ulivi / danno cielo a grandi chiazze / d’erba gelata…”, “…nessuno percorre / un viottolo vietato.”, “…quando fermi / la musica dei passi / un piccolo rumore / fa rumore.”, “… quando la sera che gira sopra i tigli / dà voce ai canti e amore ai nascondigli.”, “… e la terribile parola / della terra in moto! (terre-moto)”, “…nel buio dell’attesa, / il mondo è già/ ai piedi delle stelle /…”… giovani parole si baciano…”, “… una luce d’occhi, / spolvera i vecchi mobili.”, “… l’amore d’estate, … / un tatuaggio sulla sabbia.”, “… in una strada che non esiste / dove i lampioni segati cercano la luce.”, “… nuvole,… sopra le cime gelate, hanno inventato la neve.”.

Versi o spot o chissà che? Frammenti.

E’ tutto qua il richiamo poetico di questo libro, fresco di stampa, del De Santis che brilla sul pelo del Melfa come le stelline viste dalla pastorella del Canneto, secoli fa, che le fecero gridare al miracolo.

Miracoli e poesia hanno qualcosa in comune bisogna solo saperli vedere!

L’uso dell’aggettivo, a volte ridondante, frena il ritmo del verso come un masso nell’alveo del fiume (“…lungo il millenario Melfa…”, “… sul lago piatto e silente…”) con una indistinzione, però forse cercata, tra prosa poetica e poesia.

Indistinzione sapiente se si ammette che la poesia oggi è morta e può vivere, però, della comune ordinarietà della buona prosa.

Il libro è un omaggio al paese di adozione, a Picinisco:”… Fortunato chi vede / passare il tuo tempo, / e si ferma a guardarti! /…”.

Libro fra i “libri in salita, uno sull’altro a disegnare profili di scale impossibili…”.

La Pro Loco di Picinisco, dove il libro si può reperire, e il Comune hanno organizzato e presieduto, domenica 13 agosto, alla presentazione del libro nella Sala Comunale del Montano.

Alla brillante introduzione del proteiforme prof. Vittorio Fabrizio, anche rilevatore di usi e costumi locali, è seguito l’intervento dell’editore Amerigo Iannacone, quindi la relazione del giovane e promettente poeta napoletano Carmine Brancaccio che vive, però, in Ciociaria a Sant’Elia Fiumerapido dove ha fondato il “Premio Nazionale di Poesia”, essendo autore di quattro raccolte di cui l’ultima “Laudano” (2005) ha riscosso anche importanti e sorprendenti interventi critici.

Anche il giovane Brancaccio ha colto nell’essenza del tempo-memoria e nel susseguirsi delle stagioni piciniscane la spinta, quasi motivazione compulsiva, della penna di Walter De Santis che, pure, scrive di sè: “E la penna va, procede per suo conto; io sono uno spettatore… estraneo, ho l’unico vantaggio di conoscere per primo i miei pensieri”.

Secondo me De Santis è un altro che di fronte al niente, al panorama delle piccole cose può ogni giorno ancora dire come Guillaume Apollinaire, che lo scelse come suo motto,: “Mi meraviglio”.

E la meraviglia suscita emozioni, l’emozione un pensiero, il pensiero la parola che qualche volta diventa… poesia.

Sergio Andreatta

 

(*) Walter De Santis, Picinisco 2000, Un Giorno una Voce, Edizioni Eva, (L’Albatro – Poesia Contemporanea / 27,Venafro (IS), 2006

 

Questa news proviene da: http://www.telefree.it

URL: http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=32562

Lascia un Commento

Devi essere loggato per lasciare un Commento.

Categorie