Ambrogio Andreatta con Luigia Filippin e i figli (Paderno del Grappa, 1932).
Andreatta
Non c’è storia di persona che non sia interessante, non c’è storia di famiglia.
Specie se lunga nei secoli come una saga, specie se movimentata. Ogni generazione è come l’anello di una catena. Ogni generazione lascia inevitabilmente per via dietro di sè una parte delle sue memorie. Qualcosa svanisce intorno ad essa ma qualcosa di nuovo si costituisce sempre. Ma il tempo che avanza, nella sua caduta, non si porta mai via tutto, non il profumo di un passato per me più intenso di quello di qualsiasi fiore… All’articolo “Due Migrazioni”, leggibile QUI nella stessa categoria, voglio aggiungere per completezza, questa annotazione di carattere storico-sociologico: ANDREATTA AMBROGIO (1876-1952) figlio di Vittore e di Maria Andreazza (in una regressione dinastica a rimontare solo fino ai giorni dell’ultimo tentativo di rinascita, prima del definitivo crepuscolo, della nostra Serenissima Repubblica di S.Marco nel 1848, sei generazioni fa) e sua moglie FILIPPIN LUIGIA (1889-1961) di Costante (quegli che innalzò materialmente il campanile della Chiesa di S.Giacomo a Paderno dove “I campanili de Paderno e Crespàn i xè dà la man”), dopo esperienze di migrazione a fine Ottocento, l’uno negli Stati Uniti e l’altra in Uruguay dove pure a Montevideo era nata, con un percorso a ritroso (feed-back della nostalgia) ritornarono, ancora giovani e per proprio conto, alle loro originarie radici venete della Pedemontana del Grappa, a Paderno d’Asolo. Qui il cognome “Andreatta” di certa origine trentina (e antecedentemente per secoli ladina se si vuole dar fede a certa filologia di un immutato lessico familiare per cui, per “parole” secondo la teoria linguistica di F.de Saussure, il nostro focolore domestico è chiamato ancora oggi “larìn” da “larem” presso cui i latini veneravano l’anima degli antenati defunti, i làres appunto) in oltre quattro secoli (primo seicentesco insediamento a Flecta, Fietta di Paderno d’Asolo, poi “del Grappa” dal 1919) era diventato per prolificità generazionale una sorta di “cognome di villaggio”, di “gens Andreatta“, una “tribù di appartenenza” con più di 100 persone che lo portano ancora oggi su 2.000 abitanti (senza contare quelli residenti nella contermine Crespano, a S.Zenone degli Ezzelini, a Bassano dove rimangono evidenti tracce storiche negli archivi della prima cinquecentesca calata degli avi da Pergine-Trento lungo la Val Sugana e poi del consortile “Patto del Sciva” della prima metà del Cinquecento, dei possedimenti di terre e “palazo” ma anche di una torre (S.Ànzolo) acquistata in Asolo nel 1600, dell’innalzamento del Monastero di S.Chiara (Elisabetta Andreatta su terre del padre) in Bassano, di un altare in Santa Maria Rùbea), degli intrecci matrimoniali da “nobil uomini” (Andreatta-Fietta con Canil-Guadagnin), ecc…)… I due giovani “americani” di ritorno, i miei nonni AMBROGIO (missièr ‘mBrosio) e LUIGIA (ma-dòna Jìjia) si conobbero, si innamorarono e nel 1910 si sposarono. Ambrogio (del ramo degli Andreatta “cà granda” soprannominato “I Formìn”) e Luigia Filippin della famiglia del protonotario apostolico di Papa Paolo VI mons.Erminio (1889-1993), fondatore nel 1924 degli omonimi grandi Istituti (anche descritti da Guido Piovene in “Viaggio in Italia” nel 1957) e poi dell’Oasi dell’Anziano e del Fanciullo e con cui ho intrattenuto un fitta corrispondenza epistolare negli ultimi anni della sua vita, ebbero come figli (in foto) Vittore (1911-1982), Giulio Camillo (1913-1957), Aurelio (1914-1997), Corrado (1918-2005), Noris (1925- ) in Fèrula e Ida (1931- ) in Battaglini. “Monte Grappa, tu sei la mia patria”, lasciando lassù, sui devastati colli-epicentro della Grande Guerra, una parte della famiglia il 24 ottobre del 1933 partirono per migrare con il dolore nel cuore, appena vinto dalla speranza. Arrivarono in treno alla stazione di Cisterna, proseguirono in camion sulle strade bianche per Littoria, fino al Pod. n.769 dell’O.N.C. di Via dello Scopeto a Borgo Bainsizza (che verrà ufficialmente inaugurato dal Presidente del Consiglio, cav. Benito Mussolini, il 18 dicembre successivo con la piccola Noris, scelta dalla scuola, a porgergli il mazzo di fiori di benvenuto). Incomincia la vita in quel podere che, per quattro mesi sarebbe stato occupato dagli americani dopo il movimentato sbarco di Anzio della notte tra il 21-22 gennaio del 1944, ospitando anche per una ventina di giorni il vertice del Comando Alleato. “I vien fora” è la pagina di “Una Storia, un Racconto” (su questo stesso sito in “Memorie di famiglia”) con cui descrivo il momento dell’arrivo della famiglia in Agro Pontino. Una martellante propaganda di regime aveva attirato all’impresa redentrice. Aveva convinto più i figli, conquistati alla causa fascista, del padre. Per arrivare al numero di nove, richiesto dalle norme bandite dal reclutamento, all’originario nucleo familiare si era associata la sorella di Luigia, Mary Filippin, poi andata in sposa ad un postale di Firenze. Dei sei figli soltanto quattro si occuparono in seguito di agraria. Nell’inverno del 1952, per le conseguenze dell’incornata di un toro infuriato, muore l’anziano capofamiglia, primo Andreatta italiano essendo nato esattamente dieci anni dopo il plebiscito di annessione del Veneto al Regno d’Italia, e, come si proverbia lassù:”Co’ more el vecio la casa se desfa” per dar luogo sui suoi virgulti ad altre di discendenza. E così per secoli. La casa in Altitalia, mantenuta a Paderno fino al 1956, viene venduta quando la stabilità pontina si può ritenere raggiunta e l’oneroso riscatto del podere di 23 ha. ormai quasi completato. Alle elezioni amministrative dello stesso anno Giulio-Camillo viene eletto consigliere comunale di Latina, primo dei Borghi, per il M.S.I., partito che aveva contribuito a fondare nel 1946. Morirà in un tragico incidente stradale l’anno dopo, il giorno del suo 44° compleanno, proprio mentre si recava in Consiglio. Dai sei figli di Ambrogio e Luigia erano nati diciotto nipoti. Questi e i loro figli, come per una “diàspora” continua verso altri più ampi orizzonti (oggi, nel 2007, solo in quattro su diciotto rimasti al Borgo), laureandosi alcuni in Università straniere (anche in California) e svolgendo tutt’altre professioni, non vivono più dei “frutti della terra”, benchè oriundi non parlano e non mantengono, se non pochi, il back-ground culturale del dialetto veneto, le voci, i dolci accenti e le frasi del lessico familiare antico e ormai perduto e “cittadini del mondo” vivono, oltre noi venuti a Littoria e rimasti in parte a Latina, rispettivamente a Padova, Bologna, Torino, in Inghilterra, Germania e Australia. Ma anche in Ecuador dove Madre Camilla Andreatta (mia sorella Bertilla al secolo), promuove attivamente da Esmeraldas le missioni comboniane della Provincia religiosa comprendente l’Ecuador, la Colombia e il Perù dopo esser stata anche, per una decina d’anni a Roma, la procuratrice generale della Congregazione religiosa fondata a Verona da San Daniele Comboni… In quanto a me, Sergio Andreatta, dirigente scolastico e scrittore, già incalzato e sorpassato a mia volta dalla dinamica di due generazioni, in occasione del 60° della fondazione di Borgo Bainsizza (1933-’34) ho voluto dedicare l’abbellimento artistico della Chiesa di S. Francesco (opera architettonica di Oriolo Frezzotti), ai Pionieri della Bonifica. Rimane per sempre il ciclo pittorico, le opere plastiche (Via Crucis) e la lunetta sulla porta principale da me donata alla Comunità) del grande artista rumeno Valentin Timòfte (1994-97). Nel “Cantico delle Creature”, otto quadri per l’abside, ho aiutato questo mio grande amico e ospite a narrare la vicenda francescana facendola spiccare sul campo della scorrente storia pontina. Mentre sulla parete di destra campeggia il surrealistico “Martirio di Maria Goretti”…
Sui veneti-pontini si è scritto, ormai, molto e non tutto rappresentandolo in modo storiograficamente corretto, tanto che usando un detto familiare mi verrebbe da concludere che “Tuti i cani mena la còa e tuti i cojioni vol dir la sòa”, seppure nessuno possa negare il contributo fondamentale da loro offerto ad uno stabile successo della Bonifica integrale pontina.
(In foto dell’Archivio Andreatta): Dietro il capofamiglia Ambrogio che tiene Noris e Luigia che tiene la più piccola Ida fra le braccia, in piedi partendo da destra: Vittore, Giulio Camillo (mio padre), Corrado e Aurelio. © Sergio Andreatta
Nel 74° dell’arrivo in… Piscinara.
Scritto da : Sergio Andreatta
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