Aperta fino al 30 settembre la Mostra (ingresso libero, chiuso il martedì, info-line: 06.82059127, www.museicapitolini.org e www.lazioterra.it ) dove sono esposte sessanta foto documentarie di infiniti viaggi. C’è una sezione veneta e una sezione sarda, ma anche altre piste minori. Quella veneta per raccontare gli esodi dei coloni veneti, venuti a sputare sangue nell’Agro Pontino. Quella sarda per narrare le traversate dei pastori sardi, come lui, giunti in Maremma per accudire prima alle greggi degli altri e poi, fatti un po’ di soldi, per allevare le proprie.
Aperta ufficialmente durante la “Notte Bianca” e già visitata da numerosi e interessati visitatori la Mostra “Due Migrazioni” rimarrà aperta ancora per alcuni giorni, fino alla fine del mese, dalle ore 13 alle 21.
Grandi foto, nella scelta rigorosa del bianco e nero, quasi di uniforme per gli anni dell’era fascista seppure le foto, alcune di miei familiari di Borgo Bainsizza che allora, pure, mi consultarono prima di aderire al progetto del grande fotografo, siano state scattate nei Borghi di Latina una quindicina d’anni fa. Le poche foto a colori sembrano quasi di cornice… Ma non sono presenti solo veneti e sardi in questo itinerario culturale ma viene rappresentato “anche, dice l’autore Marco Delogu, l’arrivo, dopo l”89 di pastori in Toscana e di contadini nel Lazio dai Paesi d’oltre cortina. E comprende, pure, i sikh che faticano nel caldo delle serre e i tosatori neozelandesi impegnati in Maremma per soli tre mesi l’anno”. La Mostra è significativamente patrocinata dalla Regione Lazio, Assessorato alla Cultura, Spettacolo e Sport, che l’ha anche finanziata e il cui presidente, Piero Marazzo, in occasione della sua apertura, aveva dichiarato che: “E’ importante perché affronta un tema, quello delle migrazioni, che va al di là delle foto esposte”. Alcune foto, quelle sui pionieri veneti-pontini in Bonifica, fanno parte e sono riproposte da una collezione precedente “Testa – Tera”, 21 ritratti di persone che hanno fatto la bonifica dell’Agro Pontino. Famiglie intere di veneti emigrarono tra il 1932-’34 a sud di Roma, nell’ancora malarica “Piscinara”, andando a dar vita “ai Borghi coi nomi delle battaglie vinte nella grande guerra. Bonificarono la pianura pontina riuscendo in un’impresa fallita dai romani e dal papato. Molti di loro combatterono la seconda guerra mondiale e alcuni partirono per altre bonifiche”. Il testo poetico di “Testa – Tera” è a cura del più grande poeta veneto vivente, Andrea Zanzotto. L’opera fotografica venne esposta a Padova e in altre città venete. In essa, ancora reperibile nel web, figurano tra gli altri alcuni miei parenti e lo stesso manifesto di copertina rappresenta un mio zio paterno, Aurelio Andreatta (foto2 di Marco Delogu), un gladiatore moderno della “tera”, intesa come valore e spirito di abnegazione, il più vigoroso e forte degli Andreatta pionieri provenienti da Paderno del Grappa nel 1933 (vedere anche il link “Andreatta pionieri” con le foto di Delogu in www.andreatta.it ) fratello minore di quel Giulio Camillo (foto1), mio padre, imprenditore agricolo e meccanico, gestore di locali pubblici a Borgo Bainsizza, musicista e primo consigliere comunale dei Borghi. Pioniere colto, scomparso cinquant’anni fa, nel giorno del suo 44° compleanno, in un tragico incidente stradale quasi sotto il Palazzo municipale di Latina mentre in moto si recava al Consiglio comunale, come scrissero le cronache dell’epoca e Mario Ferrarese e Luigi Cardarelli nel libro “Latina, le opere e i giorni”. A mio Padre che “rese fertile la palude e la mia anima” di bambino appena novenne avrei dedicato nel 1980 il mio primo libro di poesie “Eucalyptus” con la prefazione di Stanislao Nievo e alla diacronia della saga familiare degli Andreatta* il libro, edito solo in parte, “Una Storia, un racconto”. Mentre dell’audacia in guerra del prigogenito, il bersagliere Vittore, detto Ino, ebbe a scrivere nel suo libro “Ad ogni costo”, e anche nell’ultimo, il sen. Ajmone Finestra, già sindaco di Latina, perchè sul fronte greco-albanese, sotto i colpi dell’artiglieria nemica, seppe conquistare la strategica cima Monastir. Storie significative, queste e altre, di pionieri veneto-pontini il cui cognome è inciso nei mattoni del Monumento in Piazza dei Bonificatori a Latina. Storie vitali cui, nel 60° di Borgo Bainsizza, ho voluto dedicare in riconoscenza, come coordinatore del progetto artistico nella Chiesa di S.Francesco, il ciclo pittorico di Valentin Timofte sul Cantico delle Creature. Storie di veneti e non solo cui, appena ieri a Borgo Flora, senza retoriche fuori luogo è stato dedicato l’ultimo dei monumenti, opera dello scultore Tony Di Nicola, voluta dal presidente del Fogolar Furlan di Latina e dell’Agro Pontino, Ettore Scaini, già amico di mio padre e dello scrittore S.Nievo e anche lui genuino poeta di questa nostra trasformata terra.
(Per un piccolo invito alla Mostra di Delogu si consiglia di visitare il sito: www.lazioterra.it )
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Scritto da : Sergio Andreatta
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