25th Lug, 2005

Tante grazie, Signor Imo!

Tante grazie, Signor Imo!

Donata alla Città di Latina la statua de “Il Seminatore”

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Dona a Latina la statua de “Il Seminatore” per quarant’anni icona e logo commerciale della sua azienda…

Il giorno di San Martino, ci ricorda il signor Imo Galanti, era il giorno in cui, sino all’abolizione della mezzadria, i contadini iniziavano la semina e, allo stesso tempo, i padroni decidevano chi continuava a stare sui campi e chi doveva, invece, andare via…

Con l’abbattimento, nel 1963, della Casa del Contadino sono andate all’asta a Latina alcune delle statue che l’adornavano.

Acquistandone una il benemerito imprenditore pontino, Imo Galanti, ha salvato dalla dispersione o dalla distruzione, il patrimonio artistico e culturale rappresentato da “Il Seminatore”.

E io penso che l’abbia fatto, da capace imprenditore qual è, soprattutto per un motivo affettivo e pubblicitario, più che per uno culturale in senso stretto.

Adocchiando il buon affare egli deve aver pensato, soprattutto, di legare le sorti del suo mondo imprenditoriale nel settore dell’agricoltura a quella emblematica statua di autore sconosciuto (1938) .

L’imponente statua de “Il Seminatore” doveva diventare, così, per quarant’anni l’icona stessa, il logo commerciale della sua attiva azienda.

In occasione della donazione al Comune di Latina e della ricollocazione provvisoria in città, all’interno del Palazzo dell’Agricoltura, Galanti ricorda a tutti la significativa data dell’11 novembre di un tempo.

Il giorno di San Martino era il giorno in cui, sino all’abolizione della mezzadria, i contadini iniziavano la semina e allo stesso tempo “i padroni decidevano chi continuava, ancora per un anno, a coltivare le terre in uso e chi, invece, era costretto ad abbandonarle, lasciando il proprio lavoro e trovandosi, da un giorno all’altro, in mezzo ad una strada con la sua numerosa famiglia sulle spalle e senza il sostegno di alcun ammortizzatore sociale”.

Le sue parole mi fanno venire in mente il meritorio sindacalismo umanitario di fine ottocento del socialista Andrea Costa nell’Emilia Romagna ma anche le condizioni sociali e lavorative della Marittima e della Campagna nel Lazio.

Qui da noi in particolare, su terre mezze impaludate e malariche, le condizioni esistenziali erano ancora peggiori.

Penso alle famiglie marchigiane dei Goretti e dei Serenelli e a tante altre ciociare, a come vivevano a fine ottocento a Le Ferriere, nella Tenuta di Conca di proprietà del conte Mazzoleni.

Per Daniela Santori, presidente della Coldiretti, non bisogna dimenticare la storia sociale della gente dei campi, i tanti drammi subiti dai braccianti italiani e, allo stesso tempo, bisogna rivolgere ogni sforzo al futuro degli agricoltori pontini, ad un futuro agricolo moderno e redditivo che passa attraverso la certificazione di qualità dei prodotti della terra.  Sergio Andreatta

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