9th Set, 2005

Sposarsi a Picinisco

Sposarsi d’estate a Picinisco

Al tiro di quattro cavalli bianchi.

venerdì 09 settembre 2005

I genitori della sposa, la sera prima del giorno delle nozze, mandano un lungo camion a casa dello sposo con la dote…

I genitori della sposa, la sera prima del giorno delle nozze, mandano un lungo camion a casa dello sposo con la dote che dev’essere congruentemente ricca per essere esibita davanti ai suoi parenti. La madre dello sposo serba, intanto, nel cofanetto il preziosissimo collier di pietre che l’indomani apporrà sul collo della nuora come segno di riconoscimento solenne della sua onorabilità e di accoglienza nella nuova famiglia. La casa è una villa nuova di campagna, gialla, di svariati miliardi di valore, con piscina.

 

Si erge in un posto panoramico che tutti dal paese possono ben vedere. Segue a sera un rinfresco propedeutico agli sponsali di domani con buffet e danze per centinaia di invitati. Fiaccole accese dovunque e luminarie…

Al tiro di quattro cavalli bianchi, dopo il divieto ai dodici opposto dal comune per la curva a gomito troppo stretta e ripida che sale al Montano, tra le ali del paese, tutto partecipe, passa la sposa velata su una carrozza d’epoca guidata dal cocchiere in livrea e dal suo aiutante. Una lacrima argentea brilla tra il velo. Bellissima anche senza lo strascico lunghissimo lasciato strisciare nella discesa al braccio del padre, anticipata e seguita da quattro damigelle in rosso e da un buon numero di paggetti. Il variopinto corteo d’altri tempi raggiunge a piedi, dopo aver attraversato Piazza Capocci, la distante chiesa matrice di S.Lorenzo martire nel centro storico del paese dove avviene il matrimonio con cui la coppia, così solennemente davanti alla comunità, si impegna a instaurare e mantenere una comunanza di vita e d’interessi… Ecco gli sposi ridiscendere, ora, alla piazzetta cuore del paese, passare sotto un arco di palloncini biancocelesti e offrire uno champagne d’annata proprio a tutti, anche agli occasionali turisti presenti. E dopo un imprevisto che non manca mai, e di cui hanno riferito altre cronache, alla testa di un lunghissimo corteo di macchine di grossa cilindrata, molte con targa personalizzata inglese, l’antica carrozza (foto 1) si porta via gli sposini, in discesa per le strade, chissà quali, della loro vita… Il piciniscano ormai “arrivato”, pur potendosi permettere le più prestigiose location in altri posti, non può infrangere il fascino di un rito celebrato nel suo paese natale, tradizionalmente nel periodo di fine luglio e di agosto quando le redditizie attività imprenditoriali e di snack bar in Inghilterra e Scozia si chiudono per ferie e si viene a riaprire le belle case addormentate di Picinisco. Non è solo per “moglie e buoi dei paesi tuoi” ma per il ricordo e per valenza simbolica del primo addio al paese da emigrante, del taglio alle radici imposto da una sorte matrigna trenta, cinquanta o cent’anni prima e che si è tradotta nel giro di una generazione, o due al massimo, in un grande successo sociale e di status…

 

La sposa, quest’altra, è accompagnata dal padre (foto 2) in rigoroso costume tradizionale delle Highlands scozzesi. Il motivo tipico del suo tartan, tessuto con fili di lana a trama fitta, è formato da strisce di diversa ampiezza e colore con quadri rossi su uno sfondo scuro, uniforme. Presente con suo padre il suo clan, gruppo sociale fondato su vincoli di parentela, ricollegabile a un antenato o a un totem comuni. Eccoli tutti in questi folkloristici costumi a scacchi del gonnellino lungo fino alle ginocchia chiamato kilt, completato da una giacca corta nera, solo alcuni da un copricapo detto bonnet e da un paio di calzettoni bianchi. Ci sono, oggi nella piazzetta antistante la chiesa, almeno venti, tra parenti e invitati, tutti in costume, anche lo sposo biondo che aspetta all’altare l’arrivo della sua deliziosa dolce metà è rigorosamente in kilt di diverso quadrato. Chiedo all’amico Alan sul limite della porta della chiesa il perché di un kilt nero e senza quadri, mi risponde ridendo: “Ma quello è un irlandese!”con l’aria di dire:”Quello è un intruso!” Ecco i suonatori di cornamusa danno, ora, fiato ai propri strumenti! Anche loro sono rigorosamente in kilt a pieghe in tessuto tartan, con lo sporran, una borsettina di pelle di foca, o di cuoio ricoperto di pelo, allacciato sul davanti.

 

Le cornamuse intonano una sorta di “pibroch”. Questo suono vibrante, pastorale in un paese ciociaro di pastori, sale per le volte della chiesa barocca e apre l’ingresso della sposa ad orizzonti celtici non inusuali per questa piccola comunità della Val di Comino così ben rappresentata nel paese di sant’Andrea. La suggestione è massima, l’emozione piena e avvertita da tutti quelli che, come noi, hanno la fortuna di esserci. Fausti auguri agli sposi!

Sergio Andreatta,  About Picinisco (XIII) – Foto e Testo © 2005

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